07 dicembre, 2009

PROMEMORIA 7 dicembre 1852 - esecuzione dei Martiri di Belfiore


Esecuzione dei Martiri di Belfiore.
L'episodio risorgimentale noto come Martiri di Belfiore (dalla valletta di Belfiore situata all'ingresso sud di Mantova ove furono eseguite le sentenze di morte) riguarda la prima di una lunga serie di condanne a morte per impiccagione irrogate dal governatore generale del Lombardo-Veneto, feldmaresciallo Radetzky. Esse rappresentarono il culmine della repressione seguita alla prima guerra d'indipendenza e segnarono il fallimento di ogni politica di riappacificazione.
Il vescovo di Mantova tentò ancora un intervento, sostenuto anche da altri vescovi e dalla generale commozione che si era diffusa in tutto il Lombardo-Veneto. Il governatore generale accettò unicamente di commutare la pena in otto-dodici anni di ferri in fortezza per alcuni patrioti condannati, ma confermò la pena per Tazzoli, Scarsellini, Poma, De Canal e Zambelli. I due austriaci erano, probabilmente, convinti di dar prova di una magnanimità cesarea. In realtà commettevano un tremendo errore politico, che segnò la fine di ogni prospettiva di pacificazione delle province italiane. A perderci di più fu l’immagine di Francesco Giuseppe, che cominciò, appena ventiduenne, ad essere indicato come l’”impiccatore”: un marchio del quale non si sarebbe mai liberato, fino alle esecuzioni di Guglielmo Oberdan, Nazario Sauro, Damiano Chiesa, Fabio Filzi e Cesare Battisti, nomi che sarebbero stati consegnati ai posteri dalla Canzone del Piave.
La mattina del 7 dicembre i cinque condannati furono condotti nella valletta di Belfiore, situata fuori porta Pradella all'ingresso sud della città, ove furono appesi alle forche.
Nel marzo 1853, furono comminate le ultime condanne contro i restanti ventitré cospiratori. Prima Speri, Montanari e don Grazioli, arciprete di Revere furono condannati a morte ed impiccati a Belfiore il 3 marzo 1853. Ai restanti venti imputati la condanna a morte venne commutata in vent’anni di reclusione. Più tardi venne condannato Pietro Frattini, impiccato il 19 marzo. La piccola strage terminò solo due anni dopo, il 4 luglio 1855, con l’impiccagione di Pier Fortunato Calvi, poco oltre il ponte di San Giorgio.
Per somma ingiuria, e con gran dispetto alla pietà cristiana, il governo austriaco vietò il seppellimento in terra consacrata. Ciò doveva suonare ad ulteriore umiliazione della Chiesa mantovana.

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