05 novembre, 2008

PROMEMORIA 5 novembre 2006 Saddam Hussein viene condannato a morte


Saddam Hussein, ex dittatore iracheno, viene condannato a morte nel processo di primo grado.
Sottoposto a processo da un tribunale iracheno assieme ad altri sette imputati, fra cui il fratellastro, tutti gerarchi del suo regime, per crimini contro l'umanità, in relazione alla strage di Dujayl del 1982 (148 sciiti uccisi), il 5 novembre 2006 è stato condannato a morte per impiccagione (Saddam aveva richiesto la fucilazione) e il 26 dicembre 2006 la condanna è stata confermata dalla Corte d'appello. Con lui è stato condannato a morte per impiccagione anche Awwad al-Bandar, presidente del tribunale rivoluzionario, mentre Ṭāhā Yāsīn Ramaḍān, vice presidente, è stato condannato all'ergastolo. L'esecuzione per impiccagione è avvenuta alle 6 del mattino (ora irachena) del 30 dicembre 2006, data che coincideva con la festa del sacrificio, la maggiore solennità islamica.
In Iraq la sentenza ha provocato reazioni contrastanti: curdi e sciiti si sono rallegrati (il primo ministro Nūrī al-Mālikī avrebbe dichiarato che "La condanna a morte segna la fine di un periodo nero della storia di questo paese e ne apre un altro, quello di un Iraq democratico e libero"), mentre i sunniti hanno reagito manifestando contro il verdetto. Anche in Vicino Oriente le reazioni sono state contrastanti: i tradizionali nemici di Saddam (Iran e Kuwait) hanno accolto la sentenza con favore, mentre i governi del mondo sunnita hanno tenuto un basso profilo, cercando di non dispiacere né agli Stati Uniti, né alle proprie opinioni pubbliche, eccezion fatta per la Libia.

In Occidente la notizia della condanna a morte dell'ex-raʿīs di Baghdad è stata oggetto di giudizi fortemente contrastanti. L'Amministrazione degli Stati Uniti ha espresso la sua completa soddisfazione (Una pietra miliare sulla strada della democrazia, G.W. Bush). Invece i governi dei Paesi dell'Unione Europea, incluso quello italiano (siamo contro la pena di morte sia come italiani che come europei, Massimo D'Alema), pur approvando il verdetto di colpevolezza, hanno ribadito la loro contrarietà di principio alla pena capitale. Molti di essi si sono spinti a suggerire all'Iraq di non eseguire la sentenza, una posizione non lontana da quella russa[3].
Numerose e autorevoli organizzazioni umanitarie (tra le quali Amnesty International[4] e Human Rights Watch[5]) hanno criticato non solo la condanna a morte, ma anche lo svolgimento del processo, in cui non sarebbero stati sufficientemente tutelati i diritti della difesa e che sarebbe stato sottoposto a forti pressioni da parte del governo iracheno e indirettamente dell'Amministrazione statunitense.
Secondo l'agenzia di stampa Reuters l'impiccagione di Saddam Hussein è stata eseguita alle 4:00 italiane (le 6:00 ora locale) del 30 dicembre 2006.
La trasmissione del video dell'impiccagione, in parte, è stata oggetto di dure critiche da parte di molte forze politiche.

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