25 aprile, 2007

25 aprile 2007 il Coraggio della Memoria - La Liberazione


Un'altra fossa comune a Roma
Tre giovani scampati dalla deportazione in Germania testimoni della strage di Pietralata indicano il luogo ove nove patrioti furono massacrati dai nazisti
Una nuova, terribile prova della barbarie tedesca è venuta ieri alla luce nella nostra città.
Una nuova fossa comune, nella quale sono stati accatastati i cadaveri di nove cittadini romani, è stata scoperta. Il delitto è stato commesso dalla divisione paracadutisti "Hermann Goering" il 23 ottobre 1943, il giorno dopo che la popolazione di Pietralata aveva dato l'assalto al forte abbandonato dal quale i tedeschi e i traditori fascisti asportarono continuamente materiale bellico e viveri. Del fatto si occupò anche "l'Unità" clandestina. I nostri compagni della zona erano stati alla testa dell'azione popolare per sottrarre ai tedeschi il prezioso materiale. Essi caddero, massacrati dai barbari, alla testa di un gruppo di popolani.
Ieri sera, a mezzanotte, siamo stati suI luogo dell'eccidio. E' un valloncello tra i campi che fiancheggiano la via Tiburtina, presso il caseificio di Ponte Mammolo, all'altezza del Km. 10. Ai piedi di un terrapieno naturale, coronato da un muro, i compagni di Pietralata ieri mattina - non appena ebbero notizia che il delitto era stato consumato in quella zona - hanno scavato febbrilmente. Una buca di circa due metri per due è stata aperta nella terra arsa. Non è stato necessario scavare a lungo. A quaranta centimetri di profondità le vanghe hanno messo alla luce per prima cosa una scarpa chiodata. Si è continuato a scavare con precauzione. Delle ossa umane sono apparse, una mano scarnificata, un lembo di stoffa quasi consunta.
Le ricerche sono allora state sospese in attesa delle autorità che, stamani, procederanno alla dissepoltura dei corpi con tutti i procedimenti legali.
Quando siamo giunti sul posto due carabinieri e due compagni vegliavano pietosamente la fossa. Ci siamo affacciati all'orlo guardando al lume di un fanale a petrolio. Dalla terra affiorano arti umani quasi tutti pietra e polvere essi stessi sotto un velo di terriccio si intravedono le occhiaie vuote di un teschio, i lineamenti scarnificati di un viso rivolto al cielo come a chiedere giustizia. In un angolo della fossa un povero paio di scarpe è ammonticchiato insieme con le ossa di un braccio umano.
Questo abbiamo visto ieri sera alla fossa di Ponte Mammolo, Alle Fosse Ardeatine è stata la stessa cosa, e la stessa a Buchenwald, nei villaggi russi e polacchi, in Francia, in Belgio, in Jugoslavia, dovunque sono giunti i cani tedeschi.
La notizia dell'eccidio è stata portata a Roma da tre giovani reduci dalla prigionia tedesca razziati dai paracadutisti il giorno dell'assalto al Forte Pietralata. Essi sono Gaetano Nugnes Mario Prestinicola e Guglielmo Mattiorzi.
Insieme ad altri 17 giovani di Pietralata essi furono razziati dai tedeschi il 22 ottobre e portati a Casal dei Pazzi, sulla Tiburtina, sede del comando dei paracadutisti. Un processo sommario: 10 condannati a morte, 5 alla prigionia, 4 ai lavori forzati. Uno dei razziati era già riuscito a fuggire.
Nugnes e Prestinicola sono nel gruppo dei condannati ai lavori forzati. Ascoltiamo il loro racconto:
"Ci portarono prima a villa Talenti, poi - alle 6 di sera di sabato 23 ottobre - ci caricarono su di un camion. Arrivammo nel vallone dell'esecuzione. Ci diedero delle vanghe e ci costrinsero a scavare una gran fossa. Due paracadutisti ci sorvegliavano con la 'maschine pistole' spianata, credevamo che ci avrebbero fucilati. Invece, terminato il lavoro, ci riportarono via".
Guglielmo Mattiorzi era nel gruppo dei condannati a morte. Ecco il suo racconto: "A mezzanotte del 23 ci vennero a prendere. Mi fecero fare un lungo viaggio in camion con le mani legate. Credo però che siano stati tutti giri e rigiri nella stessa zona. Poi ci ammassarono sotto il muro. Non sapevo dove ero. Era notte. Venne un ufficiale tedesco e uno della P.A.I. Il tedesco mi chiese quanti anni avessi. Quattordici, risposi. Allora mi fece slegare, mi fece sedere in un sidecar. Poi mi diede un colpo sulla nuca e mi fece nascondere la faccia tra le gambe. Rimasi a lungo in quella posizione. Ad un tratto sentii sparare vicino. Sentii i fischi delle pallottole. Poi mi portarono via, in Germania".
Guglielmo è un ragazzo di 16 anni. Parla come un uomo. I compagni di Pietralata che intorno lo ascoltano hanno tutti un parente caduto sotto i colpi degli assassini.
Ecco i nomi dei caduti del 23 ottobre: Giuseppe Liberati, Vittorio Zini, Mario De Marchis, Lorenzo Ciocci, Angelo Salsa, Umberto Nardi, Mario Splendori, Orlando Accomano, Andrea Chialastri. Sono nove. Il decimo doveva essere Guglielmo Mattiozzi.
Pochi giorni fa una lapide fu inaugurata in loro onore. Allora non si sapeva neppure dove fossero caduti.
Ora si sono trovati i loro cadaveri, che ancora chiedono vendetta. Il pianto di tutte le mamme è per loro; l'odio di tutti per i toro vigliacchi assassini.

Articolo apparso su: L'Unità - Giovedì 28 Giugno, 1945 - Cronaca di Roma

L'IDENTIFICAZIONE DELLE VITTIME DI PONTE MAMMOLO
Il Popolo intorno ai nove assassinati
Sotto il sole, ieri mattina, sono stati estratti dalla fossa comune di Ponte Mammolo i resti dei nove assassinati dai tedeschi. Alcuni operai volontari pietosamente si sono prestati all'opera. Un medico vestito di bianco si è infilato un grosso paio di guanti di gomma. Era lui che scostava la terra intorno alle ossa ormai scarnificate. È stata estratta per prima una grossa scarpa chiodata ben conservata e, attaccata ad essa, una tibia umana. Sul mucchio di terra cavato dalla fossa sono stati distesi dei giornali. E su di essi gli operai deponevano con la pala i resti umani, a mano a mano che venivano dissepolti.
Tutt'intorno si è ammassata una gran folla. Seguono l'operazione in silenzio, con gli occhi fissi sullo scavo, solamente asciugandosi, di tratto in tratto, con gesti automatici, il sudore.
Un uomo anziano vestito di una maglietta color ruggine e un paio di pantaloni azzurri sta accovacciato sull'orlo della fossa. È il padre di uno dei fucilati.
Una popolana parla con una compagna adoperando parole che sanno di mito: "Se non c'era questo caso dei tre ragazzi tornati, tutto sarebbe ancora un mistero. Tra mille, duemila anni degli uomini avrebbero scavato per caso e avrebbero trovato dei morti. Gli scienziati avrebbero detto: qui, duemila anni fa, c'è stata una grande guerre. Ci sono stati dei morti. Gli uomini allora erano barbari".
Fra le ossa delle vittime si trovano molte pallottole calibro nove di tipo tedesco. Tutti sono stati colpiti da scariche di mitragliatore alla nuca. Le teste sono scoppiate. I tecnici dicono che i cadaveri sono stati coperti di terra così come erano caduti nella fossa. Sono infatti ammucchiati scompostamente uno sull'altro.
Alle 11 viene identificato il primo cadavere, quello di Giuseppe Liberati, il cui padre è presente. Poi si riconosce Mario De Marchis, in tasca a un altro viene rinvenuta una carta d'identità: è Mario Santini. Una donna piangente si fa avanti. È la vedova di Mario Splendori. Identifica i resti del marito. Anche la madre di Mario sopraggiunge. Il sole spietato scopre anche le sue lacrime.
Il sole si fa sempre più cocente. I funzionari della procura del re, seduti sull'erba secca con un fazzoletto bianco in testa, redigono i verbali. Il padre di Angelo Salsa, falegname diciottenne, alle 12,10 riconosce la salma del figlio. Addosso a un altro cadavere viene rinvenuto un portafoglio contenente una fotografia di uomo con una dedica. È il portafoglio di Lorenzo Ciacci: la fotografia è quella del padre Giuseppe, presente al rinvenimento. Anche Vittorio Zini viene identificato.
Tutti i parenti delle nove vittime sono ormai sul luogo. Sono tutti di Pietralata. Tutti si conoscono. È una orribile tragedia. La folla sui rialzi di terra intorno alla fossa ha la funzione spontanea del coro. Commenta senza quasi parlare, con lunghi sussurri come ondate di odio e di commozione il susseguirsi degli avvenimenti. Si leva polvere dalla fossa. I visi degli uomini e delle donne sono come impietrati
Un circolo di compagni circonda i nove cadaveri informi stesi al sole. Viene attraverso le stoppie secche, sollevando polvere, un breve corteo. Un po' di vento fa sventolare tre bandiere rosse.
Le tre bandiere vengono deposte per terra accanto ai corpi.

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