08 settembre, 2008

PROMEMORIA 8 settembre 1943 viene reso pubblico l'armistizio di Cassibile


Seconda guerra mondiale: con il Proclama Badoglio, che fa seguito a quello del generale Dwight D. Eisenhower lanciato da Radio Algeri un'ora prima, viene reso pubblico l'armistizio di Cassibile firmato per l'Italia il 3 settembre dal generale Giuseppe Castellano a nome del Presidente del Consiglio maresciallo d'Italia Pietro Badoglio fedele al re Vittorio Emanuele III.
L'armistizio di Cassibile o armistizio corto, siglato segretamente il 3 settembre del 1943, è l'atto con il quale il Regno d'Italia cessò le ostilità contro le forze britanniche e statunitensi (alleati) nell'ambito della seconda guerra mondiale. In realtà non si trattava affatto di un armistizio ma di una vera e propria resa senza condizioni da parte di un'Italia ormai esanime.

Poiché tale atto stabiliva la sua entrata in vigore dal momento del suo annuncio pubblico, esso è comunemente detto dell'"8 settembre", data in cui, alle 18.30,[1] fu pubblicamente reso noto prima dai microfoni di Radio Algeri da parte del generale Dwight D. Eisenhower e, poco più di un'ora dopo, alle 19.42, confermato dal proclama del maresciallo Pietro Badoglio trasmesso dai microfoni dell'EIAR.

Conseguenze dell'armistizio di Cassibile
Il prematuro annuncio dell'armistizio da parte degli alleati colse del tutto impreparate e quasi prive di direttive le forze armate italiane che si trovavano su tutti i fronti.

All'annuncio di Badoglio la confusione regnava totale nell'esercito italiano: in molti reggimenti la notizia dell'armistizio fu una sorpresa, in altri non si sapeva che fare, in altri ci si preparava a combattere. Il mattino successivo il Re, il Governo, e gli Stati Maggiori si trasferirono a Brindisi, una delle poche zone del territorio nazionale libera sia dai tedeschi che dagli alleati. Per raggiungere tale località, però, affrontarono un rocambolesco viaggio attraversando gli appennini ed imbarcandosi ad Ortona sulla corvetta Baionetta (scortata da un incrociatore), giungendo nella città pugliese solo il mattino del 10 settembre.

Tuttavia le modalità del viaggio, improvvisato all'ultimo momento, e la pusillanimità di molti loro componenti, fecero sì che esso assomigliasse molto più ad una fuga disperata che non al trasferimento in una zona sicura del vertice delle istituzioni. Tristemente nota è la penosa scena dell'imbarco nel porto di Ortona: poiché non c'era posto per tutti i componenti del numeroso seguito, molti di loro, pur essendo alti ufficiali delle Forze Armate, si gettarono inutilmente all'assalto della piccola corvetta Baionetta, ed una volta respinti a terra, colti dal panico, vestirono abiti borghesi e, abbandonando bagagli ed uniformi per terra nel porto, si diedero alla macchia.

Così, mentre avveniva il totale sbandamento delle forze armate, le armate tedesche della Wehrmacht e delle SS presenti in tutta la penisola poterono far scattare l'Operazione Achse (secondo i piani già predisposti sin dal 25 luglio dopo la destituzione di Mussolini) occupando tutti i centri nevralgici del territorio nell'Italia settentrionale e centrale, fino a Roma, sbaragliando quasi ovunque l'esercito italiano: la maggior parte delle truppe fu fatta prigioniera e subì l'internamento in Germania, mentre il resto andava allo sbando e tentava di rientrare al proprio domicilio. Di questi ultimi chi non vi riusciva si dava alla macchia andando a costituire i primi nuclei del movimento partigiano.

La marina da guerra italiana, che era ancorata nei porti da circa un anno per penuria di carburante, dovette consegnarsi nelle mani degli alleati. Fu proprio a causa di questo ordine che il convoglio partito da La Spezia, composto da 3 corazzate (Roma, Vittorio Veneto e Littorio appena ridenominata Italia), 6 incrociatori e 9 cacciatorpediniere verrà assalito da velivoli tedeschi. Verso le 15.00 del 9 settembre uno stormo composto da bombardieri tedeschi Dornier 217 attaccò la nostra flotta senza infliggerle danni e perdendo un velivolo a causa del fuoco contraereo. Ma dopo 40 minuti un altro stormo di aerei tedeschi attaccò causando l'affondamento della super corazzata Roma, vanto della marina da guerra italiana. Sfruttando un nuovo tipo di bomba radiocomandata, i tedeschi riuscirono a far affondare la nave con tre soli ordigni, anche grazie al fatto che uno esplose nelle vicinanze dei magazzini prodieri di proiettili generando un'enorme deflagrazione. Tuttavia la nostra marina riusci a salvare l'onore in quanto, una volta consegnatasi agli alleati, le navi continuarono a sventolare il tricolore e, utilizzate esclusivamente da equipaggi italiani, si unirono alle flotte alleate per combattere contro il nuovo nemico. Si evitò così un nuovo tragico episodio come l'autoaffondamento tedesco di Scape Flow del 1919 o l'autoaffondamento francese di Tolone del 1942.

Nonostante alcuni straordinari episodi di valore in patria e su fronti esteri (uno dei più celebri è quello che si concluse con l'eccidio di Cefalonia), quasi tutta la penisola cadde sotto la pronta occupazione tedesca e l'esercito venne disarmato, mentre l'intera impalcatura dello Stato cadde in sfacelo. Solo in Sardegna, in Corsica (nel frattempo occupata dell'Italia) e in Puglia, le Forze Armate italiane riuscirono da sole a sconfiggere e mettere in fuga il nemico tedesco. A Napoli, invece, fu necessaria la sollevazione di tutta la popolazione per scacciare i nazisti.

Una questione a parte si originò circa la mancata difesa di Roma, che poté essere facilmente espugnata dai tedeschi.

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