17 ottobre, 2009

PROMEMORIA 17 ottobre 589 - Secondo la tradizione, l'Adige rompe alla Cucca e causa lo sconvolgimento idrografico che dà al basso Veneto .


Secondo la tradizione, l'Adige rompe alla Cucca e causa lo sconvolgimento idrografico che dà al basso Veneto l'aspetto che grossomodo ha tutt'oggi.
La rotta della Cucca del 17 ottobre 589 è stata una disastrosa alluvione causata dallo straripamento dell'Adige che, secondo la tradizione storiografica veneta, sarebbe stata la causa dello sconvolgimento idrografico che tra il VI e l'VIII secolo modificò sostanzialmente il panorama fluviale del basso Veneto.
La Cucca che dà il nome alla rotta è l'attuale Veronella, presso la quale anticamente passava un meandro dell'Adige oggi abbandonato.
Oggi si tende a ridimensionare l'importanza di questo singolo evento e si pensa che gli sconquassi avvenuti nel basso Veneto siano da attribuire a un generale peggioramento delle condizioni climatiche avvenuto tra il VI e l'VIII secolo e alla scarsa manutenzione dei fiumi conseguente alla caduta dell'Impero romano d'Occidente.

Effetti e conseguenze
Oggi si ritiene poco plausibile che, per quanto disastroso, un singolo evento come quello narrato da papa Gregorio I e Paolo Diacono possa aver causato lo sconvolgimento improvviso del corso di tutti i fiumi che sfociavano nella laguna di Venezia; piuttosto, un tale sconvolgimento sarebbe il risultato di una serie di eventi, avvenuti nell'arco di più secoli, collegabili sia alla scarsa manutenzione dei fiumi, dovuto al progressivo abbandono delle terre che erano state bonificate in epoca classica, iniziato durante gli ultimi secoli dell'Impero romano d'Occidente, sia a un generale peggioramento delle condizioni climatiche avvenuto a livello mondiale tra il VI e l'VIII secolo, che portò al parziale scioglimento dei ghiacciai e un aumento delle precipitazioni con conseguente progressivo e drammatico incremento della portata dei fiumi.[1]
La laguna di Venezia è il frutto dell'opera di una complessa rete fluviale, comprendente i bacini dei fiumi Piave, Sile, Zero, Dese, Marzenego, Brenta, Bacchiglione, Agno, Adige, Tartaro e Po, che creavano un ampio e continuo sistema di foci e lagune lungo tutto l'arco compreso tra Comacchio e Grado: l'antica conformazione fluviale mutò però radicalmente a seguito di questi sconvolgimenti.
A partire da nord, così, il Piave, che anticamente sfociava assieme al Sile nei pressi dell'antica Eraclea, spostò il proprio corso a sud, sfociando in mare in corrispondenza del porto di Cavallino: il fenomeno sconvolse la posizione difensiva della città, allora capitale del Ducato di Venezia, che venne a trovarsi ricongiunta alla terraferma ed esposta alle minacce esterne, iniziando così la propria decadenza.
Dal canto suo il Sile, invece, separandosi dal corso del Piave, andò a sfociare nella località ora detta Portegrandi, nei pressi dell'allora esistente porto di Treporti.
I fiumi Dese e Zero presero invece a confluire nella laguna nei pressi della città di Torcello, raggiungendo poi il mare attraverso l'allora esistente porto di Sant'Erasmo: il forte afflusso di acque dolci mutò la salubrità della zona, favorendo il progressivo sviluppo di aree malariche, che determinarono il declino dei vicini centri urbani.
Il Marzenego, dal canto suo, entrando nella laguna presso la località detta Campalto, raggiungeva il mare attraverso il porto del Lido, congiungendosi con le acque del Brenta tramite il canale di Cannaregio.
Più a sud, infatti, il Brenta, abbandonando il proprio precedente delta, che fluiva poi in mare attraverso il porto di Metamauco, si separò in due rami, che si diressero uno, il Medoacus Minor, più a nord, andando a sfociare in corrispondenza dell'odierna Fusina e raggiungendo il mare, parte presso l'abitato di Olivolo, e parte attraverso il vecchio porto della città di Metamauco e il vicino porto di Albiola, l'altro, il principale, detto Medoacus Maior, più a sud, presso il porto di Chioggia.
In questo contesto di modificazione fluviale venivano a trovarsi esposti alla forza del mare gli spartiacque interni alla laguna, che probabilmente in precedenza la dividevano negli attuali quattro bacini idrografici. Gli spartiacque (ove in terra emersa) vennero quindi spazzati e sommersi dalle acque, separando i lidi definitivamente dalla terraferma venendo a creare la laguna unita come oggi la conosciamo.
Sempre nei pressi della città di Chioggia presero a confluire le acque del Bacchiglione, che in precedenza giungevano invece attraverso lo stesso delta del Brenta.
Poco più a sud, nell'oggi scomparso porto di Brondolo, presero invece a sfociare le acque dell'Agno.
Sempre a seguito di questi sconvolgimenti, si estinse un ramo dell'Adige che passava per Bonavigo, Minerbe, Montagnana, Este, Sant'Elena, Solesino e sfociava nell'antico porto di Brondolo,[2] mentre il letto del corso principale divenne inadeguato a gestire la nuova portata; i Longobardi, in guerra con l'Esarcato di Ravenna, lasciarono il fiume disalveato come difesa naturale contro potenziali attacchi e la campagna inondata si tramutò in palude per secoli.[3]
Il corso del Tartaro rimase pressoché inalterato: anticamente sfociava presso Pellestrina col nome di "canale Filistina",[2] ma perse il tratto finale e confluì in queste paludi; presumibilmente in questo periodo, le sue acque riattivarono anche un antico ramo abbandonato del delta del Po, corrispondente al Po di Adria ossia all'attuale Canalbianco.[1]
Il corso principale del Po, che nell'alto Medioevo era il Po di Primaro che sfociava presso Ravenna, divenne il Po di Volano che sfocia presso Volano.

Nei secoli successivi
Sul corso del sistema Tartaro-Filistina, a partire dal IX secolo sorsero i primi nuclei[4] di Badia, Lendinara, Villanova, Rovigo e Villadose.
Nel X secolo, su iniziativa del marchese Almerico di Mantova e di sua moglie Franca[5], il corso dell'Adige venne finalmente assestato nell'alveo dell'antico canale Chirola[4]; da allora l'Adige attraversa Legnago, lambisce Villa Bartolomea e Castagnaro e, dopo aver attraversato Cavarzere, sfocia nel mare Adriatico presso l'odierna Cavanella d'Adige. Il termine Polesine nacque in quel periodo e venne ad indicare l'attuale provincia di Rovigo e parte dell'attuale provincia di Ferrara, in quanto comprendeva anche il territorio a nord del Po di Volano.
Questa, in sintesi, rimase l'idrografia del Veneto fino a un'altra disastrosa alluvione, la rotta del Pinzone, che nel X secolo modificò nuovamente l'idrografia del "neonato" Polesine.

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