14 maggio, 2009

PROMEMORIA 14 maggio 1706 - Ha inizio l'assedio di Torino


Ha inizio l'assedio di Torino.
L'assedio di Torino del 1706 ebbe luogo con l'accerchiamento della cittadella fortificata da parte dell'esercito franco-spagnolo (assedio che durò centodiciassette giorni), nel corso degli avvenimenti bellici conosciuti come guerra di successione spagnola, a conclusione della quale, con la firma del Trattato di Utrecht (1713), Vittorio Amedeo II, duca di Savoia, divenne il primo re della sua dinastia.
Per le rilevanti dimensioni ed importanza della città (una delle pochissime capitali d'Europa cui sia mai stato posto un assedio scientificamente studiato), ebbe grande risonanza internazionale.

L'Assedio
Ebbe inizio il 14 maggio quando le truppe franco-spagnole (composte ora da oltre quarantamila uomini) si appostarono strategicamente di fronte alla fortezza; in quell'occasione un'eclissi di sole oscurò il campo di battaglia alle 10.15, facendo risultare la Costellazione del Toro. Il Sole era per antonomasia il simbolo di Luigi XIV, e questo avvenimento diede grande slancio negli animi torinesi, che si immaginarono una facile vittoria.
Il maresciallo di Francia marchese Sébastien le Prestre de Vauban, esperto ideatore di tecniche d'assedio, avrebbe preferito un attacco laterale alla città, ritenendo la fitta rete di gallerie di contromina predisposte dagli assediati un ostacolo pressoché invalicabile; ma de La Feuillade lo disattese facendo predisporre da quarantotto ingegneri militari lo scavo di numerose linee di trincea.[3] Quello che per Vauban era un pericoloso cavillo delle mine si rivelerà infatti fatale.
Dal canto loro, gli assediati, sostenuti dalla popolazione (che partecipò direttamente alla battaglia) e forti della fitta rete di gallerie tanto temute da Vauban, infersero numerose perdite all'esercito nemico. La battaglia andò avanti per tutta l'estate del 1706.
L'8 giugno il duca della Feuillade mandò un messaggero a Vittorio Amedeo, nel quale veniva offerta la possibilità al duca di poter uscire liberamente da Torino per fuggire dalle bombe. Il Re Luigi aveva dato ordine che non si mettesse a repentaglio la vita del sovrano nemico, ma questi rifiutò anche di comunicare l'ubicazione dei suoi appartamenti, affinché non venissero bombardati: «Il mio alloggio è là dove la battaglia è più furiosa», avrebbe risposto.
Comunque, il duca non aveva intenzione di rimanere in città per molto: il 17 giugno Vittorio Amedeo II lasciò Torino per andare incontro al principe Eugenio di Savoia, suo cugino, che stava giungendo in suo aiuto al comando delle truppe imperiali austriache. La città venne lasciata alla guida del generale austriaco Virico Daun.
Il principale obiettivo dei francesi rimase lo scovare l'ingresso di un cunicolo per potervi penetrare in massa. L'operazione non si rivelò facile: tra il 13 e il 14 agosto venne scoperta un'entrata, e gli assedianti vi penetrarono dopo ingenti perdite. Sembrava già tutto perduto, ma i piemontesi ricorsero a far esplodere il cunicolo, seppellendo i nemici.
Dieci giorni dopo i francesi si lanciarono in un attacco sanguinosissimo alla Mezzaluna di Soccorso, forti di 38 compagnie di granatieri. I piemontesi si difendevano utilizzando anche materiale infiammabile. Alla fine, la vittoria fu dei torinesi, che costrinsero i nemici a ritirarsi ancora, ma sul campo erano rimasti oltre 400 vittime dalla sola parte sabauda. Temendo l'insorgere di un'epidemia, il conte Daun fece preparare delle fosse e vi fece ardere i cadaveri.
È a questo punto che si colloca il celebre episodio di Pietro Micca, che sacrificò la propria vita per frenare l'ennesimo attacco francese nelle gallerie sotterranee. La situazione sembrava destinata a precipitare per i piemontesi, tant'è che il conte d'Orléans, capitano dell'esercito di Luigi XIV, era arrivato a Torino e voleva darle il colpo di grazia.

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