30 settembre, 2009

Presentato stadio dell'A.S. Roma, Marrazzo: "Percorso trasparente, partecipato e veloce"


Presentato stadio dell'A.S. Roma, Marrazzo: "Percorso trasparente, partecipato e veloce"

"E' giusto che la Roma abbia il suo stadio attraverso un percorso trasparente, partecipato e veloce. E' giusto che la Roma abbia il suo stadio, come lo deve avere la Lazio". Così il Presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, è intervenuto oggi, presso il centro sportivo 'Fulvio Bernardini' di Trigoria, alla presentazione del progetto per il nuovo stadio 'Franco Sensi', destinato a diventare la nuova casa della Roma. "Gli stadi vanno fatti - ha detto Marrazzo - tenendo conto di diversi fattori. Come il sindaco di Roma, penso alla mobilità, alla viabilità e alla qualità della vita dei residenti". Il progetto della società calcistica prevede la realizzazione dell'impianto sportivo sull'Aurelia, in prossimità del grande raccordo anulare. Oggi comincia un percorso che deve svilupparsi con trasparenza e condivisione; tutti insieme si può arrivare al traguardo. Io accolgo la presentazione e vigilerò con le altre istituzioni - ha concluso - affinché si intraprenda un percorso trasparente, partecipato e veloce".

Alle domande sulla possibilità che esistano dei vincoli all'edificazione nell'area indicata dalla società, Marrazzo ha risposto che "se ci saranno vincoli questi saranno rispettati senza se e senza ma", le istituzioni vigileranno. "In questo momento la Roma ha presentato il suo progetto - ha aggiunto Marrazzo - è stato valutato che era un progetto sostenibile: adesso bisogna calarlo sul territorio".

Il 'Franco Sensi', progettato dall'architetto Gino Zavanella su incarico della società giallorossa, sarà un impianto da 55.000 posti che consentirà ai tifosi di 'vivere' la partita. Lo stadio, infatti, sarà articolato in due anelli: quello inferiore da 30.000 posti e quello superiore da 25.000, con le tribune più vicine al campo che saranno a 9 metri dal terreno di gioco, e senza nessuna barriera tra spalti e campo. I posti più lontani dal terreno di gioco saranno invece a 68 metri. Attualmente, allo stadio Olimpico sono a 96 metri. Se necessario, la capienza potrà arrivare, come ha assicurato il progettista, a 60.000 posti. E lo stadio sarà una struttura all'avanguardia, sicura ed eco-compatibile, con l'evacuazione del pubblico possibile in 5 minuti e la presenza di pannelli fotovoltaici, sistemi di ventilazione e di raccolta delle acque piovane. All'esterno, spicca la presenza di un sistema di led luminosi che fascerà lo stadio a 360 gradi. E il progetto prevede la realizzazione di un impianto capace di 'vivere' anche al di là della partita: ci saranno zone per l'accoglienza di famiglie e bambini.

"La nostra scommessa - ha dichiarato Rosella Sensi, presidente della Roma - è costruire un impianto per la famiglia. Mio padre e Dino Viola - ha aggiunto - avevano messo lo stadio di proprietà al centro del loro programma. Scusatemi per l'emozione, in questo momento speciale che rappresenta un punto d'arrivo". Lo stadio, secondo Sensi, è il frutto di un "progetto realistico" e sarà un' "opera degna della Capitale del Paese e dei colori che portiamo in giro per il mondo".

E il nuovo stadio è anche l'ennesimo 'sogno' del capitano giallorosso, Francesco Totti, che ha definito 'doverosa' la dedica al presidente del terzo scudetto romanista, Franco Sensi. "Spero - ha detto - di riuscire a scendere in campo nel nuovo stadio. Spero che venga costruito velocemente. Tra poco - ha aggiunto Totti, che ha appena compiuto 33 anni - dovrei firmare il contratto, spero che nei prossimi 5 anni si riesca a costruire il nuovo stadio".

PROMEMORIA 30 settembre 1993 Il Parlamento italiano autorizza la ratifica degli Accordi di Senghen


Il Parlamento italiano autorizza la ratifica degli Accordi di Senghen.
Con gli accordi di Schengen si fa riferimento a un trattato che coinvolge sia alcuni Stati membri dell'Unione europea sia stati terzi. Gli accordi, inizialmente nati al di fuori della normativa UE, ne divennero parte con il Trattato di Amsterdam, e vennero integrati nel Trattato sull'Unione europea (meglio noto come Trattato di Maastricht). Gli stati membri che non fanno parte dell'"area Schengen" (nome con cui i paesi membri del trattato in questione indicano l'insieme dei territori su cui il trattato stesso è applicato) sono il Regno Unito e l'Irlanda, in base a una clausola di opt-out. Gli stati terzi che partecipano a Schengen sono Islanda, Norvegia e Svizzera: un totale di 28 stati europei aderisce quindi allo Spazio Schengen.
Fra questi, tre (Cipro, Romania e Bulgaria) non hanno ancora attuato nella pratica tutti gli accorgimenti tecnici necessari per aderire all'area Schengen, e pertanto, in via provvisoria, mantengono tuttora i controlli alla frontiera.
Si può definire Schengen come una cooperazione rafforzata all'interno dell'Unione europea.

29 settembre, 2009

PROMEMORIA 29 settembre 1944 Strage di Marzabotto


Strage di Marzabotto.
L'eccidio di Monte Sole (più noto come strage di Marzabotto, dal maggiore dei comuni colpiti) fu un insieme di stragi compiute dalle truppe naziste in Italia tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nel territorio di Marzabotto e nelle colline di Monte Sole in provincia di Bologna, nel quadro di un'operazione di rastrellamento di vaste proporzioni diretta contro la formazione partigiana Stella Rossa. La strage di Marzabotto è uno dei più gravi crimini di guerra contro la popolazione civile perpetrati dalle forze armate tedesche in Europa occidentale durante la Seconda guerra mondiale.

Gli avvenimenti
Dopo il Massacro di Sant'Anna di Stazzema commesso il 12 agosto 1944, gli eccidi nazifascisti contro i civili sembravano essersi momentaneamente fermati. Ma il feldmaresciallo Albert Kesselring aveva scoperto che a Marzabotto agiva con successo la brigata Stella Rossa, e voleva dare un duro colpo a questa organizzazione e ai civili che la appoggiavano. Già in precedenza Marzabotto aveva subito rappresaglie, ma mai così gravi come quella dell'autunno 1944.
Capo dell'operazione fu nominato il maggiore Walter Reder, comandante del 16° battaglione corazzato ricognitori della 16. SS-Panzergrenadier-Division Reichsführer SS, sospettato a suo tempo di essere uno tra gli assassini del cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss. La mattina del 29 settembre, prima di muovere all'attacco dei partigiani, quattro reparti delle truppe naziste, comprendenti sia SS che soldati della Wermacht, accerchiarono e rastrellarono una vasta area di territorio compresa tra le valli del Setta e del Reno, utilizzando anche armamenti pesanti. «Quindi – ricorda lo scrittore bolognese Federico Zardi – dalle frazioni di Panico, di Vado, di Quercia, di Grizzana, di Pioppe di Salvaro e della periferia del capoluogo le truppe si mossero all'assalto delle abitazioni, delle cascine, delle scuole», e fecero terra bruciata di tutto e di tutti.
Nella frazione di Casaglia di Monte Sole, la popolazione atterrita si rifugiò nella chiesa di Santa Maria Assunta, raccogliendosi in preghiera. Irruppero i tedeschi, uccidendo con una raffica di mitragliatrice il sacerdote, don Ubaldo Marchioni, e tre anziani. Le altre persone, raccolte nel cimitero, furono mitragliate: 195 vittime, di 28 famiglie diverse tra le quali 50 bambini.[senza fonte] Fu l'inizio della strage. Ogni località, ogni frazione, ogni casolare fu setacciato dai soldati nazisti e non fu risparmiato nessuno. La violenza dell'eccidio fu inusitata: alla fine dell'inverno fu ritrovato sotto la neve il corpo decapitato del parroco Giovanni Fornasini.
Fra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, dopo sei giorni di violenze, il bilancio delle vittime civili si presentava spaventoso: oltre 800 morti. Le voci che immediatamente cominciarono a circolare relative all'eccidio furono negate dalle autorità fasciste della zona e dalla stampa locale (Il Resto del Carlino)[1], indicandole come diffamatorie; furono minimizzate anche presso il Duce che chiedeva conferme (e che protestò per l'inaudita crudeltà tedesca[senza fonte]); solo dopo la Liberazione lentamente cominciò a delinearsi l'entità del massacro.

28 settembre, 2009

ZeroDD: misura la tua connessione ad Internet. Registrati al sito e invia le tue osservazioni.


ZeroDD: misura la tua connessione ad Internet. Registrati al sito e invia le tue osservazioni.

Il sito Internet www.zerodigitaldivide.it è attivo. Questa iniziativa rappresenta un tassello fondamentale della sfida che la Provincia di Roma ha lanciato contro l’apartheid digitale, per consentire a tutti di accedere alle opportunità crescenti (servizi, comunicazione, conoscenza) che ci vengono offerte dalle tecnologie del terzo millennio.
Misura la Banda, Segna la mappa! Da oggi ognuno può fornire il proprio contributo per combattere il divario digitale aiutandoci a costruire la mappa reale della connettività nella Provincia di Roma.

www.zerodigitaldivide.it nasce dopo un'attenta fase di sperimentazione rivolta ad utenti di internet e agli esperti di innovazione tecnologica, come uno strumento utile e facilmente accessibile per costruire, insieme ai cittadini, una mappa pubblica del divario digitale nella nostra provincia.

La sua caratteristica è proprio quella di essere un luogo che viene “popolato dal territorio”.

Starà agli utenti, infatti, misurare la qualità della propria connessione alla rete e inviarci rilievi e segnalazioni. Un passo fondamentale per arrivare a tessere un quadro complessivo della copertura di Rete nel nostro territorio e evidenziare le aree e le situazioni in cui è più urgente intervenire.

Gli operatori di telecomunicazioni potranno evidenziare sulla mappa le aree di presenza con servizi di connettività a banda larga.

Il sito, inoltre, è un luogo dove un cittadino esperto può spiegare, contribuendo a scrivere qualche voce di DD-Pedia, tutti i "misteri tecnici" del digital divide.

PROMEMORIA 28 settembre 2005 - Inizia la prima tranche del processo sul crack Parmalat


Inizia la prima tranche del processo sul crack Parmalat: coinvolti i 18 dirigenti del Consiglio d'amministrazione, tra cui Callisto Tanzi. Per la richiesta di risarcimenti alle persone fisiche, bisognerà attendere l'altro processo, quello nei confronti delle banche coinvolte.
Il crac Parmalat è stato il più grande scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio perpetrato da una società privata in Europa[1][2]. Fu scoperto solo verso la fine del 2003, nonostante successivamente sia stato dimostrato che le difficoltà finanziarie dell'azienda fossero rilevabili già agli inizi degli anni novanta.
Il buco lasciato dalla società di Collecchio si aggirava sui quattordici miliardi di euro[3]; al momento della scoperta se ne stimavano la metà[4]. Con l'accusa di bancarotta fraudolenta, è stato rinviato a giudizio e in seguito condannato a dieci anni di reclusione il patron della Parmalat, Calisto Tanzi, nonché numerosi suoi collaboratori tra dirigenti, revisori dei conti e sindaci. Il fallimento della Parmalat è costato l'azzeramento del patrimonio azionario ai piccoli azionisti, mentre i risparmiatori che avevano investito in bond hanno ricevuto solo un parziale risarcimento.
Grazie al cosiddetto decreto "salva-imprese", Parmalat fu salvata dal fallimento e la sua direzione fu affidata all'amministrazione straordinaria di Enrico Bondi, che ha risanato parzialmente i conti (pur dovendo ancora rispondere completamente alle richieste di risarcimento dei vecchi risparmiatori).

27 settembre, 2009

Yom Kippur giorno di digiuno per gli ebrei


Yom Kippur (יום כפור yom kippùr, Giorno dell'espiazione) è la ricorrenza religiosa ebraica che celebra il giorno dell' espiazione. Nella Torah viene chiamato Yom haKippurim (Ebraico, "Giorno degli espiatori"). È uno dei cosiddetti Yamim Noraim (Ebraico, letteralmente "Giorni terribili", più propriamente "Giorni di timore reverenziale"). Gli Yamim Noraim vanno da Rosh haShana a Yom Kippur, che sono rispettivamente i primi due giorni e l'ultimo giorno dei Dieci Giorni del Pentimento.
Nel calendario ebraico Yom Kippur incomincia al crepuscolo del decimo giorno del mese ebraico di Tishri (che cade tra Settembre e Ottobre del calendario gregoriano), e continua fino alle prime stelle della notte successiva. Può quindi durare 25-26 ore.
Yom Kippur cadrà nei prossimi anni del calendario gregoriano nei seguenti giorni:
2009: 28 settembre
2010: 17 settembre
2011: 7 ottobre
2012: 26 settembre
2013: 13 settembre
2014: 3 ottobre
Attenzione: la festività inizia al tramonto del giorno precedente.

Origine Biblica
Il rito dello Yom Kippur viene descritto quattro volte nel sedicesimo capitolo del Levitico (vedi Esodo 30;10, Levitico 23;27-31 e 25;9, Numeri 29:7-11). Durante il digiuno è vietato cibarsi ed è proibita qualsiasi attività o lavoro che distolga l'attenzione dall'espiazione e dal pentimento. All'epoca del primo e del secondo Tempio di Gerusalemme venivano offerti i sacrifici descritti nella Torah e nella Mishnah.

Nel pensiero ebraico
Yom Kippur è il giorno ebraico della penitenza, viene considerato come il giorno ebraico più santo e solenne dell'anno. Il tema centrale è l'espiazione dei peccati e la riconciliazione. È proibito mangiare, bere, lavarsi, truccarsi, indossare scarpe di pelle ed avere rapporti sessuali. Il digiuno - astinenza totale da cibo e bevande - inizia qualche attimo prima del tramonto (chiamata tosefet Yom Kippur - aggiunta a Yom Kippur - l'aggiunta di una piccola parte del giorno precedente al digiuno è prescritta dalla Halakha), e termina dopo il tramonto successivo, all'apparire delle prime stelle. Le persone malate consultano in anticipo un'autorità rabbinica competente per verificare se il loro stato le esenti dal digiuno.
Il servizio ha inizio con la preghiera di Kol Nidre che deve essere recitata prima del tramonto. Kol Nidre (parola aramaica che significa "tutte le promesse") rappresenta l'annullamento di tutti i voti pronunciati nel corso dell'anno. Secondo The Jewish Encyclopedia, il testo della preghiera recita: "Tutti i voti, gli impegni, i giuramenti e gli anatemi che siano chiamati 'konam', 'konas', o con qualsiasi altro nome, che potremmo aver pronunziato o per i quali potremmo esserci impegnati siano cancellati, da questo giorno di pentimento sino al prossimo (la cui venuta è attesa con gioia), noi ci pentiremo".
Yom Kippur completa il periodo di penitenza di dieci giorni iniziato con il capodanno di Rosh haShana. Sebbene le preghiere con le quali si chiede perdono siano consigliate durante l'intero anno, diventano particolarmente sentite in questo giorno.
La preghiera mattutina viene preceduta da alcune litanie e richieste di perdono chiamate selihot; nel giorno di Kippur queste vengono aggiunte in abbondanza nella liturgia.
In accordo con Mosè Maimonide "Tutto dipende da quanto un uomo meriti che vengano cancellati i demeriti che pesano su suo conto", quindi è auspicabile di moltiplicare le nostre buone azioni prima del conteggio finale fatto il Giorno del Pentimento (ib. iii. 4). Coloro che Dio considera meritevoli entreranno nel Libro della Vita, la preghiera recita: "Entriamo nel Libro della Vita". Recita anche l'auspicio "Possa tu essere iscritto (nel Libro della Vita) per un gioioso anno". Nella corrispondenza scritta tra capodanno e il Giorno del Pentimento, colui che scrive conclude, abitualmente, augurando al mittente che Dio approvi il suo desiderio di felicità. Nel tardo ebraismo alcune peculiarità proprie del giorno di capodanno furono trasferite al Giorno del Pentimento.
Il Giorno del Pentimento sopravvisse all'abbandono delle pratiche sacrificali dell'anno 70 CE. "Nonostante nessun sacrificio verrà offerto, il giorno manterrà il suo proprio effetto di espiazione" (Midrash Sifra, Emor, xiv.). I testi ebraici insegnano che in questo giorno non è permesso che venga compiuta altra attività che non sia il pentimento. Il pentimento è l'indispensabile condizione per tutti i vari significati dell'espiazione. La confessione del penitente è una condizione richiesta per l'espiazione. "Il Giorno del Pentimento assolve dalle colpe di fronte a Dio, ma non di fronte alla persona offesa fin quando non si ottiene il perdono esplicito dalla stessa" (Talmud Yoma viii. 9). È usanza di terminare ogni disputa o litigio alla veglia del giorno di digiuno. Anche le anime dei morti sono incluse nella comunità dei perdonabili del Giorno del Pentimento. È un costume per i bambini che abbiano perso i genitori di ricevere una menzione pubblica in sinagoga, e di offrire doni caritatevoli alle loro anime.
Contrariamente al credo popolare, Yom Kippur non è un giorno triste. Gli ebrei Sefarditi, ovvero gli ebrei di origine spagnola, portoghese o nordafricana chiamano questa festività il "Digiuno Bianco". Di conseguenza, molti ebrei hanno l'usanza di indossare solo vestiti bianchi, per simbolizzare il candore delle loro anime.

La liturgia
Per le preghiere della sera viene indossato un Talled (uno scialle di preghiera rettangolare), e questo è l'unico servizio serale dell'anno in cui questo succede. Ne'ilah è un servizio speciale che si tiene solo a Yom Kippur, e lo chiude. Yom Kippur termina con il suono dello shofar, che conclude la celebrazione. Viene sempre osservato un giorno di vacanza, sia dentro che fuori i confini della terra di Israele.
Il servizio nella sinagoga comincia alla sera della vigilia con il Kol Nidre. Le devozioni durante il giorno sono continue dalla mattina alla sera. Molta importanza è data al brano liturgico in cui si narra il cerimoniale del tempio.
Secondo il Talmud, Dio apre tre libri il primo giorno dell'anno, Rosh Hashana; uno per i cattivi assoluti, un altro per i buoni assoluti, e il terzo per la grande classe intermedia. Il fato dei buoni e cattivi assoluti viene determinato in quel momento; il destino della classe intermedia resta sospeso fino al giorno di Yom Kippur, quando il fato di ognuno si decide. Il brano liturgico Unetanneh Tokef afferma:
D-o Re, che siedi su un trono di misericordia per giudicare il mondo, allo stesso momento Giudice, Difensore, Esperto e Testimone, apri il Libro delle Firme. Si legge che dovrebbero esserci le firme di ogni uomo. La grande tromba viene suonata; si sente una voce piccola e decisa; gli angeli fremono, dicendo "Questo è il giorno del Giudizio": perché gli stessi ministri di Dio non sono puri dinnanzi a Lui. Come un pastore dirige il suo gregge, facendolo passare sotto il proprio bastone, così Dio fa passare ogni vivente di fronte a Lui, per stabilire i limiti della vita di ogni creatura e per definirne il destino. Nel giorno di capodanno il decreto è stilato; nel giorno del pentimento è sigillato; chi vivrà e chi morirà.... Ma il pentimento, la preghiera e la carità possono evitare il crudele decreto."
La "Corona di Maestà" di Ibn Gvirol è aggiunta alla liturgia Sefardita nel servizio serale, ed è anche letta in alcune sinagoghe Askenazite ed Italiane. Al centro della liturgia antica è la confessione dei peccati. "Perché non siamo tanto presuntuosi da dirTi che siamo giusti e non abbiamo peccato; ma, nella realtà, abbiamo peccato... sia la Tua volontà che io non pecchi ulteriormente; Ti piaccia lavare i miei peccati trascorsi, secondo la Tua bontà, ma non con punizioni severe".
Le melodie tradizionali con i loro toni di lamento (della tradizione Askenazita) danno espressione sia all'angoscia individuale a fronte dell'incertezza del destino e al lamento di un popolo per le glorie perdute. Nel giorno di espiazione l'ebreo osservante dimentica la mondanità e le sue necessità e, escludendo l'odio, l'antipatia e tutti i pensieri ignobili, cerca di occuparsi unicamente di cose spirituali. I libri ebraici di preghiera fanno notare che, se gli atti di pubblica contrizione sono obbligatori, il correttivo più efficace è quello stabilito dai Profeti biblici, che insegnano che il vero digiuno di cui D-o gioisce è lo spirito di devozione, gentilezza e penitenza.
Il carattere austero impresso alla cerimonia dal tempo della sua istituzione è stato conservato fino ad oggi. Anche se altre cose sono divenute desuete, la presa sulla coscienza di ogni ebreo è così forte che pochi, a meno che non abbiano reciso ogni legame con l'ebraismo, evitano di osservare il giorno di espiazione astenendosi dal lavoro quotidiano e partecipando alle funzioni.

I capri espiatori
Fino alla distruzione del Secondo Tempio (70 d.C.), una delle cerimonie più importanti era l'offerta del "capro emissario", o "capro espiatorio" (Levitico 16:8-10) che ogni anno, nel giorno di Kippur, veniva mandato a Azazel. Azazel è una parola oscura che non si trova in nessuna altra parte della Bibbia ebraica. La parola può derivare da 2 parole, ez, che significa capro, e azel, che significa partenza. La Mishnah (Yoma cap. 6) ed il Talmud (Yoma, fogli 66-67) descrivono in dettaglio il trasporto di questo capro all'esterno del Tempio e di Gerusalemme, verso il deserto cui conduceva i peccati del popolo ebraico. Il Talmud e Rashi, il più autorevole commentatore della Torah, spiegano esplicitamente che Azazel è il nome di un precipizio dove il capro sacrificale veniva precipitato. Altri lo ritengono il nome di uno spirito maligno; uno spirito con questo nome è menzionato nel libro apocrifo di Enoch, e più tardi nella letteratura ebraica. Seguendo questa interpretazione, l'idea della cerimonia sembrerebbe quella di rimandare i peccati negli spiriti maligni che li possedevano in origine. È stato notato che simili riti di espiazione avevano prevalso fra le nazioni pagane.
I critici moderni della Bibbia, che attribuiscono questi passaggi al codice sacerdotale, e a una data successiva all'Esilio, sono propensi a credere che l'invio del capro ad Azazel sia un adattamento di una cerimonia preesistente. Alcuni studiosi biblici più conservatori hanno notato che il posto dove veniva portato il capro era un "luogo selvaggio", fuori dalla città, e che là non esisteva un posto chiamato Azazel. Il loro punto di vista è che il "capro della partenza" era semplicemente "lasciato andare". Queste ultime ipotesi sono in chiara contraddizione con la tradizione ebraica.

PROMEMORIA 27 settembre 1940 - Il Patto tripartito viene firmato a Berlino da Germania nazista, Impero giapponese e Italia fascista


Il Patto tripartito viene firmato a Berlino da Germania nazista, Impero giapponese e Italia fascista.
Il Patto Tripartito o trattato tripartito, 27 settembre 1940 fu sottoscritto a Berlino dal governo del III Reich tedesco, dal Regno d'Italia e dall'Impero del Giappone al fine di riconoscere le aree di influenza in Europa ed Asia. [1]
Esso recita: [2]
I Governi dell'Italia, della Germania e del Giappone, considerando come condizione pregiudiziale per una pace duratura il fatto che tutte le nazioni del mondo debbano avere il posto che a ciascuna spetta, hanno deciso di sostenersi e di cooperare l'uno con l'altro nell'azione che rispettivamente svolgono nella più grande Asia orientale e nella regione d'Europa, ove è loro principale scopo quello di stabilire e di mantenere un nuovo ordine di cose inteso a promuovere la reciproca prosperità e il benessere dei popoli interessati. È inoltre desiderio dei tre Governi di estendere tale cooperazione a quelle nazioni, in altre sfere del mondo, che siano disposte ad adoperarsi, seguendo direttive simili alle loro, affinché possano cosi essere realizzate le aspirazioni fondamentali per una pace mondiale.
In conformità a ciò i Governi d'Italia, della Germania e del Giappone hanno concordato quanto segue:
Art. 1. Il Giappone riconosce e rispetta il compito direttivo dell'Italia e della Germania per lo stabilimento di un nuovo ordine in Europa.
Art. 2. L'Italia e la Germania riconoscono e rispettano il compito direttivo del Giappone nello stabilimento di un nuovo ordine nella più grande Asia orientale.
Art. 3. Germania, Italia e Giappone concordano di collaborare insieme ed unire i loro sforzi secondo le linee suddette. Esse inoltre si impegnano ad aiutarsi vicendevolmente con tutti i mezzi politici, economici e militari di cui dispongono qualora una delle tre Nazioni firmatarie di questo accordo venisse attaccata da una potenza attualmente non coinvolta nella guerra in Europa o nel conflitto Cino-Giapponese.
Art. 4. Allo scopo di rendere operativo questo Patto, commissioni tecniche congiunte, i cui membri verranno nominati dai rispettivi Governi di Germania, Italia e Giappone, si riuniranno al più presto.
Art. 5. Germania, Italia e Giappone congiuntamente dichiarano che i termini del presente accordo non influenzeranno in alcun modo le relazioni politiche attualmente esistenti tra ciascuna delle tre potenze firmatarie e la Russia Sovietica. [3]
Art. 6. Il presente Patto, dopo la sua firma, entrerà in vigore con effetto immediato e avrà la durata di 10 anni a partire dalla data in cui verrà sottoscritto. Prima della scadenza di tale termine, le parti contraenti si incontreranno per negoziarne il rinnovo.
In fede, i sottoscritti regolarmente autorizzati dai loro rispettivi governi, hanno firmato questo patto e hanno apposto qui le loro firme.
Fatto in triplice copia a Berlino, il 27° giorno di Settembre 1940, 19° anno dell'era fascista, corrispondente al 27° giorno del 9° mese del 15° anno dello Showa (il regno dell'Imperatore Hirohito).

26 settembre, 2009

Marrazzo: da Regione sostegno a impianti sportivi in oratori


Marrazzo: da Regione sostegno a impianti sportivi in oratori

La Regione Lazio a sostegno della pratica sportiva negli oratori. Lo ha annunciato il Presidente della Regione, Piero Marrazzo, intervenuto oggi al convegno, 'Oratori in Italia oggi. Puzzle di vita, una sfida da raccogliere', tenutosi a Roma, presso Villa Piccolomini, e promosso dalla Regione con il giornale Famiglia Cristiana e il 'Forum degli oratori italiani'. "La Regione Lazio - ha detto - firmerà al più presto un protocollo di intesa con il Coni, l'Istituto di credito sportivo e la Banca Impresa Lazio, a favore di quelle parrocchie disposte ad acquisire, costruire o migliorare, un impianto sportivo".

Marrazzo ha quindi spiegato le modalità dell'intervento. "Le parrocchie - ha detto - potranno accedere ad un mutuo dell'istituto per il credito sportivo mettendo in carico alla Regione una parte degli interessi passivi e ottenendo garanzia fidejussoria dalla Banca Impresa Lazio. In questo modo - ha proseguito - tutti potranno fare sport anche coloro che non possono accedere ai circoli privati". E nel 2009 la Regione Lazio ha erogato complessivamente 5 milioni di euro, di cui 3,5 per gli oratori e 1,5 per l'infanzia e la formazione. "La nostra intenzione - ha proseguito il presidente della Regione Lazio - è quello di ricostruire un tessuto sociale partendo proprio dallo sport. A fine anno - ha sottolineato - con la collaborazione del Csi (Centro sportivo italiano) prenderà il via il primo campionato regionale di calcio per oratori".

Tra le altre iniziative legate agli oratori, il presidente della Regione Lazio ha annunciato anche la nascita di corsi per animatori delle strutture. "Gli oratori, anno dopo anno stanno assumendo un significato di frontiera - ha spiegato Marrazzo - a sostegno dell'universo giovanile, per combattere il disagio sociale a favore degli immigrati, per esempio, presenza importante al di là della
nostra stessa identità cattolica".

E sull'importanza degli oratori per i giovani e la società è intervenuto Don Antonio Sciortino, direttore del settimanale 'Famiglia Cristiana'."Bisogna rilanciare e salvare gli oratori - ha detto - rimboccarci finalmente le maniche. C'è sempre più voglia di oratori con un maggiore coinvolgimento dei laici per una loro sempre più ampia valorizzazione".

"Per molte famiglie l'oratorio rimane un luogo protetto, sicuro, ma anche un 'parcheggio' - ha aggiunto Don Sciortino - complice purtroppo la crisi economica". Secondo il direttore di Famiglia Cristiana, l'oratorio "deve essere un luogo di aggregazione, un ponte tra la Chiesa e la città degli uomini in grado di favorire una sana qualità della vita, di educare alla fede". "L'oratorio deve poter accentuare anche il suo carattere missionario - ha proseguito - anche con progetti mirati di 'sostegno alla genitorialità' attivando servizi di supporto e formazione. Oggi più che mai - ha continuato Don Sciortino - va riscoperto l'oratorio, per tanti ragazzi l'unica alternativa alla strada, ma soprattutto la sua funzione educativa in un tempo in cui i nostri ragazzi sono allo sbando, alla ricerca di un senso per la loro vita".

E per il direttore di Famiglia Cristiana l'oratorio può essere "la migliore 'dieta mediatica' in un'epoca in cui i ragazzi sono drogati e obesi da internet". "Le famiglie italiane stanno riscoprendo l'oratorio. Vorremo che fossero sempre di più, ma facciamo in modo che non sia una scelta di ripiego, ma consapevole - ha concluso Don Sciortino - all'interno di un nuovo patto educativo tra famiglia e parrocchia. Speriamo che la parola oratorio possa trasformarsi in futuro in un marchio di qualità".

In trentamila alla fiaccolata contro l’intolleranza e tutti i razzismi


In trentamila alla fiaccolata contro l’intolleranza e tutti i razzismi

Grande successo per la fiaccolata “contro l’intolleranza e tutti i razzismi”. La marcia è partita ieri sera alle 19 da Piazza S.S. Apostoli per concludersi al Colosseo verso le ore 21.

Trentamila circa i partecipanti alla serata che ha visto partecipare il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, il sindaco della Capitale Gianni Alemanno ed il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo.

La fiaccolata - che ha registrato la partecipazione di sindacati, associazioni e rappresentanti della società civile - si è conclusa con le esibizioni di tre grandissimi personaggi dell’arte e dello spettacolo: Nicola Piovani, Gigi Proietti e Giorgio Albertazzi.

"Se non sopporti chi è diverso da te: clónati" è stata la scritta che campeggiava sulle magliette realizzate dalla Provincia di Roma.

"Roma lancia a tutto il Paese un messaggio positivo. Il bello di questa serata e' che questa e' una comunità che reagisce e che vuole lanciare a tutta Italia l'immagine di una città che non ha dimenticato di essere accogliente e solidale". Questo è quanto ha affermato il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti nel prendere parte alla fiaccolata.

“L'intolleranza – ha sostenuto il presidente della Provincia – e' un problema di ordine pubblico, ma soprattutto un problema culturale e di prevenzione. Roma unita contro ogni forma di intolleranza da' all'Italia un bellissimo segnale".

“Mi auguro - ha aggiunto Zingaretti - che tutti coloro che hanno subito violenza, sentano la città più vicina. Con la fiaccolata dimostriamo che le diversità non sono un
problema, sono un valore".

A conclusione della marcia - prima delle performances di Piovani, Proietti ed Albertazzi - il presidente Zingaretti ha scandito dal palco: "È una manifestazione molto importante. Questo ha detto questa sera la città di Roma: nessuno si permetta più di toccare un omosessuale, un uomo di colore, un individuo di un'altra religione”.

PROMEMORIA 26 settembre 1969 - L'album dei Beatles, Abbey Road viene pubblicato nel Regno Unito.


L'album dei Beatles, Abbey Road viene pubblicato nel Regno Unito.
Abbey Road si può definire l'ultimo album in studio inciso dai Beatles; il successivo Let It Be (pubblicato nel maggio del 1970) contiene infatti brani registrati in precedenza (fra il dicembre 1968 e il gennaio 1969) ed è in gran parte una registrazione live (seppure di brani inediti e con ampie rielaborazioni in studio).
Abbey Road ha una struttura unica nella discografia beatlesiana. Il lato B, infatti, è costituito quasi interamente da un lunghissimo medley in cui ballate e brani rock and roll si susseguono senza soluzione di continuità, con temi ripresi e variazioni, fino a un imponente crescendo finale. Questa formula anticipa le suite che caratterizzeranno gran parte della produzione rock degli anni '70. Fra i temi che si susseguono ce ne sono molti divenuti celebri, da She Came In Through the Bathroom Window a Golden Slumbers, fino al celebre finale, in cui il potente crescendo introdotto da Carry That Weight si risolve all'improvviso nella delicata melodia di The End, una canzone di una sola strofa: and in the end the love you take is equal to the love you make.

Il Disco
Fra gli altri brani celebri, sul lato A, spicca Come Together di Lennon (destinata a diventare uno dei suoi cavalli di battaglia nei concerti come solista) e Something, che assieme a Here Comes the Sun è la più celebre canzone di George Harrison. Octopus's Garden fu la seconda e ultima composizione di Ringo Starr nei Beatles.
È decisamente un album importante e il suo altissimo livello ha quasi del miracoloso: i Fab Four erano allora impegnati, a parte forse McCartney, nelle loro personali avventure e disavventure soliste (pensiamo solo alla eroina per Lennon), e partecipavano solo raramente alle registrazioni, e quasi mai tutti insieme. Poteva uscirne un album stanco, raffazzonato, slegato al suo interno (come capiterà al successivo Let It Be), e invece siamo di fronte ad una vera pietra miliare non solo per i Beatles, ma per l'intera musica pop.
I motivi di questa eccellenza sono vari: la raggiunta maturità compositiva di Harrison, l'idea assolutamente rivoluzionaria per i tempi (e forse tuttora) del medley nel secondo lato, l'incipit fulminante della lennoniana Come Together e la soave The End di McCartney nel finale, la celebre copertina, l'uso accorto del Moog che non scade mai in abuso, lo sberleffo della ghost track Her Majesty, l'evoluzione tecnica di Ringo Starr, l'eccellente ricamo compiuto dagli archi. Tutto contribuisce a dare una sensazione di armonia e compattezza che spiegano come questo resti ancora oggi uno degli album più venduti del quartetto, un autentico longseller. Per Rolling Stone è il 14° album più importante di tutti i tempi.

25 settembre, 2009

La notte bianca del CNR che accende la luce sulla scien


La notte bianca del CNR che accende la luce sulla scienza

Robot lottatori e calciatori, ''spremiagrumi' per produrre energia dal succo d' arancia, il cyberpoliziotto: sono solo alcune delle attrattive realizzate in parte da giovani scienziati in erba che saranno protagoniste oggi, venerdì 25 settembre, di una 'notte bianca' molto particolare, dedicata alla scienza, ''light '09'', accendi la luce sulla scienza.

E' l'evento del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) organizzato nell' ambito dell' iniziativa dell' Unione Europea
'la notte dei ricercatori', promossa in contemporanea in oltre 200 città al fine di promuovere l' interesse e la passione dei giovani per la scienza.

L'assessore provinciale alla Cultura, Cecilia D'Elia ha partecipato alla conferenza di presentazione. "E’ importante avvicinare la gente alla scienza per far capire quanto la ricerca sia fondamentale per il futuro delle nuove generazioni e per la salute della nostra società. E’ strategico farlo emozionando, divertendo. Abbiamo voluto rendere protagonisti di cultura i ricercatori e mettere al centro il loro lavoro quotidiano".

Tante le iniziative in scaletta, da oggi alle ore 15 fino alle due di notte del sabato: al planetario ad attendere il pubblico ci saranno i banconi della scienza del CNR con tantissime attrattive per i giovani e non solo.

Ambiente: investiti oltre 420 milioni per le risorse idriche del Lazio


Ambiente: investiti oltre 420 milioni per le risorse idriche del Lazio
La Regione Lazio è al lavoro per centrare l'obiettivo imposto dall'Unione Europea: arrivare entro il 2016 ad una buona qualità delle acque superficiali del Lazio.
"In questi anni abbiamo varato un Piano di Risanamento delle Risorse Idriche con progetti del valore complessivo di 422 milioni di euro - ha dichiarato l'assessore all'Ambiente Filiberto Zaratti - Tra questi, 280 milioni fanno parte del Piano Straordinario di Risanamento delle Risorse Fluviali e Lacuali, che riguarda gli interventi infrastrutturali necessari sul territorio per risanare le risorse idriche; altri 72 milioni vanno a potenziare i fondi regionali di spesa ordinaria per le risorse idriche, quelli degli accordi di programma quadro. Si tratta di progetti di notevole importanza che stanno risolvendo criticità storiche come quelle della zona dei Castelli romani e della Valle del Sacco".

In assestamento di bilancio sono stati stanziati inoltre altri 70 milioni con i quali la Regione sta continuando la sua opera di risanamento delle risorse idriche.

"Negli ultimi anni - ha continuato Zaratti - come conseguenza positiva delle azioni messe in campo dalla Regione in collaborazione con gli Ato, sono stati riaperti alla balneabilità 30 chilometri di coste e tutti i laghi del Lazio. Tutto ciò è stato possibile sia grazie alle opere strutturali realizzate sia grazie alla Task Force Ambientale che ci hanno permesso di agire in tempo reale su ogni problematica".

"L'Agenzia Regionale per l'Ambiente - ha sottolineato il Commissario straordinario Corrado Carrubba - effettua il controllo della balneazione lungo l'intero litorale, con oltre 400 punti di controllo e, nel corso del 2009, ha già effettuato circa 125 interventi su segnalazione per episodi legati ad inquinamento e presenza di fioritura algale.

PROMEMORIA 25 settembre 1983 - 38 detenuti dell' IRA evadono dal carcere di Long Kesh, vicino Belfast.


38 detenuti dell' IRA evadono dal carcere di Long Kesh, vicino Belfast. È l' evasione più numerosa dalla fine della seconda guerra mondiale e la più numerosa della storia carceraria britannica.
Dopo la prima metà degli anni '80, trascorsa nella solita routine di bombe, attentati e violenze settarie, accadde qualcosa che contribuì a mutare l' intransigenza britannica. Il 1 novembre 1987 il peschereccio Eksund venne fermato al largo delle coste bretoni e a bordo vennero scoperte 150 tonnellate di armi che comprendevano, oltre a pistole, fucili e mitragliatori AK-47, anche mitragliatrici pesanti, lanciafiamme, missili terra-aria e alcune tonnellate del micidiale esplosivo plastico Semtex. In seguito si venne a sapere che questo era il quinto di una serie di carichi che l'IRA era riuscita a ottenere dal dittatore libico Muammar Gheddafi. Si scatenò allora in tutta l' Irlanda, a nord e a sud del confine, una caccia ai depositi dove l' IRA aveva nascosto le altre armi di provenienza libica ma, a parte quantità ridotte, il grosso degli armamenti non venne trovato. Ora l' IRA era meglio armata che in qualsiasi momento della sua storia e così gli inglesi cominciarono a pensare che una qualche forma di compromesso con i repubblicani sarebbe stata inevitabile.

Gli anni tra il 1988 e il 1993 furono tra i più violenti dell' intero periodo perché all' offensiva dell' IRA faceva da contraltare l' aumentata ferocia e capacità operativa dei paramilitari lealisti (in particolare dell' UFF) e l' uso sempre maggiore da parte dell' esercito britannico delle forze speciali (SAS e 14th Intelligence) che in numerose imboscate causarono la morte di molti militanti repubblicani (in particolare nella contea di Tyrone tra il 1987 e il 1992 furono 24 i membri dell' IRA a morire per mano delle forze di sicurezza o dei paramilitari lealisti). Il governo britannico, impegnato in colloqui segreti con il movimento repubblicano, intensificò i contatti dopo che nell' aprile 1992 e nell' aprile 1993 l' IRA fece esplodere due gigantesche bombe nella City di Londra causando danni per quasi 2 miliardi di sterline.

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24 settembre, 2009

PROMEMORIA 24 settembre 1493 - Seconda spedizione di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo


Seconda spedizione di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo.
L'ammiraglio Colombo salpò per il suo secondo viaggio da Cadice il 25 settembre con 17 navi ed un equipaggio di circa 1200 uomini, tra i quali vi erano il figlio Diego, il fratello Giacomo e l'amico Michele da Cuneo, savonese, che ci ha lasciato un'importante relazione.
Il 3 novembre la flotta raggiunse Dominica e veleggiò tra le piccole e le grandi Antille. Il 19 arrivarono a Porto Rico ed il 22 dello stesso mese Colombo tornò ad Hispaniola, dove scoprì che gli uomini dell'equipaggio che aveva lasciato erano stati uccisi.
Dopo aver fondato un nuovo avamposto, Isabella, Colombo trascorse alcuni mesi nell'esplorazione dell'entroterra alla ricerca di oro. Poi nel 1494 lasciò Hispaniola e il 30 aprile giunse a Cuba e pochi giorni dopo in Giamaica. Tornato ad Hispaniola, Colombo, dopo aver inviato una nave carica di indigeni in Spagna, costrinse i nativi rimasti a cercare l'oro.
Alla fine del 1495 Colombo ripartì alla volta della Spagna, che raggiunse nella primavera del 1496.

23 settembre, 2009

Domani fiaccolata contro l'intolleranza e tutti i razzismi


Domani fiaccolata contro l'intolleranza e tutti i razzismi

"Roma contro l'intolleranza e tutti i razzismi": questo lo slogan della grande fiaccolata che si terrà giovedì 24 settembre, alle 19,00, da piazza SS. Apostoli al Colosseo. Alla manifestazione interverranno il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, il sindaco di Roma Gianni Alemanno ed il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo.La fiaccolata, che vedrà la partecipazione di sindacati, associazioni e rappresentanti della società civile, sarà conclusa con una serie di interventi a difesa dei diritti di tutti i cittadini.

Questo il testo dell'appello lanciato da Provincia, Comune e Regione per la fiaccolata del 24 settembre contro la violenza e l'intolleranza: "Roma è da sempre città di pace, solidarietà e accoglienza, capitale del dialogo interreligioso, luogo di incontro fra i popoli e le culture. Questa grande vocazione universale, che nasce dalla storia stessa di Roma, deve oggi trovare la forza di confrontarsi con la concretezza delle sfide del tempo che stiamo vivendo.

Oggi più che mai, siamo chiamati a testimoniare, nella parola e nell'esempio, la possibilità di rifiutare ogni forma di intolleranza, rigettare ogni discriminazione che sottrae libertà e diritti alla persona umana, di aprirci all'altro e di costruire nuovi spazi di dialogo e di civiltà, nel rispetto della legalità e della sicurezza di tutti.

C'è molto che possiamo fare insieme cominciando col sostenere l'iter parlamentare delle norme che prevedono un aggravamento delle pene per tutti i reati che hanno il loro movente nell'omofobia. Molto da dire e da affermare nel nostro impegno quotidiano. Per questo abbiamo pensato fosse giusto inviare un segnale corale da parte di tutte le istituzioni, delle forze civiche, sociali e religiose che hanno a cuore il futuro di Roma: una fiaccolata cittadina contro ogni forma di discriminazione, di intolleranza e di razzismo.

Una manifestazione che possa rappresentare un incontro tra tutte le forze vive della nostra città e un punto di partenza per indicare la strada da seguire nel nostro futuro, per dare più forza e respiro a quella Roma che amiamo e in cui troviamo le radici del bene comune".

"Roma è la capitale della civiltà e della spiritualità, città aperta verso la libertà - ha detto il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo - Questa manifestazione è importante per ribadire che chi è stato oggetto di violenza e di intolleranza non è solo".

PROMEMORIA 23 settembre 1943 Salvo d'Acquisto si offre in cambio della vita di 22 civili


Seconda guerra mondiale: Salvo d'Acquisto si offre in cambio della vita di 22 civili rastrellati dai tedeschi per rappresaglia contro un attentato compiuto il giorno prima, viene fucilato a Roma, in località Torrimpietra. Riceverà la Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Il 23 settembre furono dunque eseguiti dei rastrellamenti e catturate 22 persone scelte a caso fra i contadini della zona. Lo stesso D'Acquisto fu forzosamente prelevato dalla stazione, da parte di una squadra armata di tedeschi, e fu condotto alla Torre di Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi. Fu tenuto un sommario "interrogatorio", nel corso del quale tutti gli ostaggi si dichiararono ovviamente innocenti.
Nuovamente richiesto di indicare i nomi dei responsabili, D'Acquisto ribadì che non ve ne potevano essere perché l'esplosione era stata accidentale, gli ostaggi e gli altri abitanti della zona erano dunque tutti quanti innocenti; il sottufficiale fu fatto segno di ingiurie e di dileggio da parte dei tedeschi, che giunsero ad insultarlo e malmenarlo, strappandogli anche lembi dell'uniforme. Subito dopo, gli ostaggi furono muniti di vanghe e costretti a scavare una grande fossa comune per la ormai prossima loro fucilazione.
Le operazioni di scavo si protrassero per alcune ore; quando furono concluse fu chiaro che i tedeschi avrebbero davvero messo in atto la loro terribile minaccia.
D'Acquisto si autoaccusò allora del presunto attentato, dichiarò che sua era la sola responsabilità dell'accaduto e che gli ostaggi erano innocenti, e ne chiese l'immediata liberazione. I 22 prigionieri immediatamente si diedero alla fuga, lasciando il sottufficiale, già dentro la fossa, dinanzi al plotone d'esecuzione.
Salvo D'Acquisto fu fucilato, all'età di 22 anni. Le sue spoglie sono conservate nella prima cappella sulla sinistra, adiacente all'ingresso, della chiesa di Santa Chiara di Napoli.
Nel 1983 fu aperta presso l'Ordinariato militare una causa di canonizzazione del sottufficiale.

22 settembre, 2009

Regione:influenza A, 800 studi medici mobilitati dal 15 ottobre


Regione:influenza A, 800 studi medici mobilitati dal 15 ottobre

Oltre un milione di opuscoli pronti a partire. Obiettivo: informare le famiglie laziali e gli studi medici su cosa fare per difendersi dall'influenza A. Prima di tutto chi ha i sintomi deve rivolgersi al proprio medico di famiglia e non ai pronto soccorso degli ospedali.


"Per questo - ha dichiarato il vicepresidente della Regione con delega alla sanità Esterino Montino subito dopo l'incontro con i 15 direttori generali delle aziende ospedaliere del Lazio - abbiamo siglato il contratto con i medici di famiglia che prevede l'attivazione di 800 studi medici, aperti 9 ore al giorno e il sabato mattina".


La vaccinazione inizierà non appena avverrà la prima distribuzione prevista tra il 15 ottobre e il 15 novembre. Per il Lazio sono previsti un totale di 1 milione e 600mila vaccinazioni: 800mila nella prima fase autunnale, altri 800mila nella fase invernale.

PROMEMORIA 22 settembre 1979 Un test nucleare viene effettuato nei pressi dell'Isola Bouvet nell'Atlantico meridionale


Un test nucleare viene effettuato nei pressi dell'Isola Bouvet nell'Atlantico meridionale, apparentemente eseguito dal Sudafrica; l'accaduto è noto come incidente Vela.
L'incidente Vela, noto anche come flash del sud Atlantico si verificò il 22 settembre 1979 quando i satelliti statunitensi Vela rilevarono un lampo di luce, di origine ignota, tra l'Atlantico del sud e l'Oceano indiano a sud del Sud Africa 47°S 40°E . Si pensa che fosse una possibile esplosione di un test nucleare; molte delle informazioni relative a questo evento sono ancora segrete.

Rilevamento
Il lampo luminoso fu rilevato il 22 settembre 1979, alle 00:53 GMT, da un satellite statunitense di tipo Vela, appositamente progettato per il rilevamento di esplosioni nucleari. Il satellite rilevò il tipico "doppio lampo" (il primo breve e molto intenso seguito da uno più lungo e meno luminoso) di una esplosione nucleare in atmosfera. La potenza stimata è di due o tre kilotoni.
Esistono dei dubbi circa l'attendibilità dell'osservazione. Il satellite in questione, Vela 6911, era stato lanciato il 23 maggio 1969, più di 10 anni prima, ed aveva passato già da due anni il limite di vita operativa previsto. Già all'epoca del fatto era noto un guasto ad un sensore di impulsi elettromagnetici, e, nel luglio 1972 aveva avuto una avaria ai sistemi di memorizzazione dei dati, poi risoltasi da sola nel marzo 1978.
I primi rapporti del governo degli Stati Uniti nell'Ottobre del 1979 e nel gennaio 1980 dichiaravano che il lampo era stato senza dubbio generato da una esplosione nucleare la cui responsabilità era da ascriversi al Sud Africa. Più tardi, l'amministrazione Carter creò una commissione di esperti con lo scopo di valutare l'attendibilità dei dati forniti dal satellite. Nell'estate 1980 la commissione dichiarò che con tutta probabilità non si trattava di una esplosione atomica ma che non erano in grado comunque di stabilire la natura del fenomeno. La commissione indicò come causa del fenomeno la possibile collisione del satellite vela con un meteorite, portando come prova che solo uno dei due satelliti aveva riscontrato il fenomeno e che nessuna delle ricognizioni aeree effettuate nell'area dall'aviazione aveva riscontrato la presenza di radiazioni
Il rapporto della commissione suscitò il dubbio che le spiegazioni fornite avessero dei motivi politici. L'ipotesi dell'esplosione atomica restava certamente la più valida, specie in considerazione del fatto che il satellite aveva già segnalato correttamente ben 41 test nucleari in atmosfera, poi confermati anche da altre fonti. In particolare alcuni idrofoni della marina militare statunitense avevano rilevato un segnale compatibile con una piccola esplosione atomica in prossimità della superficie dell'acqua nelle vicinanze dell'Isola del Principe Edoardo. Nello stesso momento il telescopio spaziale di Arecibo rilevava una anomalia nella ionosfera. Pochi mesi più tardi, durante un test condotto nell'Australia Occidentale venivano rilevate quantità anomale di radioattività. Gli scienziati di Los Alamos, responsabili del Progetto vela continuavano a dichiarare che il satellite aveva funzionato correttamente.
Alcuni sostennero che l'eventuale esplosione fosse stata causata dall'impatto di una cometa o da qualche altro fenomeno naturale piuttosto che da un test atomico.

Responsabilità
I paesi principali sospettati di aver causato una esplosione atomica non annunciata furono il Sud Africa e Israele, che avevano entrambi dei programmi segreti per lo sviluppo di armi nucleari. Un test effettuato da uno di questi due paesi sarebbe stato molto scomodo per l'amministrazione Carter. Israele era un paese strettamente alleato, mentre le relazioni con il Sud Africa erano strette, ma il paese era malvisto a causa dell'apartheid. Carter aveva lavorato intensamente sulla strada della non proliferazione nucleare e se fosse stato accertato che un paese di ambito USA avesse effettuato un test a scopi militari ci sarebbe stata una vigorosa protesta internazionale, causando seri problemi al negoziato che aveva portato nel 1978 alla firma degli accordi di Camp David.
Se una esplosione ci fu, resta comunque difficile attribuirla a uno dei due paesi.
Il Sud Africa aveva un programma di armi atomiche,e la posizione geografica del test sembra indicare il paese come il più probabile. Però, dopo che il governo, in seguito alla fine dell'apartheid, ha consentito l'accesso a molti documenti relativi al suo programma atomico, e secondo il rapporto dell'AIEA, il Sud Africa non avrebbe avuto la capacità di costruire un'arma simile prima del novembre 1979, due mesi dopo l'incidente. In ogni caso i servizi segreti degli Stati Uniti avevano avuto segnali di un infittimento della rete di sicurezza senza precedenti intorno alla base di Walvis Bay una settimana prima dell'evento. Cosa che fa ritenere che l'eventuale test fosse gestito da lì.
All'epoca del fatto Israele aveva già quasi certamente delle armi nucleari, ma è improbabile che avesse la capacità di allestire un test così lontano dalla madrepatria e contemporaneamente con un così elevato livello di segretezza. E anche se fosse stato un test gestito dagli israeliani avrebbe comunque dovuto avere l'appoggio del Sud Africa.
Gli analisti statunitensi ipotizzarono anche che si possa essere trattato di un test segreto effettuato da paesi già noti ufficialmente come possessori di armi nucleari. Anche se ritennero che ci sarebbe stato uno scarso interesse per l'Unione Sovietica o la Cina di effettuare un simile test, a meno che non avessero avuto l'interesse a farlo apparire come un test sudafricano o israeliano. Fu considerata anche l'India, vista la non infrequente presenza di navi indiane nella zona, ma fu presto scartata per via della limitata capacità nucleare del paese all'epoca dei fatti.
In ogni caso è improbabile che una potenza nucleare dichiarata effettuasse un simile test. Le principali potenze avevano scarso interesse a condurre ulteriori test in atmosfera, e la potenza dell'esplosione fa pensare che si trattasse di una tecnologia ancora arretrata. Resta il fatto che a volte anche le grandi potenze atomiche potevano effettuare test con armi "piccole" se collegati allo sviluppo di armi nucleari tattiche (la cosiddetta bomba al neutrone) o se si fosse trattato del test di un dispositivo primario di un'arma termonucleare.

Sviluppi successivi
Dal 1980 a oggi sono emerse nuove prove, ma non si è ancora arrivati ad una risposta definitiva.
Nel Febbraio 1994 un ex alto ufficiale della marina sudafricana, in carcere come spia sovietica, dichiarò che il test era una operazione congiunta israelo-sudafricana che non avrebbe dovuto essere scoperta ma che invece costrinse gli Stati Uniti a turare la falla.
Il 20 aprile 1997 il quotidiano israeliano Ha'aretz citò il ministro degli esteri sudafricano che confermava il lampo luminoso del sud Atlantico come un test sudafricano. Poco dopo lo stesso ministro smentì dicendo di essere stato frainteso mentre riportava solo alcune voci che circolavano da anni.
Alcune informazioni in possesso degli Stati Uniti sono state più recentemente declassificate, ma non c'è ancora niente che possa dare una risposta conclusiva e definitiva alla storia.

21 settembre, 2009

PROMEMORIA 21 settembre 1964 L'XB-70 Valkyrie, il primo aeroplano a raggiungere la velocità di 3 Mach


L'XB-70 Valkyrie, il primo aeroplano a raggiungere la velocità di 3 Mach, intraprende il suo volo inaugurale da Palmdale, in California.
Il North American XB-70 Valkyrie era un ambizioso prototipo statunitense per un bombardiere strategico supersonico: sarebbe stato in grado di raggiungere Mach 3,1, una velocità superiore a quella di tutti i caccia in servizio all'epoca, se si eccettua il MiG-25.
I costi e le difficoltà di costruzione, nonché la mancanza di idee chiare su come affrontare le difese missilistiche sovietiche, finirono per tagliare il programma dopo soli due prototipi, uno dei quali (il secondo) precipitò dopo una collisione con un F-104, mentre l'altro (il primo) è attualmente esposto in un museo dell'aviazione a Dayton, Ohio.

Storia operativa
Nonostante il diniego del presidente, il B-70 era ancora sulla breccia. Kennedy e i democratici erano assai contrari alla macchina anche per il costo elevatissimo, ma il trasporto passeggeri a velocità supersoniche era una prospettiva concreta e il nuovissimo bombardiere era quantomeno un banco di prova di assoluto interesse. L'USAF riuscì a tenere vivo il programma, che andò avanti anche quando il presidente Kennedy era già stato ucciso. Ma era un programma oramai decaduto di importanza, e praticamente morto anch'esso.
Il primo XB-70 (N.62-0001) uscì di fabbrica a Los Angeles l'11 maggio 1964 ed effettuò il primo volo il 21 settembre.

20 settembre, 2009

Non rimandateci indietro. Aderisci anche tu!!!


Non rimandateci indietro

I recenti tragici episodi di migranti morti o lasciati morire a pochi
chilometri delle nostre coste impongono una riflessione alla società civile.
Non si tratta di tragiche fatalità. Al cinismo dei mercanti di uomini si è
aggiunta l'indifferenza o la paura di intervenire di chiunque avvisti un
natante in difficoltà. Il soccorso in mare si è ormai trasformato da dovere a
fonte di guai. Le imbarcazioni che avvistano natanti in difficoltà sono
trattenute dall'intervenire dal timore di un rallentamento nel loro lavoro o,
peggio, di una incriminazione per favoreggiamento di reato, quello di
immigrazione clandestina. Il caso recente della nave con capitano turco,
impedita per cinque giorni dall'avvicinarsi alle coste maltesi o italiane
dopo aver soccorso e preso a bordo un gruppo di naufraghi, avrà certo
scoraggiato i più dall'intervenire in soccorso di natanti in difficoltà. Le
cifre delle morti in mare sono così imponenti da chiedersi se non vi sia una
responsabilità oggettiva delle leggi che, nell'intento primario di
scoraggiare l'immigrazione clandestina, hanno reso troppo oneroso e al limite
dell'eroismo esercitare l'elementare dovere del soccorso dei naufraghi o dei
natanti in difficoltà.

E' convinzione dei firmatari della presente lettera che la legislazione
attualmente vigente in Italia e gli accordi internazionali sottoscritti dal
nostro paese con la Libia siano tra le cause che incrementano le morti nel
canale di Sicilia e rendono impossibile esercitare la richiesta di asilo ai
perseguitati politici o ai profughi da situazioni belliche.

I firmatari della presente lettera chiedono che:

1. Venga cancellata la norma che trasforma l'ingresso irregolare nel nostro
paese in un reato. Questa norma impedisce preliminarmente di avanzare
richiesta di asilo politico e scoraggia dall'esercitare il soccorso
umanitario in mare, per timore di esser coinvolti nell'accusa di complicità
di reato.

2. Vengano introdotte negli accordi tra la Libia e l'Italia norme che
assicurino sul suolo libico la presenza di operatori internazionali in grado
di valutare la legittimità delle domande di asilo presentate dai migranti e
di verificare le condizioni della loro ospitalità nei centri predisposti dal
governo libico.

3. Vengano introdotte norme e accordi internazionali che liberino da ogni
conseguenza penale o economica, come il sequestro del natante, qualunque
imbarcazione che presti soccorso in mare a migranti in difficoltà.

Quanto richiesto ha senso e può essere efficace nel fermare la strage per mare
che miete vittime innocenti alle soglie del nostro paese solo se si recuperi
una condivisa sensibilità al valore della vita umana e alla solidarietà tra
individui. Le leggi e la propaganda recente hanno trasformato un carico di
uomini morenti in un problema, nell'uomo nero che, nel gioco di carte, rimane
in mano del perdente, sia questo l'Italia, Malta, la Libia o il peschereccio
guidato dal comandante troppo debole di cuore. I firmatari di questa lettera
vorrebbero che il comune sentire rendesse impossibile a chiunque dire che
non spettava a lui occuparsi del problema dei 73 eritrei morti recentemente
nel canale di Sicilia.

Roberto Barzanti
Marcello De Cecco
Tommaso Detti
Umberto Eco
Carlo Ginzburg
Eugenio Lecaldano
Paolo Leonardi
Diego Marconi
Giovanni Miccoli
Gianni Paganini
Adriano Prosperi
Massimo Mugnai
Marco Santambrogio
Emanuela Scribano
Salvatore Settis
Roberto Venuti
Libertà e Giustizia - ufficio di presidenza, di direzione e garanti

Per aderire all'appello:
http://www.libertaegiustizia.it/appelli/dettaglio_appello.php?id_appello=12

PROMEMORIA 20 settembre 1977 Azione Rivoluzionaria rivendica l'ordigno esplosivo che causa otto contusi nella sede de La Stampa di Torino


Azione Rivoluzionaria rivendica l'ordigno esplosivo che causa otto contusi nella sede de La Stampa di Torino.

Storia del movimento
AR rappresentava un unicum tra i movimenti armati dell'epoca per la peculiare impostazione organizzativa imperniata su "gruppi di affinità" fondati da profonda intimità e fiducia tra i loro membri, prevalentemente studenti.

Gli attentati
Le azioni di Azione rivoluzionaria ebbero per obiettivi principali i media ed il partito allora di governo, la Democrazia Cristiana, sempre senza procurare vittime.
I quotidiani colpiti furono:
La Stampa (nella preparazione dell'attentato moriranno due terroristi)
l'Unità
Il Corriere della Sera
La Gazzetta del Popolo
Altre azioni importanti furono il ferimento del giornalista de l'Unità Nino Ferrero, il tentato sequestro dell'armatore Tito Neri ed attentati esplosivi contro alcuni concessionari automobilistici a Roma.
Azione Rivoluzionaria operò in Liguria, Lazio, Lombardia, Piemonte, Toscana e Val d'Aosta.

Gli arresti e lo scioglimento a Livorno
I suoi dirigenti del movimento erano stati Gianfranco Faina e Salvatore Cinieri, che vennero insieme a altre 86 persone inquisiti per queste attività.
Cinieri morirà in carcere nel 1979 ucciso da un detenuto comune che lo accusava di aver rivelato un piano di evasione, mentre a Faina, durante la detenzione, venne diagnosticato un cancro al polmone in fase avanzata.
Nel 1980, durante il processo contro l'organizzazione che si tiene a Livorno gli imputati dichiarano ufficialmente sciolto Azione Rivoluzionaria.
I giudici concessero a Faina la libertà provvisoria nel dicembre del 1980; due mesi dopo morirà nella sua casa di Pontremoli in provincia di Massa Carrara.
Alcuni militanti di AR ancora liberi finiranno per confluire in Prima Linea.

19 settembre, 2009

Roma ,omofobia: molotov con il Qube a Roma


Roma ,omofobia: molotov con il Qube a Roma
Intorno alle 7 di questa mattina a Roma una bomba molotov è stata lanciata contro l’ingresso della discoteca Qube, a Portonaccio, noto locale frequentato anche da gay che, in quel momento, era chiuso.
L’ordigno ha causato un principio d’incendio, subito domato. Si pensa che ha lanciare la bottiglia incendiaria siano stai due giovani a bordo di una moto.
L’episodio fa seguito ad una serie di violenze e aggressioni contro la comunità gay romana.Il Qube aveva già subito un’altra azione intimidatoria durante l’estate.

PROMEMORIA 19 settembre 1952 - Gli USA vietano a Charlie Chaplin il rientro in patria dopo un viaggio in Inghilterra


Gli USA vietano a Charlie Chaplin il rientro in patria dopo un viaggio in Inghilterra.
Il presunto antiamericanismo e il trasferimento in Europa
Le sue simpatie politiche non furono da lui mai rivelate esplicitamente. Di certo, in molti suoi film aveva analizzato la realtà cupa dei lavoratori, dei poveri e degli emarginati (Tempi moderni, del 1936, ne può essere un chiaro esempio), ed aveva messo in piena luce le contraddizioni della società americana. Benché vivesse negli Stati Uniti da molti anni e vi pagasse le tasse, Chaplin non aveva mai chiesto la cittadinanza americana.
Già all'uscita di Monsieur Verdoux venne pubblicamente accusato di "filocomunismo" e nel 1949 divenne uno dei bersagli del movimento innescato dal senatore Joseph McCarthy. Chaplin negò sempre, con veemenza. Disse anche che era stanco di rispondere sempre alla stessa domanda.
Nel 1951 iniziò a girare quello che sarebbe stato il suo film d'addio: Luci della ribalta, tratto da un suo romanzo Footlights, mai pubblicato. Fu il suo ultimo film prodotto a Hollywood, e anche l'unico che interpretò assieme ad un altro mattatore del cinema muto: Buster Keaton.
La condanna decisiva nei suoi confronti arrivò nel settembre del 1952. Chaplin e la sua nuova famiglia si erano imbarcati per l'Europa per quella che doveva essere una vacanza. Mentre si trovavano in mare il ministro della giustizia statunitense dispose per pubblico decreto che a Chaplin, in quanto cittadino britannico, non sarebbe stato permesso di rientrare nel paese a meno che non avesse convinto i funzionari dell'immigrazione di essere "idoneo"[9]. Avutane notizia, Chaplin decise di stabilirsi in Europa fissando la sua residenza in Svizzera.
Nel 1957 Chaplin ritornò dietro la macchina da presa per girare di nuovo un film: Un re a New York. Fu il suo penultimo film, tra l'altro anche l'unico in cui recita assieme a suo figlio Michael. L'opera non ebbe successo e la sua vena cinematografica sembrò effettivamente appannata. Nel 1964, dopo circa un anno di lavoro, scrisse un'autobiografia (nella quale non vi è menzione del film Il circo, che probabilmente preferiva non ricordare per le tristi circostanze nelle quali fu girato). Nel 1966 si calò per l'ultima volta nei panni di regista, per girare La contessa di Hong Kong: fu il suo ultimo film, nonché l'unico a colori, nel quale lavorò assieme a due star del cinema mondiale: Marlon Brando e Sophia Loren.
Grazie alla sua genialità di compositore, proprio in quegli anni produsse la versione sonora di alcuni suoi capolavori: Il circo nel 1969, Il monello nel 1971, e infine nel 1975 la donna di Parigi.
Nel 1972, riconciliatosi con l'opinione pubblica americana, ritornò negli Stati Uniti per ritirare il suo secondo premio Oscar, questa volta alla carriera, assegnatogli per "aver fatto delle immagini in movimento una forma d'arte del Ventesimo secolo". In tale occasione fu protagonista della più lunga ovazione nella storia dell'Academy Awards.
Il 4 marzo 1975, dopo molti anni di esilio volontario dal suo Paese d'origine, Chaplin fu nominato Cavaliere di Sua Maestà dalla regina Elisabetta II d'Inghilterra. L'onorificenza era già stata proposta nel 1956, ma - in piena guerra fredda - non era stata concessa per il veto imposto dal Foreign Office britannico sempre a causa delle presunte simpatie comuniste di Chaplin.

18 settembre, 2009

Rosh haShana o capodanno ebraico inizia oggi. Auguri di buon anno nuovo.


Rosh haShana (in ebraico ראש השנה, letteralmente principio dell'anno) è il capodanno religioso previsto nel calendario ebraico.
Rosh haShana è il capodanno cui fanno riferimento i contratti legali, per la cura degli animali e per il popolo ebraico. La Mishnah indica in questo capodanno quello in base al quale calcolare la progressione degli anni e quindi anche per il calcolo dell'anno sabbatico e del giubileo.
Nella Torah vi si fa riferimento definendolo "il giorno del suono dello Shofar" (Yom Terua, Levitico 23:24). La letteratura rabbinica e la liturgia descrivono Rosh haShana come il "Giorno del giudizio" (Yom ha-Din) ed il "Giorno del ricordo" (Yom ha-Zikkaron).
Nei midrashim si racconta di Dio che si siede sul trono, di fronte a lui i libri che raccolgono la storia dell'umanità (non solo del popolo ebraico). Ogni singola persona viene presa in esame per decidere se meriti il perdono o meno.
La decisione, però, verrà ratificata solo in occasione di Yom Kippur. È per questo che i 10 giorni che separano queste due festività sono chiamate i 10 giorni penitenziali. In questi 10 giorni è dovere di ogni ebreo compiere un'analisi del proprio anno ed individuare tutte le trasgressioni compiute nei confronti dei precetti ebraici. Ma l'uomo è rispettoso anche verso il proprio prossimo. Ancora più importante, allora, è l'analisi dei torti che si sono fatti nei confronti dei propri conoscenti. Una volta riconosciuto con se stessi di aver agito in maniera scorretta, occorre chiedere il perdono del danneggiato. Quest'ultimo ha il dovere di offrire il proprio perdono. Solo in casi particolari ha la facoltà di negarlo. È con l'anima del penitente che si affronta lo Yom Kippur.
La festa dura 2 giorni sia in Israele che in diaspora, ma è una tradizione recente. Esistono infatti testimonianze di come a Gerusalemme si festeggiasse solo il primo giorno ancora nel XIII secolo. Le scritture recano il precetto dell'osservanza di un solo giorno. È per questo che alcune correnti dell'ebraismo, tra le quali i Karaiti, festeggiano solo il primo. L'ebraismo ortodosso e quello conservativo, invece, li festeggiano entrambi.

La tradizione
Una delle caratteristiche peculiari di Rosh haShana è il suono dello shofar. In alcune comunità viene suonato tutte le mattine del mese di Elul, l'ultimo prima del nuovo anno. Il significato di questa usanza è quello di risvegliare il popolo ebraico dal torpore e ricordare loro che sta per avvicinarsi i giorno in cui verrà giudicato (Maimonide, Yad, Leggi della penitenza 3:4).
Nei giorni precedenti, vengono recitate le selichot (preghiere penitenziali). A seconda della tradizione delle varie correnti, la recitazione delle selichot inizia in momenti diversi, dai 30 ai 10 giorni prima della festività di Rosh haShana.
Queste composizioni poetiche sono talmente importanti che nel giorno stesso della festività, alcune di queste, chiamate piutim, sono inserite all'interno della normale liturgia.
Nel pomeriggio che precede l'inizio della festività si usa fare il tashlich, un lancio di oggetti presso uno specchio d'acqua (anche una fontana va bene) per liberarsi di ogni residuo di peccato.

Il Seder
La cena della prima sera di Rosh haShana è detta Seder di Rosh haShanà, nel quale si usa consumare, assieme alla recitazione di piccole formule di preghiera, sia cose dolci (tipica la mela intinta nel miele), sia cibi che diano l'idea di molteplicità, come il melograno, per augurarsi un anno dolce e prospero. Tra i vari piatti che si servono durante questa cena, differenti nelle varie tradizioni, è una costante la presenza di qualche parte di animale che faccia parte della testa, a simboleggiare il capo dell'anno. Solitamente viene portata in tavola anche una forma di pane (challa) tonda, a simboleggiare la circolarità dell'anno.
Nel pasto della seconda sera, vengono servite più varietà possibili di frutta, perché vengano incluse nella benedizione di shehekheyanu (la benedizione che si recita la prima volta che si assaggia qualcosa nell'anno).

Nella Bibbia ebraica
Nell'antichità, l'anno ebraico aveva inizio in autunno seguendo il ciclo dei campi: semina-crescita-raccolto. Seguendo questo stesso ordine, si presentano le principali festività ebraiche. La festa del pane azimo; la festa del raccolto, sette settimane più tardi, e la festa del immagazzinamento al termine dell'anno (Esodo 23:14-17, Deuteronomio 16:1-16).
È probabile che la festa sia stata celebrata nell'antichità in modi particolari. Il primo riferimento agli usi della festa è, probabilmente, di Ezechiele (Ezechiele, XL 1). Nel levitico (23:9) si dice che il giubileo, che inizia nello stesso giorni di Rosh haShana, venne accolto con il suono di trombe. Secondo la traduzione dei settanta del libro di Ezechiele, sacrifici specifici venivano offerti sia il primo giorno del settimo mese, sia nel primo giorno del primo mese. Il primo giorno del settimo mese viene indicato come "giorno del suono delle trombe". Si teneva una convocazione sacra. Nessun lavoro doveva essere eseguito e speciali sacrifici dovevano essere offerti (Levitico, 23:23-25; Numeri 29:1-6). Non viene chiamato espressamente capodanno, ma veniva osservato come tale dagli ebrei del tempo.

Nominati i nuovi assessori della Giunta regionale


Nominati i nuovi assessori della Giunta regionale

Il Presidente Piero Marrazzo ha designato i nuovi assessori della Giunta regionale in sostituzione di Silvia Costa e Francesco De Angelis, eletti al parlamento europeo, e di Bruno Astorre eletto alla presidenza del Consiglio regionale.

Questi i nuovi incarichi: Marco Di Stefano assessore all'Istruzione, diritto allo studio e formazione professionale; Luigina Di Liegro assessore alla politica delle Sicurezze (che comprende le competenze sulle politiche sociali, assistenza e sicurezza); Giuseppe Parroncini assessore con delega ad energia, rifiuti, enti locali, porti e aeroporti.

Il presidente Marrazzo ha inoltre definito le nuove deleghe per tre assessori già presenti in Giunta: Anna Salome Coppotelli Tutela dei consumatori, semplificazione amministrativa; Vincenzo Maruccio Lavori Pubblici e Daniele Fichera Piccola e media impresa, commercio e artigianato, Conferenza stato regioni e Conferenza regioni e Unificata.

PROMEMORIA 18 settembre 1943 - Gli Ebrei di Minsk vengono massacrati a Sobibor


Gli Ebrei di Minsk vengono massacrati a Sobibor.
Sobibór (pronuncia [sɔbi'bu:r]) fu uno dei tre campi di sterminio nazisti costruiti nell'ambito dell'Operazione Reinhard (gli altri furono quelli di Treblinka e Bełżec).
Il campo prende il nome del villaggio presso il quale il campo venne costruito, ora parte del Voivodato di Lublino in Polonia. Gli internati, trasportati via treno, erano in gran parte ebrei, prigionieri di guerra sovietici e zingari; all'arrivo al campo, i prigionieri venivano immediatamente separati: alcuni erano destinati al lavoro forzato mentre la maggior parte alle camere a gas: circa 300.000 persone vennero uccise a Sobibór: 207.000 provenienti dalla Polonia, 31.000 dalla Cecoslovacchia, 10.000 dalla Germania e dall'Austria, 4.000 dalla Francia, 14.000 dalla Lituania e 34.313 dall'Olanda.
Sobibór tuttavia è conosciuta come l'unico tentativo riuscito di una ribellione da parte di prigionieri ebrei in un campo di concentramento nazista. Il 14 ottobre 1943, alcuni membri di un'organizzazione interna segreta, riuscirono ad uccidere 11 guardie delle SS e un certo numero di guardie ucraine: sebbene il loro piano consistesse nell'uccidere tutto il personale delle SS e fuggire in massa dal campo, tali uccisioni vennero scoperte anticipatamente rispetto ai piani, e gli internati iniziarono a fuggire sotto i colpi di fucile delle altre guardie. Circa metà dei 600 internati a Sobibór riuscirono a fuggire dal campo; tuttavia la gran parte venne ripresa e fucilata nei giorni successivi, ma circa 50 riuscirono a sopravvivere alla guerra. I nazisti decisero perciò di chiudere e smantellare il campo, e cercarono di occultare il luogo, piantando centinaia di alberi.
Fra le vittime di Sobibór vi è anche Helga Deen, autrice del diario Kamp Vught in cui racconta la sua esperienza nel campo di concentramento di Herzogenbusch.

17 settembre, 2009

Afghanistan: Marrazzo, profondo cordoglio per le vittime


Afghanistan: Marrazzo, profondo cordoglio per le vittime

"Una ferita che sarà difficile rimarginare. Voglio esprimere il cordoglio mio e di tutti i cittadini del Lazio per la morte dei militari italiani in Afghanistan. I nostri soldati sono impegnati da anni in un'operazione di grande importanza, mettendo ogni giorno a rischio la propria vita" - ha dichiarato il Presidente della Regione Piero Marrazzo a proposito dell'attentato subito dai militari italiani a Kabul.

"La comunità dei cittadini del Lazio - ha continuato - è al loro fianco e al fianco delle famiglie che hanno perso i loro cari nelle diverse operazioni internazionali nelle quali è impegnato il nostro Paese".

PROMEMORIA 17 settembre 1978 - Accordi di pace di Camp David tra Israele ed Egitto


Accordi di pace di Camp David tra Israele ed Egitto.
Gli accordi di Camp David sono stati firmati dal presidente egiziano Anwar al-Sadat e dal Primo Ministro israeliano Menachem Begin il 17 settembre 1978, dopo dodici giorni di negoziati segreti a Camp David. I due accordi sono stati firmati alla Casa Bianca sotto l'auspicio del Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter. Gli accordi hanno portato direttamente al Trattato di pace israelo-egiziano del 1979.

Gli accordi
Ci sono stati due accordi di Camp David nel 1978: Un quadro per Pace in Medio Oriente e un quadro per la Conclusione di un Trattato di pace tra Egitto e Israele.
Il primo accordo aveva tre parti. La prima parte è stata un quadro per i negoziati di istituire una autonoma autorità auto-disciplinante in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, ed attuare pienamente la Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza ONU. E 'stato meno chiaro accordi relativi al Sinai, e più tardi è stato interpretato diversamente da Israele, Egitto, e gli Stati Uniti. Il destino di Gerusalemme è stato deliberatamente escluso dal presente accordo.
La seconda parte, affrontava le relazioni israelo-egiziane. La terza parte dei "Principi associati" dichiarava i principi che devono applicarsi alle relazioni tra Israele e tutti i suoi vicini arabi.
Il secondo accordo delineava una base per il trattato di pace sei mesi più tardi, in particolare, di decidere il futuro della penisola del Sinai. Israele aveva accettato di ritirare le sue forze armate dal Sinai, evacuare i suoi 4.500 abitanti civili, e il ripristino di Egitto in cambio di una normale relazioni diplomatiche con l'Egitto, la garanzia della libertà di passaggio attraverso il Canale di Suez e di altri corsi d'acqua nelle vicinanze (come lo Stretto di Tiran), e una restrizione sulle forze Egitto potrebbe posto sulla penisola del Sinai, in particolare all'interno di 20-40 km da Israele. Israele ha altresì convenuto di limitare le proprie forze una piccola distanza (3 km) dal confine egiziano, e di garantire il libero passaggio tra l'Egitto e la Giordania. Con il ritiro, Israele ha perso la Abu-Rudeis campi petroliferi nella parte occidentale del Sinai.
L'accordo ha portato anche negli Stati Uniti l'impegno a diversi miliardi di dollari di sovvenzioni annuali per i governi di Israele e l'Egitto, i contributi che continuano tutt'oggi, e sono indicati come un miscuglio di sovvenzioni e aiuti pacchetti impegnata a Stati Uniti d'acquisto di materiale.
Dal 1979 (anno di accordo di pace) al 1997, l'Egitto ha ricevuto 1,3 miliardi di $ l'anno, che ha anche contribuito a modernizzare il militare egiziano. In confronto, Israele ha ricevuto $ 3 miliardi all'anno dal 1985 in sovvenzioni e aiuti militari pacchetti.

16 settembre, 2009

Apertura del nuovo anno scolastico alla Balabanoff


Apertura del nuovo anno scolastico alla Balabanoff
Alla presenza del presidente del V municipio Ivano Caradonna

Apertura del nuovo anno scolastico alla scuola media Angelica Balabanoff, alla presenza del Presidente del V municipio Caradonna che oltre a dare il benvenuto agli studenti, ha salutato anche il nuovo dirigente scolastico Paolo De Paolis, stimato soprattutto oltre che per la sua grande esperienza, anche perché ha bene in mente il ruolo della scuola pubblica.

Caradonna, ha affermato che ogni anno vengono stanziati dal Comune fondi per un milione e mezzo di euro che vengono divisi per soddisfare le esigenze di 130 scuole del Municipio. Nel lodare l'iniziativa dei corsi di educazione musicale della Balabanoff, ha colto l'occasione per parlare della recente iniziativa della scuola Lagrange che ha attivato una scuola provinciale di musica, fiore all'occhiello della V.

Dal 16 al 22 settembre la “Settimana europea della mobilità”.


Dal 16 al 22 settembre la “Settimana europea della mobilità”.

La Provincia di Roma ha presentato le iniziative in programma per 'l'European Mobility Week', la Settimana Europea della Mobilità che si svolgerà dal 16 al 22 settembre. L’Amministrazione provinciale aderisce per il secondo anno consecutivo all’evento promosso dalla Commissione Europea e organizzato dal Consorzio di Associazioni Eurocities, Energie-Cités e Climate Alliance che ha come obiettivo la programmazione di eventi dedicati alla promozione della mobilità sostenibile.

“Con la nostra adesione – dichiara l’assessore alle politiche della Mobilità e Trasporti, Amalia Colaceci – abbiamo voluto ribadire il forte impegno della giunta Zingaretti sul tema della mobilità sostenibile. Un’occasione importante per proseguire nell’opera di sensibilizzazione verso i cittadini con iniziative e soluzioni concrete”.

Nell’ambito della 'Settimana' la Provincia, attraverso diverse proposte, promuoverà interventi per l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico, per migliorare la qualità della vita nei centri storici e per l’utilizzo della bicicletta, iniziativa, quest’ultima, accompagnata anche dalla promozione delle riserve naturali provinciali.

“Mettere a disposizione i percorsi delle riserve naturali – dichiara l’assessore alle Politiche dell’Agricoltura, Aurelio Lo Fazio – ha tra gli obiettivi quello di incentivare la sensibilizzazione della cittadinanza in ottica di una mobilità ecosostenibile. Per il secondo anno consecutivo l’assessorato all’Agricoltura partecipa con entusiasmo alle iniziative nell’ambito della settimana della mobilità e si impegna in una collaborazione attiva anche per future manifestazioni a tema”.

La Settimana Europea della Mobilità si inserisce in un più ampio quadro di ridefinizione dell’offerta da parte della Provincia per migliorare il sistema di mobilità sul territorio, attraverso iniziative concrete. “Il principale obiettivo – conclude l’assessore Colaceci - è quello di puntare alla mobilità sostenibile attraverso la diffusione di buone pratiche, la sensibilizzazione della cittadinanza e l’impegno costante della Provincia nella promozione e nella realizzazione del programma”.

A conclusione della Settimana Europea della Mobilità si apriranno poi i lavori di ‘Provincia Mobile’, convegno nel corso del quale emergeranno proposte e si aprirà il confronto per giungere ad un contributo pratico per la mobilità sostenibile nella provincia di Roma.

PROMEMORIA 16 settembre 1982 - Massacro di Sabra e Shatila


Massacro di Sabra e Shatila.
Sabra e Shatila (talora trascritto come Chatila, in arabo: صبرا وشاتيلا, Ṣabrā e Shātīlā) sono due campi di rifugiati palestinesi alla periferia di Beirut. Vengono ricordati per il massacro di un numero di arabi palestinesi stimato tra diverse centinaia e 3500[1], perpetrato da milizie cristiane libanesi in un'area direttamente controllata dall'esercito israeliano, tra il 16 e 18 settembre del 1982. Sono anche ricordati per successivi fatti di sangue avvenuti nel 1985–1987 e noti come guerra dei campi.

La guerra civile libanese
La guerra civile libanese (1975-1990) influì anche sul conflitto palestinese: infatti Israele sostenne militarmente con armi e addestramenti speciali la comunità cristiana dei maroniti e l'Esercito del Sud-Libano (cristiano-maronita) di Sa'd Haddad contro l'OLP e le forze armate siriane.

Le trattative
Alla metà di giugno del 1982 gli israeliani iniziarono l'assedio di Beirut e accerchiarono i 15.000 combattenti dell'OLP e dei suoi alleati libanesi e siriani all'interno della città. All'inizio di luglio, il presidente degli USA Ronald Reagan inviò Philip Habib - fiancheggiato da Morris Draper - con l'incarico di risolvere la crisi. Cominciarono lunghe ed estenuanti trattative rese assai difficili dal fatto che gli Israeliani e gli Statunitensi non vollero discutere direttamente con i Palestinesi, e i Palestinesi asserragliati nella città non vollero abbandonarla perché temevano ritorsioni dei soldati israeliani e dei loro alleati falangisti. Habib ottenne faticosamente dal Primo Ministro israeliano l'assicurazione che i suoi soldati non sarebbero entrati a Beirut Ovest e non avrebbero attaccato i Palestinesi nei campi profughi; ottenne l'assicurazione del futuro presidente libanese, Bashir Gemayel (Giumayyil, figlio di Pierre Gemayel uno dei fondatori delle Falangi), che i falangisti non si sarebbero mossi, e infine ottenne l'assicurazione da parte del ministero della difesa degli USA che ci sarebbe stato un contingente militare USA a garantire gli impegni presi.
L'accordo fu firmato il 19 agosto, ma la situazione stava di nuovo per cambiare: il 23 agosto del 1982 venne eletto Presidente del Libano Bashir Gemayel, che godeva del favore dei maroniti e di Israele.
Il 20 agosto, alla vigilia dell'imbarco dei primi miliziani palestinesi, che cominciano ad evacuare la città, venne pubblicata negli USA la quarta clausola dell'accordo per la partenza dell'OLP, che così recita:
« I Palestinesi non combattenti, rispettosi della legge, che siano rimasti a Beirut, ivi comprese le famiglie di coloro che hanno abbandonato la città, saranno sottoposti alle leggi e alle norme libanesi. Il governo del Libano e gli Stati Uniti forniranno adeguate garanzie di sicurezza ... Gli USA forniranno le loro garanzie in base alle assicurazioni ricevute dai gruppi libanesi con cui sono stati in contatto »
(American Foreign Policy, Current documents, 1982, Dipartimento di Stato, Washington D.C.)
Yasser Arafat preoccupandosi lo stesso per la sorte dei profughi palestinesi insisté sull'invio di una forza multinazionale che garantisse l'ordine. La richiesta ufficiale di intervento di una forza multinazionale di interposizione venne consegnata il 19 agosto 1982 dal ministro degli esteri libanese Fu'ad Butros agli ambasciatori di Stati Uniti, Italia e Francia. Il piano, fatto accettare dal mediatore USA Philip Habib a Libanesi, Palestinesi e Israeliani prevedeva l'intervento di 800 soldati statunitensi, 800 Francesi e 400 Italiani per garantire l'ordine durante il ritiro delle forze dell'OLP da Beirut. Il mandato della forza multinazionale era di un mese, dal 21 agosto al 21 settembre, e avrebbe potuto essere rinnovato su richiesta dei libanesi in caso di necessità. Tutti i combattenti palestinesi sarebbero dovuti partire entro il 4 settembre, e in seguito la forza multinazionale avrebbe collaborato con l'esercito libanese per portare una sicurezza durevole in tutta la zona delle operazioni.
Il 21 agosto arrivò a Beirut il primo contingente internazionale mandato dai Francesi e nel giro dei due giorni successivi anche i soldati italiani e americani presero posizione nella città. A questo punto Arafat acconsentì di abbandonare Beirut insieme ai suoi 15.000 guerriglieri.

La situazione precipita
Il primo giorno di settembre, l'evacuazione dell'OLP dal Libano era terminata. Due giorni dopo, le armate israeliane avanzarono e assediarono i campi-profughi palestinesi, venendo meno al patto siglato con gli eserciti cosiddetti "supervisori", che però non fecero nulla per fermarle.
Caspar Weinberger, segretario alla difesa americana, ordinò ai marines di abbandonare Beirut il 3 settembre. Esattamente lo stesso giorno le milizie cristiano-falangiste, alleate degli Israeliani, presero posizione nel quartiere di Bir Hassan, ai margini dei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila. La partenza degli Statunitensi comportò automaticamente quella dei Francesi e degli Italiani. Il 10 settembre gli ultimi soldati partirono da Beirut, 11 giorni prima di quanto sarebbe dovuto accadere, lasciando di fatto campo libero a Israele. Il giorno dopo, l'allora Ministro della Difesa Ariel Sharon contestò la presenza di 2000 guerriglieri dell'OLP rimasti in territorio libanese; i Palestinesi negarono il fatto.
Il premier israeliano Menachem Begin convocò il neo-presidente Gemayel a Nahariya per fargli firmare un trattato di pace con Israele, anche se alcune fonti[2] sostengono che Begin chiese a Gemayel di permettere la presenza delle truppe israeliane nel sud Libano, con a capo Sa'd Haddad, ex capo dell'Esercito del Sud-Libano; a Gemayel fu anche chiesto di dare la caccia ai 2000 guerriglieri palestinesi la cui presenza era stata denunciata da Sharon. Gemayel, anche a causa dei crescenti rapporti di alleanza con la Siria, dovette rifiutare di schierarsi dalla parte di una sola fazione, e non firmò il trattato.
Il 14 settembre 1982, Gemayel fu ucciso in un attentato organizzato dai servizi segreti siriani. Il 15 settembre 1982, le truppe israeliane invasero Beirut Ovest. Con quest'azione, Israele ruppe l'accordo con gli USA che prevedeva il divieto di entrare in Beirut Ovest, gli accordi di pace con le forze musulmane intervenute a Beirut e quelli con la Siria. Nei giorni successivi il premier Begin giustificò l'accaduto come una contromisura per "proteggere i rifugiati palestinesi da eventuali ritorsioni da parte dei gruppi cristiani"; tuttavia pochi giorni dopo Sharon affermò al parlamento che "l'attacco aveva lo scopo di distruggere l'infrastruttura stabilita in Libano dai terroristi".

Il massacro
In cerca di vendetta per l'assassinio di Gemayel e sotto lo svogliato controllo delle forze israeliane dislocate a Beirut ovest, le milizie cristiano-falangiste di Elie Hobeika alle 18,00 circa del 16 settembre 1982, entrano nei campi profughi di Sabra e Shatila. Il giorno prima, l'esercito israeliano aveva chiuso ermeticamente i campi profughi e messo posti di osservazione sui tetti degli edifici vicini. Le milizie cristiane lasciarono i campi profughi solo il 18 settembre. Il numero esatto dei morti non è ancora chiaro. Il procuratore capo dell'esercito libanese in un'indagine condotta sul massacro, parlò di 460 morti, la stima dei servizi segreti israeliani parlava invece di circa 700-800 morti. [1].
David Lamb scrive sul quotidiano Los Angeles Times del 23 settembre 1982:
« Alle 16 di venerdì il massacro durava ormai da 19 ore. Gli Israeliani, che stazionavano a meno di 100 metri di distanza, non avevano risposto al crepitìo costante degli spari né alla vista dei camion carichi di corpi che venivano portati via dai campi. »
Elaine Carey scrive sul quotidiano Daily Mail del 20 settembre 1982:
« Nella mattinata di sabato 18 settembre, tra i giornalisti esteri si sparse rapidamente una voce: massacro. Io guidai il gruppo verso il campo di Sabra. Nessun segno di vita, di movimento. Molto strano, dal momento che il campo, quattro giorni prima, era brulicante di persone. Quindi scoprimmo il motivo. L'odore traumatizzante della morte era dappertutto. Donne, bambini, vecchi e giovani giacevano sotto il sole cocente. La guerra israelo-palestinese aveva già portato come conseguenza migliaia di morti a Beirut. Ma, in qualche modo, l'uccisione a sangue freddo di questa gente sembrava di gran lunga peggiore »
Loren Jankins scrive sul quotidiano Washington Post del 20 settembre 1982:
« La scena nel campo di Shatila, quando gli osservatori stranieri vi entrarono il sabato mattina, era come un incubo. In un giardino, i corpi di due donne giacevano su delle macerie dalle quali spuntava la testa di un bambino. Accanto ad esse giaceva il corpo senza testa di un bambino. Oltre l'angolo, in un'altra strada, due ragazze, forse di 10 o 12 anni, giacevano sul dorso, con la testa forata e le gambe lanciate lontano. Pochi metri più avanti, otto uomini erano stati mitragliati contro una casa. Ogni viuzza sporca attraverso gli edifici vuoti - dove i palestinesi avevano vissuto dalla fuga dalla Palestina alla creazione dello Stato di Israele nel 1948 - raccontava la propria storia di orrori. In una di esse sedici uomini erano sovrapposti uno sull'altro, mummificati in posizioni contorte e grottesche. »
Testimonianza di Ellen Siegel, cittadina americana, infermiera volontaria, ebrea:
« In cima all'edificio soldati israeliani guardavano verso i campi con i binocoli. Miliziani libanesi arrivarono in una jeep e volevano portare via un'assistente sanitaria norvegese. Ci rivolgemmo ad un soldato israeliano che disse ai miliziani di andare via. Infatti partirono. Alle 11.30 circa gli israeliani ci condussero a Beirut Ovest. Sedetti sul sedile anteriore di una jeep della IDF. L'autista mi disse: «Oggi è il mio Natale (intendendo la festività ebraica del Rosh haShana). Vorrei essere a casa con la mia famiglia. Credete che mi piaccia andare porta a porta e vedere donne e bambini?» Gli chiesi quante persone avesse ucciso. Rispose che non era affar mio. Disse anche che l'armata libanese era impotente, erano stati a Beirut per anni e non avevano fatto nulla, che Israele era dovuta arrivare per fare tutto il lavoro. »

Dopo la strage

(EN)
« The General Assembly, (...)
Condemns in the strongest terms the large-scale massacre of Palestinian civilians in the Sabra and Shatila refugee camps;
Resolves that the massacre was an act of genocide. »
(IT)
« L'Assemblea generale, (...)
Condanna nel modo più assoluto il massacro di larga scala di civili palestinesi nei campi profughi di Sabra e Shatila;
Conclude che il massacro è stato un atto di genocidio. »
(United Nations, General Assembly, 16 December 1982)
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato il massacro con la risoluzione 37/123[3] del 16 dicembre 1982.
L'8-2-1983, la Commissione Kahan chiamata a indagare sui fatti dalle autorità israeliane e presieduta da Itzhak Kahan[4] e composta da un altro magistrato, Aharon Barak, e dal generale di divisione della riserva Yona Ephrat, giunge alla conclusione che i diretti responsabili dei massacri erano stati Elie Hobeika e Frem, nemico giurato dei palestinesi sin dall’inizio della guerra civile in Libano (1975-1990). La stessa Commissione però ammette indirettamente la responsabilità nel massacro, per non averlo saputo prevenire né stroncare mentre era ancora in corso, dell'allora ministro della Difesa israeliana, Ariel Sharon, sostituito da Moshe Arens. Viene ammessa anche la responsabilità dei comandi militari della forza d'invasione in Libano e, in special modo, del gen. Rafael Eitan, capo di Stato Maggiore, e del gen. Amos Yaron, comandante delle forze israeliane nella regione di Beirut (trasferito all'Ufficio degli effettivi presso lo Stato Maggiore). A tutt'oggi questa è l'unica inchiesta ufficiale aperta sulla strage.
Elie Hobeika, dopo la fine della guerra, nel 1990, è stato nominato ministro senza portafoglio nel governo di Omar Karami. Il 6 giugno 1991, è uno dei 40 deputati di nomina governativa che sono entrati a far parte del Parlamento Libanese.
Nel 1992, Elie Hobeika è stato eletto deputato e lo stesso anno è stato nominato ministro per gli affari sociali nel primo governo del premier Rafiq Hariri. Fu poi rieletto nel 1996, e nominato ministro per le risorse idriche ed elettriche (comparto strategico in quell'area), carica che ha ricoperto sino alla fine del 1999.
Nel giugno del 2001 la Corte di Cassazione belga[5], apre il processo su Sabra e Shatila in base alla legge del 1993, che assegna competenza universale ai tribunali belgi per i crimini di guerra e contro l'umanità. È chiamato a testimoniare sui rapporti che intercorrevano fra i falangisti e gli israeliani Elie Hobeika ritenuto il responsabile materiale dell'eccidio.
Il 24 gennaio 2002 Elie Hobeika muore a Beirut in un attentato. Meno di 36 ore prima di saltare in aria col suo SUV Range Rover blindato, Hobeika avrebbe avuto secondo alcuni un incontro "confidenziale" con due senatori belgi - il verde Josy Dubiè, presidente della Commissione Giustizia del Senato, e il regionalista Vincent Van Quickeborne - e si sarebbe detto pronto a fare "rivelazioni" sui massacri di Sabra e Shatila e sui rapporti che avrebbe avuto durante quei giorni con i generali israeliani che dipendevano dal ministro israeliano della difesa[6] [7].
Israele si oppone al tentativo belga di incriminare Ariel Sharon per il massacro[8], come altri paesi si oppongono all'incriminazione dei loro leader. A causa di queste pressioni internazionali il parlamento belga rivede la legge riducendo di fatto l'universalità della competenza. La Corte di Cassazione del Belgio archivia così le posizioni di Sharon e di altri politici mondiali[9].