03 febbraio, 2008

PROMEMORIA 3 Febbraio 1991 - Viene sciolto il Partito Comunista Italiano


Partito Comunista Italiano (PCI) è la denominazione assunta il 15 maggio 1943 dal Partito Comunista d'Italia (sezione italiana della III Internazionale), nato il 21 gennaio 1921 a Livorno, come scissione della corrente di sinistra del Partito Socialista Italiano guidata da Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci, che abbandonarono la sala del Teatro Goldoni, dove si svolgeva il XVII Congresso socialista, convocando un congresso costitutivo presso il Teatro San Marco. Alle prime elezioni alle quali partecipò, nel 1921, elesse 16 deputati per la XXVI legislatura.

Il Partito Comunista d'Italia si poneva come obiettivo l'abbattere lo Stato borghese, abolire il capitalismo e realizzare il comunismo tramite la Rivoluzione e la dittatura del proletariato, seguendo così l'esempio dei comunisti russi di Lenin. Guidato nei suoi primi anni di vita da una maggioritaria corrente di sinistra raccolta attorno a Bordiga, il III Congresso, svoltosi clandestinamente a Lione nel gennaio del 1926, segnò un deciso cambiamento di politica suggellato con l'approvazione delle Tesi di Gramsci e la messa in minoranza della Sinistra di Bordiga, accusata di settarismo. Nel 1930 la corrente di sinistra fu definitivamente espulsa dal Partito con l'accusa di "trotzkismo".

Caduto il regime fascista anche grazie all'apporto dato dai comunisti alla Resistenza italiana, il Partito Comunista Italiano (PCI), che aveva appunto cambiato denominazione dopo lo scioglimento dell'Internazionale comunista avvenuta nel 1943, cominciò ad inseguire una "via italiana al socialismo", parlamentare, che fu teorizzata nel 1956 da Palmiro Togliatti, segretario del Partito dopo l'arresto di Gramsci.

Nonostante un graduale e costante distacco operato soprattutto da Enrico Berlinguer, succeduto a Luigi Longo alla guida del Partito, il Partito Comunista Italiano fu a lungo tempo legato all'Unione Sovietica e mantenne relazioni con tutti i partiti comunisti al potere nei paesi del cosiddetto blocco comunista.

È stato per molti anni il Partito comunista più grande e potente dell'Europa occidentale. Infatti, mentre negli altri paesi democratici l'alternativa ai partiti o coalizioni democristiane o conservatrici era da sempre rappresentata da forze socialiste (con i partiti comunisti relegati a terza o quarta forza), in Italia rappresentò il secondo partito politico dopo la Democrazia Cristiana, con un Partito socialista relegato, dal 1948 in poi, al rango di terza forza del paese.

Il Partito Comunista Italiano si sciolse il 3 febbraio 1991, quando la maggioranza dei delegati guidati dal segretario Achille Occhetto, che era succeduto tre anni prima ad Alessandro Natta, ne sancì lo scioglimento al XX Congresso Nazionale e la contestuale costituzione del Partito Democratico della Sinistra (PDS). Un'area consistente della minoranza di sinistra si riunì invece nel Movimento per la Rifondazione Comunista, che costituì, con la confluenza di Democrazia Proletaria e di altri gruppi, il Partito della Rifondazione Comunista (PRC).

L'organizzazione giovanile del PCI fu la Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI).

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