27 marzo, 2008

PROMEMORIA 27 marzo 1941 Attacco su Pearl Harbor: la spia giapponese Takeo Yoshikawa giunge a Honolulu.


Attacco su Pearl Harbor: la spia giapponese Takeo Yoshikawa giunge a Honolulu Hawaii ed inizia a studiare la flotta degli Stati Uniti di stanza a Pearl Harbor.
L'attacco di Pearl Harbor fu un'operazione aeronavale che ebbe luogo il 7 dicembre 1941, quando forze navali ed aeree giapponesi attaccarono la base navale statunitense di Pearl Harbor, nelle isole Hawaii. L'attacco, portato senza una preventiva dichiarazione di guerra da parte giapponese, che fu formalizzata soltanto ad attacco iniziato, causò l'intervento statunitense nella seconda guerra mondiale.

L'attacco fu concepito e guidato dall'ammiraglio Isoroku Yamamoto, che sperava di distruggere la flotta americana nel Pacifico. In effetti l'operazione fu un grande successo poiché in circa un'ora i 360 aerei partiti dalle portaerei giapponesi affondarono 4 delle 8 corazzate americane, mentre le altre furono fatte arenare o subirono gravi danni; solo le portaerei si salvarono essendo in navigazione lontano dalla loro base. Questa vittoria permise al Giappone di ottenere momentaneamente il controllo del Pacifico e spianò la strada ai successivi trionfi nipponici prima che gli USA riuscissero ad armare una flotta in grado di tenere testa a quella giapponese.
Prime avvisaglie della crisi

Nel 1931, a seguito di uno scontro militare, il Giappone allargò i suoi confini alla Manciuria ed entrò in guerra con la Cina (seconda guerra cino-giapponese del 1937). Queste regioni erano povere di petrolio e materie prime: l'espansione dell'impero giapponese lungo queste direttrici era dovuto a motivazioni diverse dall'acquisizione di queste risorse. Nel settembre 1940, il Giappone firmò il Patto tripartito con le Potenze dell'Asse ed occupò il nord dell'Indocina francese. La regione era poco difesa e ricca delle materie prime e del petrolio, risorse delle quali il Giappone era povero. Gli Stati Uniti decisero l'embargo sulle esportazioni di ferro e acciaio verso il Sol Levante.

Nel 1941 il Giappone attaccò Hong Kong, le Filippine, Wake Island, la Malaysia, e la Thailandia, ed affondò la navi britanniche Prince of Wales e Repulse.
A preoccupare gli Stati Uniti non erano solo le mire espansionistiche del Sol Levante, ma anche il fatto che grazie alle sue conquiste l'Impero mirava ad assicurarsi il controllo di una anche allora preziosa risorsa: il petrolio, la cui produzione all'epoca non era sufficiente a permettere il pieno sviluppo di entrambe le potenze.

Il 25 luglio 1941 Franklin Delano Roosevelt congelò i conti correnti dei giapponesi negli Stati Uniti e vietò le esportazioni di petrolio in Giappone. La flotta militare americana dava attuazione all'embargo bloccando le navi dirette da altri stati verso il Giappone con i loro carichi di petrolio, acciaio o ferro. Alle navi giapponesi venne vietato l'accesso al Canale di Panama.

Il Giappone importava il 100% del petrolio via mare dall'America e la sua scorta di sicurezza era sufficiente al massimo per nove mesi. Il petrolio era la principale fonte per la produzione energetica ed era essenziale alle tecnologie militari in uso in tutti gli eserciti dell'epoca, incluso l'esercito giapponese. Un blocco dei rifornimenti di petrolio avrebbe bloccato flotta aerea, navale e le truppe di terra in caso di un eventuale conflitto con l'America.

I negoziati fra Giappone e America culminarono nella Hull Note del 26 novembre 1941, che il generale Hideki Tojo, Capo di Gabinetto del Giappone, definì, non a torto, un ultimatum. La Hull Note[1] infatti prevedeva, in cambio del mantenimento della pace nel Pacifico, l'immediata ritirata di tutte le truppe nipponiche dalla Cina e dall'Asia sud-orientale, obbligando così il governo giapponese a disconoscere le conquiste ottenute sul campo fino a quel momento. Meno chiara era la sorte che avrebbero dovuto seguire i territori della Cina nord-orientale, parte della quale era nelle mani dei giapponesi dalla fine della Guerra russo-giapponese.

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