28 febbraio, 2010

PROMEMORIA 28 febbraio 2002 - La Lira italiana cessa di avere corso legale, sostituita dall'euro


La Lira italiana cessa di avere corso legale, sostituita dall'euro.
La lira è stata, prima dell'introduzione dell'euro, la valuta ufficiale dell'Italia. Viene rappresentata premettendo all'importo il simbolo ₤ o dalle sigle L. o Lit (per "Lira italiana").

Breve storia della lira italiana
Repubblica Italiana: 1000 lire del 1997 (versione fallata: Germania divisa)
L'introduzione della lira italiana va fatta risalire, come per il tricolore, al periodo napoleonico. Infatti, il tricolore venne adottato dalla Repubblica Cispadana nella prima campagna d'Italia (1796 - 1797). La lira, invece, venne adottata alla seconda campagna d'Italia con la ricostituzione della Repubblica Cisalpina come Repubblica Italiana (gennaio 1802), trasformatasi poi nel Regno d'Italia (marzo 1805). Le prime emissioni dalle zecche di Milano, Bologna e Venezia si ebbero nel 1807, con monete da 40, 5 e 2 lire; l'anno successivo vennero coniate anche monete da 20 lire e da 1 lira, caratterizzata da un peso di 5 g ed un titolo d'argento di 900/1000.
Dopo la fine del Regno d'Italia nel 1814, la lira riappare nel 1815 nel Ducato di Parma e Piacenza con l'introduzione della monetazione decimale da parte della duchessa Maria Luisa d'Asburgo-Lorena. Il taglio delle monete era da 1, 2, 5, 20 e 40 lire.
Nel 1861, con la riunificazione dell'Italia sotto i Savoia, la lira torna ad essere la valuta italiana ed il 24 agosto 1862 ebbe corso legale e sostituì tutte le altre monete circolanti nei vari stati pre-unitari: 1 lira da 5 g di argento al titolo 900/1000 corrispondeva a 0,29025 g d'oro fino oppure a 4,5 g d'argento fino (scesi a 4,459 nel 1863).
A causa della crescita del debito pubblico susseguente all'unificazione, nel 1866 per la lira viene stabilito il corso forzoso, con una limitata convertibilità ristabilita nel 1892. Nel 1893 viene messa in liquidazione la Banca Romana e creata la Banca d'Italia, con una copertura aurea di almeno il 40% delle lire in circolazione.
Lo stesso Vittorio Emanuele III, che succedette sul trono d'Italia al padre Umberto I nel 1900, era appassionato dalla numismatica.
L'ingresso dell'Italia nella prima guerra mondiale, con la conseguente penuria di metallo, fece ripristinare il corso forzoso, abolito nel 1909 e che durò fino al 1927, quando 1 lira corrispondeva a 0,07919 g di oro fino. L'obbligo della copertura in oro venne abolito nel 1935 e nel 1936 la valutazione venne portata a 0,04677 g.
La convertibilità venne ripristinata nel 1960 grazie all'ammissione al Fondo Monetario Internazionale, con una lira corrispondente a 0,00142 grammi d'oro o a 625 lire per dollaro.
Nel marzo 1979 entra in vigore il Sistema monetario europeo (SME) e nasce l'ECU, vi partecipano le monete di Germania, Francia, Italia, Danimarca, Paesi Bassi e Lussemburgo. La fluttuazione delle monete è limitata al 2,25% a eccezione della lira che beneficia della banda allargata al 6%. La lira rimane nello SME fino al 1992, quando una gravissima crisi finanziaria in Europa costringe la Sterlina e la Lira ad uscire dallo SME. La lira rientrerà nello SME il 25 novembre 1996, col cambio di 990 Lire per un Marco tedesco.
Il 1º gennaio 1999 entrò in vigore l'euro, il cui tasso di cambio irrevocabile con la lira era stato fissato il giorno precedente. Da quel momento la lira rimase in vigore solo come espressione non decimale dell'euro, anche se monete e banconote continuavano ad essere denominate in lire. Per tutte le forme di pagamento "non-fisiche" (trasferimenti elettronici, titoli, ecc.), invece, da quella data si adottò solo l'euro. Il 1999 fu anche l'ultimo anno in cui la zecca coniò ed emise le monete per la comune circolazione denominate in lire.
Il 1º gennaio 2002, con l'entrata in circolazione delle monete e banconote in euro, si aprì una fase di doppia circolazione: le monete e banconote in lire vennero ritirate definitivamente il 1º marzo 2002, anche se quelle con corso legale fino a quella data, possono essere ancora scambiate presso le filiali della Banca d'Italia fino al 29 febbraio 2012. Quindi nel 2002 terminò l'emissione delle serie divisionali in lire di monete proof e fior di conio. Inoltre vennero emesse altre serie speciali per ricordare gli anni d'oro della valuta appena abbandonata.
Il tasso di conversione irrevocabile è di 1.936,27 lire italiane per 1 euro.

27 febbraio, 2010

PROMEMORIA 27 febbraio 1593 - Giordano Bruno è incarcerato nel palazzo del Sant'Uffizio a Roma


Giordano Bruno è incarcerato nel palazzo del Sant'Uffizio a Roma.
Filippo Giordano Bruno (Nola, 1548 – Roma, 17 febbraio 1600) è stato un filosofo, scrittore e frate domenicano italiano, condannato al rogo dall'Inquisizione cattolica per eresia.
Tra i punti chiave della sua concezione filosofica, che fondeva neoplatonismo e arti mnemoniche con influssi ebraici e cabalistici, la pluralità dei mondi, l'infinità dell'universo ed il rifiuto della transustanziazione. Il suo pensiero presenta un'accentuazione dell'infinitezza divina sconosciuta ai neoplatonismi precedenti. Con notevoli prestiti da Nicola Cusano, Giordano Bruno elabora una nuova teologia dove Dio è intelletto creatore e ordinatore di tutto ciò che è in natura, ma egli è nello stesso tempo Natura stessa divinizzata, in un'inscindibile unità panteistica di pensiero e materia.

Il processo e la condanna
Naturalmente Bruno sa che la sua vita è in gioco e si difende abilmente dalle accuse dell'Inquisizione veneziana: nega quanto può, tace, e mente anche, su alcuni punti delicati della sua dottrina, confidando che gli inquisitori non possano essere a conoscenza di tutto quanto egli abbia fatto e scritto, e giustifica le differenze fra le concezioni da lui espresse e i dogmi cattolici con il fatto che un filosofo, ragionando secondo «il lume naturale», può giungere a conclusioni discordanti con le materie di fede, senza dover per questo essere considerato un eretico. A ogni buon conto, dopo aver chiesto perdono per gli «errori» commessi, si dichiara disposto a ritrattare quanto si trovi in contrasto con la dottrina della Chiesa.
L'Inquisizione romana chiede però la sua estradizione, che viene concessa, dopo qualche esitazione, dal Senato veneziano. Il 27 febbraio 1593 Bruno è rinchiuso nelle carceri romane del Palazzo del Sant'Uffizio. Nuovi testi, per quanto poco affidabili, essendo tutti imputati di vari reati dalla stessa Inquisizione, confermano le accuse e ne aggiungono di nuove.
Interrogato anche sotto tortura, Giordano Bruno non rinnegò i fondamenti della sua filosofia: ribadì l'infinità dell'universo, la molteplicità dei mondi, la non generazione delle sostanze - «queste non possono essere altro che quel che sono state, né saranno altro che quel che sono, né alla loro grandezza o sostanza s'aggionge mai, o mancarà ponto alcuno, e solamente accade separatione, e congiuntione, o compositione, o divisione, o translatione da questo luogo a quell'altro» [18] - e il moto della Terra. A questo proposito spiega che «il modo e la causa del moto della terra e della immobilità del firmamento sono da me prodotte con le sue raggioni et autorità e non pregiudicano all'autorità della divina scrittura». All'obiezione dell'inquisitore, che gli contesta che nella Bibbia è scritto che la «Terra stat in aeternum» e il sole nasce e tramonta, risponde che vediamo il sole «nascere e tramontare perché la terra se gira circa il proprio centro»; alla contestazione che la sua posizione contrasta con «l'autorità dei Santi Padri», risponde che quelli «sono meno de' filosofi prattichi e meno attenti alle cose della natura». [19]
Sostiene che la terra è dotata di un'anima, che le stelle hanno natura angelica, che l'anima non è forma del corpo; come unica concessione, è disposto ad ammettere l'immortalità dell'anima umana.

Il 12 gennaio 1599 è invitato ad abiurare otto proposizioni eretiche, nelle quali si comprendevano la sua negazione della creazione divina, dell'immortalità dell'anima, la sua concezione dell'infinità dell'universo e del movimento della Terra, dotata anche di anima, e di concepire gli astri come angeli. La sua disponibilità ad abiura, a condizione che le proposizioni siano riconosciute eretiche non da sempre, ma solo ex nunc, è respinta dalla Congregazione dei cardinali inquisitori, tra i quali il Bellarmino. Il 10 settembre è ancora pronto all'abiura, ma il 16 cambia idea e infine, dopo che il Tribunale ha ricevuto una denuncia anonima che accusa Bruno di aver avuto fama di ateo in Inghilterra e di aver scritto il suo Spaccio della bestia trionfante direttamente contro il papa, il 21 dicembre rifiuta recisamente ogni abiura, non avendo, dichiara, nulla di cui doversi pentire.
L'8 febbraio 1600 è costretto ad ascoltare inginocchiato la sentenza di condanna a morte per rogo; si alza e ai giudici indirizza la storica frase: «Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam» («Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell'ascoltarla»).
Dopo aver rifiutato i conforti religiosi e il crocefisso, il 17 febbraio, con la lingua in giova - serrata da una morsa perché non possa parlare - muore bruciato in Campo de' Fiori, dove dal 9 giugno 1889 s'innalza il monumento a lui dedicato, opera dello scultore massone Ettore Ferrari.

26 febbraio, 2010

PROMEMORIA 26 febbraio 2001 - I 15 stati dell'Unione Europea firmano il Trattato di Nizza


I 15 stati dell'Unione Europea firmano il Trattato di Nizza.
Il Trattato di Nizza è uno dei trattati fondamentali dell'Unione europea, e riguarda le riforme istituzionali da attuare in vista dell'adesione di altri Stati. Il trattato di Nizza ha modificato il Trattato di Maastricht e i Trattati di Roma. È stato approvato al Consiglio europeo di Nizza, l'11 dicembre 2000 e firmato il 26 febbraio 2001. Dopo essere stato ratificato dagli allora 15 stati membri dell'Unione europea, è entrato in vigore il 1º febbraio 2003.

Un Piano Storico
Dopo l'approvazione del Trattato di Amsterdam nacque subito l'insoddisfazione per le modifiche non incisive introdotte in campo istituzionale, soprattutto in vista dell'allargamento dell'UE ai paesi dell'ex Europa dell'est. Questa insoddisfazione spinse i capi di stato e di governo a prospettare subito un'ulteriore modifica del sistema istituzionale "prima che l'Unione conti venti membri". La Conferenza intergovernativa (CIG) inizia il 14 febbraio 2000 con la presidenza portoghese dopo la "Relazione sulle implicazioni istituzionali dell'allargamento" del gruppo Dehaene. La trattativa si conclude al Consiglio europeo di Nizza dell'11 dicembre 2000, ma si traduce in un mezzo fallimento: vengono adottate solo disposizioni "minime" che permettono alle istituzioni, pensate per 6 membri, di funzionare anche a 27 membri.

Clausole Dell'Accordo
Il Trattato di Nizza in particolare introduce:
nuova ponderazione dei voti nel Consiglio dell'Unione europea,
modifica della composizione della Commissione europea,
estensione della procedura di codecisione e modifica del numero di deputati al Parlamento europeo per ogni Stato membro,
estensione del voto a maggioranza qualificata per una trentina di nuovi titoli.
riforma per rendere più flessibile il sistema delle cooperazioni rafforzate
nuova ripartizione delle competenze tra Corte e Tribunale
Nell'ambito del Consiglio europeo di Nizza è stata solennemente proclamata la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che però non è entrata a far parte del trattato.

25 febbraio, 2010

‘Per te Donna’, campagna di prevenzione mammaria


‘Per te Donna’, campagna di prevenzione mammaria
Dal 25 febbraio al 25 marzo la clinica Nuova Itor, sostenuta del V Municipio, parte con ‘Per te Donna’, una campagna di prevenzione per il tumore della mammella. Il programma offre un ciclo di conferenze, diagnosi e trattamenti sui tumori alla mammella con visite senologiche gratuite.

La divisione di chirurgia generale della Nuova Itor, Casa di Cura convenzionata, in via di Pietralata 162, si mette a disposizione delle donne per combattere e vincere il tumore della mammella.

Il cancro della mammella ha una forte incidenza nella popolazione femminile italiana, spesso con dati allarmanti. Ultimamente si registrano aumenti nel numero di nuove neoplasie mammarie e per queste il rischio maggiore si riscontra nelle donne di età compresa tra 25 e 44 anni.

“Il nostro impegno per la salute della donna – spiega in una nota la Nuova Itor - è continuo e concreto e lo vogliamo dimostrare. In questi giorni ci mettiamo a disposizione, gratuitamente, per convincere a fare qualcosa di più per la donna e per chi le vuole bene”.

“Vogliamo spiegare ancora una volta – prosegue la nota- quanto è importante per combattere e vincere il tumore della mammella, conoscerlo meglio per eliminarlo ‘da piccolo’, quando è più debole”.

I senologi della Nuova Itor sono a disposizione delle donne dalle 10 alle 16 il martedì e il giovedì.

Per informazioni www.itorchirurgia.it . Per prenotare la visita, chiamare dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle 11.00 o dalle 12.00 alle 18.00 il numero 06.88641816.

Conferenze:

25 febbraio ore 13:30 Aula Consiliare Municipio V, via Tiburtina, 1163

4 marzo ore 16:30 Centro Anziani Portonaccio, via Filippo Meda, 147

10 marzo ore 16:30 Centro Anziani ‘1° Maggio’, via delle Messi d'Oro 122

Nuovo ospedale Castelli, Montino: "Tra dieci giorni al via cantieri"


Nuovo ospedale Castelli, Montino: "Tra dieci giorni al via cantieri"

Sorgerà nel territorio del Comune di Ariccia, al chilometro 11.5 della via Nettunense, il nuovo ospedale dei Castelli Romani. L'auspicio del vice presidente della Regione Lazio Esterino Montino è quello di poter "posare la prima pietra al massimo entro i prossimi dieci giorni".

L'area cantierabile è stata consegnata il 31 dicembre scorso all'impresa che dovrà realizzare i lavori, attualmente sono in corso le rilevazioni geologiche e la bonifica del terreno dalla presenza di eventuali ordigni bellici.
Montino ha poi ricordato che l'ospedale verrà realizzato integralmente con fondi stanziati dalla Regione Lazio, per un importo di 120 milioni di euro. "Se non partono i cantieri le imprese che hanno vinto l'appalto potrebbero portarci ad un lodo arbitrale o farci delle riserve, chiedendoci quindi di pagare - ha concluso Montino - solo perché a qualcuno non sta bene che iniziamo adesso il cantiere: è una pretesa assurda".

Saranno necessari quasi tre anni di lavori per realizzare il nuovo ospedale dei Castelli romani, che sorgerà al chilometro 11.5 della via Nettunense, nel territorio del comune di Albano, su un terreno di 15 ettari.
Il nuovo nosocomio, che potrebbe essere classificato come Dea di primo livello, è stato pensato per andare a sostituire le strutture attualmente attive ad Albano, Ariccia e Genzano, che verranno chiuse e riconvertite ad altre attività di carattere sia amministrativo che territoriale.
"Non abbandoneremo quei tre ospedali, ne favoriremo la trasformazione in presidi dedicati al territorio" spiega ancora Montino. A fianco della nuova struttura il progetto dell'ospedale dei Castelli, curato dall'architetto Marco Rizzoli, prevede la realizzazione di un 'Parco della Salute', su un terreno di 7 ettari, che ospiterà una struttura ricettiva, un centro di riabilitazione ed un scola per infermieri.

Nuovo ospedale in cifre


Circa 300 i posti letti, ipotizzati per l'ospedale, in attesa della redazione di un nuovo piano regionale della rete ospedaliera. Si prevede di dedicare 250 posti alle degenze ordinarie, di cui 70 per l'area medica, 70 per quella chirurgica, 40 per ostetricia e pediatria e 30 per la terapia intensiva. Cinquanta invece i posti letto assegnati al day hospital.
Un piano interreato a forma rettangolare, di larghezza superiore agli altri, e tre piani soprastanti, con accessi ad alcuni servizi in alcuni casi direttamente dal livello stradale, così si presenta il progetto dell'ospedale.
Una serie di infrastrutture di mobilità dovrà accompagnare la realizzazione del progetto: dall'Appia Bis, di cui è stato finanziato con 25 milioni di euro lo svincolo di collegamento tra Ariccia e l'ospedale, al miglioramento della viabilità su alcune arterie del quadrate.
Per gli arredi interne e le attrezzature mediche invece è stata elaborata una previsione di spesa di 25 milioni di euro che dovranno essere stanziati nel corso della prossima legislatura regionale. Per la presentazione della struttura erano presenti nella Regione Lazio anche il presidente del Consiglio regionale Bruno Astorre e il direttore della Asl Rm H Alessandro Cipolla.

PROMEMORIA 25 febbraio 1991 - Guerra del Golfo: un missile Scud iracheno colpisce una caserma statunitense a Dhahran, Arabia Saudita.


Guerra del Golfo: un missile Scud iracheno colpisce una caserma statunitense a Dhahran, Arabia Saudita, uccidendo 28 marine.

Operazione Desert Sabre
Alle 04:00 di notte del 24 febbraio 1991 la 6a divisione leggera francese (che includeva unità della legione straniera francese e facente parte del XVIII corpo D'armata composto oltre che dalla 24a divisione di fanteria meccanizzata, dal 3 reggimento di cavalleria corazzata, dall'82a e la 101a divisione aviotrasportata, ) penetrò in Iraq per molti km fino all'aeroporto di As Salman per creare un muro difensivo contro un eventuale contrattacco iracheno dal nord, simultaneamente le truppe saudite della 20 brigata corazzata penetrarono lungo la costa del Kuwait, allo stesso tempo la 1a e la 2a divisione marines (supportate dalla brigata Tiger della ormai smantellata 2a divisione corazzata dell'esercito USA di stanza nella repubblica federale tedesca) entrarono anch'esse nel Kuwait senza incontrare resistenza. Due ore dopo alle 08:00 am la 101a divisione aviotrasportata conduce un attacco aereo con gli elicotteri Black Hawk per la costruzione di una zona di rifornimento per gli elicotteri da attacco AH 64 Apache. Subito dopo, il VII Corpo statunitense, lanciò un attacco in Iraq alle 14,35, a ovest del Kuwait, prendendo le forze irachene di sorpresa. Il VII corpo d'armata era composto da: la 1a divisione di fanteria meccanizzata dell'esercito USA, la 1a e la 3a divisione corazzata dell'esercito USA, la 1a divisione corazzata britannica, e il 2 reggimento di cavalleria corazzata dell'esercito USA e dalla 1a divisione di cavalleria dell'esercito USA. Il 25 febbraio 1991 mentre le battaglie infuriavano la 1a divisione di cavalleria era rimasta ferma per far credere agli iracheni che un altro attacco era imminente sullo Wadi al Batin, però ormai il giorno dopo, il 26 febbraio era ormai chiaro l'intento del VII corpo d'armata di accerchiare girando verso est, tagliare fuori e annientare la guardia repubblicana sul confine tra Iraq e Kuwait, di conseguenza la 1a divisione di cavalleria si ricongiunse con il VII corpo d'armata quasi completando l'accerchiamento. Il fianco destro era protetta dalla 1ª divisione corazzata britannica. Alla fine gli alleati entrarono in contatto con la temuta guardia repubblicana sul confine annientandola quasi completamente
L'avanzamento della coalizione fu più veloce di quanto i generali statunitensi si erano aspettati. Il 26 febbraio le truppe irachene iniziarono a ritirarsi dal Kuwait, incendiando tutti i campi petroliferi Kuwaitiani che incontrarono. Un lungo convoglio di truppe irachene in ritiro si formò lungo la principale autostrada tra Iraq e Kuwait. Questo convoglio venne bombardato così intensamente dalla coalizione che divenne noto con il nome di "Autostrada della morte". Le forze della coalizione continuarono ad inseguire le forze irachene oltre il confine ed oltre, prima di rientrare quando gli iracheni si trovarono ad una distanza di 240 km da Baghdad.
Un centinaio di ore dopo l'avvio della campagna di terra alle 04:00 am del 24 febbraio, il presidente Bush dichiarò la cessazione delle ostilità e il 28 febbraio alle ore 08:00 am a Baghdad (mezzanotte del 27 febbraio Eastern Standard Time) dichiarò la liberazione del Kuwait e la fine della guerra del golfo.

24 febbraio, 2010

Università, Di Stefano firma intesa con Atenei della Romania


Università, Di Stefano firma intesa con Atenei della Romania

Individuare ed attuare programmi e iniziative finalizzate alla creazione di reti tra Università, centri tecnologici di ricerca, mondo produttivo ed istituzionale, per la promozione della ricerca e dell'innovazione in Italia e in Romania. Questi gli obiettivi del Protocollo d'intesa siglato oggi presso la sede della Regione Lazio tra l'assessorato all'Istruzione, Diritto allo studio e Formazione e l'Unione delle Università di Cluj (Romania).
Il protocollo, sottoscritto dall'assessore regionale Marco Di Stefano e dal Rettore dell'Università di Scienze agricole e veterinaria Usamv, Doru Pamfil - prevede l'individuazione di programmi e azioni volte a rafforzare la cooperazione tra i due Paesi nei settori università, formazione, ricerca e lavoro.
"Il protocollo- dice Di Stefano- è un accordo quadro che presto si sostanzierà di azioni specifiche messe in campo dalle due parti, per rafforzare l'integrazione tra la comunità italiana e quella romena, e che si inserisce in un percorso già avviato dal nostro assessorato attraverso numerosi progetti volti proprio al raggiungimento di quest'obiettivo".
"Tra gli altri- conclude l'assessore- l'avviso pubblico rivolto alle vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale per le quali predisporremo corsi di formazione, stage in azienda di sei mesi e anche un reddito minimo durante il periodo di formazione".

"La Città dei Bambini".


"La Città dei Bambini".
Inaugurazione del Laboratorio "La Città dei Bambini".

Mercoledì 24 Febbraio 2010, alle ore 10,00 nei locali della Scuola Italo Calvino
Via A. Buongiorno 25, quartiere "Colli Aniene".

Il Laboratorio, oltre ad essere il luogo fisico dove si riunisce il Consiglio Municipale dei Bambini, è il luogo dove si incontrano gli adulti, a vario titolo, impegnati nelle varie attività (insegnanti, tecnici comunali, rappresentanti delle associazioni, ecc.), dove si raccolgono i dati che documentano le attività svolte, rappresenta un importante fulcro di coordinamento per lo sviluppo della partecipazione dei bambini alle attività dell’amministrazione municipale.

I rappresentanti del Consiglio dei Bambini (vecchi e nuovi eletti), insieme agli insegnanti e ai dirigenti scolastici delle scuole che partecipano al progetto, incontreranno il presidente del Municipio V, Ivano Caradonna e altri rappresentanti municipali.

I 9 Circoli didattici che hanno aderito al Consiglio dei Bambini saranno presenti con i loro rappresentanti: due bambini (un maschio e una femmina) sorteggiati in ciascun circolo didattico.

Il Muncipio V, con l’apertura del Laboratorio, prosegue la sua attività di adesione al progetto internazionale del CNR “La Città dei bambini”

Ad animare i bambini ci sarà un spettacolo di teatro a cura della compagnia “Il Clownotto”.

PROMEMORIA 24 febbraio 1922 - Va in scena al Teatro Manzoni di Milano la prima dell'Enrico IV di Pirandello


Va in scena al Teatro Manzoni di Milano la prima dell'Enrico IV di Pirandello.
Enrico IV è una commedia in 3 atti di Luigi Pirandello. Fu scritta nel 1921 e rappresentata il 24 febbraio 1922 al Teatro Manzoni di Milano.
Considerato il capolavoro teatrale di Pirandello insieme a Sei personaggi in cerca di autore, Enrico IV è uno studio sul significato della pazzia e sul tema caro all'autore del rapporto, complesso e alla fine inestricabile, tra personaggio e uomo, finzione e verità.

Trama
Un borghese romano prende parte ad una battuta di caccia nella quale impersona Enrico IV, alla messa in scena prendono parte anche Matilde di Spina, donna di cui è innamorato, ed il suo rivale in amore Belcredi. Quest'ultimo disarciona Enrico IV che nella caduta batte la testa e si convince di essere realmente il personaggio storico che stava impersonando.
La follia dell'uomo viene assecondata dai servitori che il nipote Di Nolli mette al suo servizio per alleviare le sue sofferenze; dopo 12 anni Enrico guarisce e comprende che Belcredi lo ha fatto cadere intenzionalmente per rubargli l'amore di Matilde, che poi si è sposata con Belcredi ed è fuggita con lui. Decide così di fingere di essere ancora pazzo, di immedesimarsi nella sua maschera per non voler vedere la realtà dolorosa.
Dopo 20 anni dalla caduta, Matilde, in compagnia di Belcredi, della loro figlia e di uno psichiatra vanno a trovare Enrico IV. Lo psichiatra è molto interessato al caso della pazzia di Enrico IV, che continua a fingersi pazzo, e dice che per farlo guarire si potrebbe provare a ricostruire la stessa scena di 20 anni prima e di ripetere la caduta da cavallo. La scena viene così allestita, ma al posto di Matilde recita la figlia. Enrico IV si ritrova così di fronte la ragazza, che è esattamente uguale alla madre Matilde da giovane, la donna che Enrico aveva amato e che ama ancora. Ha così uno slancio che lo porta ad abbracciare la ragazza, ma Belcredi, il suo rivale, non vuole che sua figlia sia abbracciata da Enrico IV e si oppone. Enrico IV sguaina così la spada e trafigge Belcredi ferendolo a morte: per sfuggire definitivamente alla realtà "normale" (in cui tra l'altro sarebbe stato imprigionato e processato), decide di fingersi pazzo per sempre.
« ENRICO IV (fulmineamente, cavando la spada dal fianco di Landolfo che gli sta presso) Non sono pazzo? Eccoti! (E lo ferisce al ventre. È un urlo d'orrore. Tutti accorrono a sorreggere Belcredi, esclamando in tumulto)
DI NOLLI T'ha ferito?
BERTOLDO L'ha ferito! L'ha ferito!
DOTTORE Lo dicevo io!
FRIDA Oh Dio!
DI NOLLI Frida, qua!
DONNA MATILDE È pazzo! È pazzo!
DI NOLLI Tenetelo!
BELCREDI (mentre lo trasportano di là, per l'uscio a sinistra, protesta ferocemente) No! Non sei pazzo! Non è pazzo! (Escono per l'uscio a sinistra, gridando, e seguitano di là a gridare finché sugli altri gridi se ne sente uno più acuto di Donna Matilde, a cui segue un silenzio)

ENRICO IV (rimasto sulla scena tra Landolfo, Arialdo e Ordulfo, con gli occhi sbarrati, esterrefatti dalla vita della sua stessa finzione che in un momento lo ha forzato al delitto) Ora sì... per forza... (li chiama intorno a sé, come a ripararsi) qua insieme, qua insieme... e per sempre![1] »

Commento dell'opera
L'Enrico IV appartiene alla terza fase del teatro pirandelliano, quella cosiddetta del teatro nel teatro.
L'opera fu scritta appositamente per Ruggero Ruggeri, uno degli attori più noti dell'epoca e appartenente, assieme a Marta Abba ed altri, alla compagnia del Teatro d'Arte fondato dal drammaturgo a Roma, come testimonia una lettera di Pirandello stesso indirizzata a Ruggeri:
« Circa vent'anni addietro, alcuni giovani signori e signore dell'aristocrazia pensarono di fare per loro diletto, in tempo di carnevale, una "cavalcata in costume" in una villa patrizia: ciascuno di quei signori s'era scelto un personaggio storico, re o principe, da figurare con la sua dama accanto, regina o principessa, sul cavallo bardato secondo i costumi dell’epoca. Uno di questi signori s'era scelto il personaggio di Enrico IV; e per rappresentarlo il meglio possibile, s'era dato la pena e il tormento d'uno studio intensissimo, minuzioso e preciso, che lo aveva per circa un mese ossessionato. [...] Senza falsa modestia, l'argomento mi pare degno di Lei e della potenza della Sua arte. »
(Luigi Pirandello, Lettera a Ruggero Ruggeri del 21 settembre 1921[2])
Il personaggio di Enrico IV, del quale magistralmente non ci viene mai svelato il vero nome, quasi a fissarlo nella sua identità fittizia, è descritto minuziosamente da Pirandello. Enrico è vittima non solo della follia, prima vera poi cosciente, ma dell'impossibilità di adeguarsi ad una realtà che non gli si confà più, stritolato, nelle altrui vedute, nel ruolo fisso del pazzo.
La stessa ambientazione del dramma richiama l'aperta mendacità della situazione, in bilico tra la realtà e la finzione: la reggia dove Enrico risiede e la costruzione drammaturgica dell'insieme richiamano la fissità delle unità aristoteliche ma al contempo se ne distanziano, proiettando il personaggio nel passato perduto, nel presente che non può vivere nella sua identità normale e nel futuro nel quale è impossibilitato a proiettarsi poiché considerato pazzo; la reggia stessa è palesemente finta, così come posticci i costumi vestiti da coloro che vi agiscono. La pazzia durata dodici anni gli ha poi sottratto Matilde per mano del rivale in amore Belcredi, acuendo la situazione di disagio di Enrico IV che non riesce a trovare un ruolo nel suo presente.
La fissità della forma nella quale Enrico IV è rinchiuso ha rappresentato però, al contempo, anche una salvezza per l'uomo, che vi si è rifugiato conservando una lucida estraneità alla vita reale vissuta da coloro che gli sono vicini e permettendogli di non lasciarsi travolgere dai propri sentimenti:
« Preferii restare pazzo e vivere con la più lucida coscienza la mia pazzia [...] questo che è per me la caricatura, evidente e volontaria, di quest'altra mascherata, continua, d'ogni minuto, di cui siamo i pagliacci involontarii quando senza saperlo ci mascheriamo di ciò che ci par d'essere [...] Sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto! - Il guajo è per voi che la vivete agitatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia. [...] La mia vita è questa! Non è la vostra! – La vostra, in cui siete invecchiati, io non l’ho vissuta! »
(Enrico IV, atto terzo)
In questo modo Enrico IV tenta, nonostante abbia ormai ammesso la sua guarigione, di dimostrare quanto false ed ipocrite siano le vite di coloro che lo circondano, cristallizzate in una forma di cui non sono neanche consapevoli. La stessa morte di Belcredi per mano di Enrico IV simboleggia non la vendetta per gelosia, ma il bisogno esasperato di netto taglio con il passato perduto. Spaventando tutti, potrà continuare a fingersi pazzo, vivendo la propria vita in libertà e non più costretto da rigide imposizioni delle quali oramai è libero.
I venti anni perduti gli sembrano riconquistati quando gli appare Frida, figlia di Matilde e ritratto della stessa da giovane, ma è un'illusione che dura poco: solo rifugiandosi di nuovo nella pazzia, con l'omicidio di Belcredi, Enrico IV si sottrae di nuovo al fluire del tempo ed al rimpianto degli anni perduti.
Pirandello trova sensatezza nella follia, che diviene punto di rottura con la falsità della realtà: se Enrico IV è un alienato emarginato dalla società, si schiera nelle lunghe fila dei personaggi novecenteschi che si arroccano in dimensioni altre rispetto alla realtà sensibile e che sono coscienti della loro situazione, come il Des Esseintes di Joris Karl Huysmans o Rosario Chiarchiaro di un suo lavoro precedente, La patente. Enrico IV è quindi personaggio del suo tempo, metafora dell'uomo moderno con tutte le sue problematiche. Sebbene pazzo, lo si connota come personaggio positivo, distruttore di verità fittizie ma, al contempo, è anche sinonimo di repressione volontaria, di senso della rinuncia autoindotto.

23 febbraio, 2010

Al via la rimozione dei cartelloni abusivi dalle strade provinciali


Al via la rimozione dei cartelloni abusivi dalle strade provinciali

Una campagna contro i cartelloni pubblicitari abusivi sulle strade provinciali. È quella organizzata dalla Provincia di Roma e iniziata oggi sulla via Ardeatina, alla presenza del presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti e dell’assessore alla Viabilità Marco Vincenzi.

Un’iniziativa motivata innanzitutto da ragioni di sicurezza stradale e di decoro urbano.

Complessivamente, soltanto sulla via Ardeatina, a partire da oggi e nei prossimi giorni, verranno rimossi circa 50 impianti pubblicitari abusivi mentre sulle arterie provinciali ne saranno abbattuti i tra 500 ed i 1000.

Per i trasgressori è prevista una sanzione variabile tra i 389 e i 1.559 euro, per violazione del Codice della strada, oltre al costo di rimozione, trasporto e custodia dei cartelloni, che oscilla tra i 1.000 e i 2.000 euro in funzione della dimensione del cartello.

L’unico modo per le aziende pubblicitarie di evitare le sanzioni è quello di provvedere direttamente a disinstallare i cartelloni abusivi. Tutti gli impianti sequestrati saranno inviati nei depositi provinciali di Valmontone e Palombara.

La Provincia di Roma è inoltre impegnata a razionalizzare in modo sistematico, insieme alle imprese del settore, l’intera materia dell’impiantistica pubblicitaria sulle strade provinciali.

Avviato il primo stralcio del lavoro di riordino del catasto delle strade in modo da avere un censimento su tutta la cartellonistica presente nei circa 2.300 chilometri di rete viaria provinciale. È prevista la formazione di un Piano funzionale e strutturale degli impianti pubblicitari: saranno individuate le aree autorizzate all’installazione e quelle vietate in base al Codice della strada, alle norme di pianificazione territoriale e paesaggistico- ambientale.

Soddisfatto il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti: "Oggi iniziamo un’operazione di risanamento e pulizia della cartellonistica che ha come primo obiettivo reintrodurre la legalità sulla gestione della pubblicità sulle strade provinciali. Questa è la prima fase, la rimozione; la nostra ambizione è reinvestire tutti i fondi che recupereremo dalla riposizione legale di una cartellonistica studiata ad hoc sull’arredo urbano e sulla manutenzione stradale”.

“Grazie al catasto – ha aggiunto Zingaretti – noi vorremmo fare un Piano per cui le strade provinciali abbiano, nei prossimi 4-5 anni, un netto aumento della qualità. Le pubblicità abusive fanno danni all’economia, alla sicurezza, ma soprattutto prestano il fianco ad un’illegalità diffusa che non può essere assolutamente tollerata. Ci sono tanti imprenditori onesti che sulla pubblicità legale pagano le tasse, non possono esserci i furbi e gli stupidi. Il ritorno alla legalità significa dare i diritti agli imprenditori onesti e recuperare risorse per le opere pubbliche”.

Per l'assessore provinciale alla Viabilita', Marco Vincenzi, l'iniziativa "può lanciare un messaggio: la Provincia fa sul serio, nel senso che vuole togliere tutti i cartelli abusivi e fare un Piano della pubblicita' che tenga conto della sicurezza delle strade, del decoro e dell' arredo urbano".

Sport: presentati i Mondiali di Volley agli studenti delle scuole superiori


Sport: presentati i Mondiali di Volley agli studenti delle scuole superiori

Il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti e l'assessore provinciale allo Sport, Patrizia Prestipino, hanno presentano le Finali di Roma del Mondiale di Pallavolo che si svolgeranno nella Capitale dal 2 al 10 ottobre e la 17° edizione di 'Emozioni Volley Scuola - Trofeo Acea' agli studenti delle scuole superiori di Roma e provincia.

Davanti ad una platea di circa 1500 ragazzi al Palazzetto dello Sport dal palco allestito per l'occasione, molte erano le presenze d'eccezione: Andrea Anastasi, Andrea Giani e Andrea Gardini. Ed ancora le attrici Giorgia Wurth e Barbara De Rossi mentre a chiudere la presentazione la voce di Max Gazzè che si è esibito per i ragazzi presenti.

Anche quest’anno la Provincia di Roma promuove e sostiene Volley Scuola –Trofeo Acea, il campionato di pallavolo che in questa edizione vede la partecipazione di 168 squadre maschili e femminili, in rappresentanza di quasi cento Istituti Scolastici Superiori di Roma e del territorio provinciale.

Le gare, quasi seicento nell’arco di tre mesi, si disputeranno dalla fine di febbraio alla fine di maggio.

"Il Mondiale di pallavolo – ha affermato il presidente Zingaretti – sarà uno straordinario evento e lo sarà ancora di più se qualcosa rimarrà fruibile a Roma per i cittadini. Lo sport, infatti, è un potente antidoto per strappare i ragazzi dall'emarginazione ed è nostro dovere fornire loro strutture sportive adeguate anche per combattere ogni fenomeno di devianza”.

“Lo sport – ha aggiunto Zingaretti – è un potente antidoto per strappare i ragazzi all'emarginazione e per combattere ogni forma di devianza. Per questo stiamo lavorando per realizzare il più possibile infrastrutture sportive per i giovani vista la carenza di servizi nel territorio di Roma e provincia''.

“Anche per i Mondiali di Volley metteremo a disposizione dei biglietti per gli studenti di Roma e provincia – ha dichiarato Patrizia Prestipino, Assessore alle Politiche dello Sport - perché avvicinare i giovani ai grandi eventi significa incentivare la pratica sportiva e condividere con loro i valori autentici che animano lo sport”.

Contrasto del fenomeno dell'usura: incontro in Regione tra istituzioni e associazioni


Contrasto del fenomeno dell'usura: incontro in Regione tra istituzioni e associazioni

Si è tenuto oggi, presso la sede della Regione Lazio, il primo "Workshop regionale sull'usura. Videoconferenza con gli operatori del settore per contrastare l'usura", organizzato dall'assessorato alle Politiche Sociali e delle Sicurezze della Regione Lazio.
"I fenomeni dell'usura e del sovraindebitamento delle famiglie - ha affermato l'assessore alle Politiche Sociali e delle Sicurezze Luigina Di Liegro - sono problemi particolarmente delicati che come istituzioni abbiamo il dovere di affrontare, prendendo in considerazione due livelli strettamente legati tra loro, quello della legalità e quello della solidarietà. Secondo gli ultimi dati, il Lazio, nella classifica delle Regioni in cui le famiglie rischiano di più il sovraindebitamento, figura addirittura al quarto posto dopo la Sicilia, la Campania e la Calabria. È per questa ragione che come Assessorato alle Politiche Sociali e delle Sicurezze della Regione Lazio abbiamo ritenuto indispensabile promuovere questo primo Workshop regionale sull'Usura, per favorire il dialogo tra i vari livelli di governo e il partenariato sociale, mettendo sullo stesso tavolo di lavoro le istituzioni e le associazioni, i Confidi e le Fondazioni presenti sul territorio, per dialogare e attivare sinergie che permettano di migliorare le azioni di contrasto all'usura."
Al dibattito ha preso parte anche il direttore regionale Enti Locali e Sicurezza, Prefetto Vincenzo Boncoraglio, che ha illustrato gli interventi di lotta all'usura messi in atto dalla Regione Lazio: "Il giro d'affari secondo autorevoli fonti si aggira intorno ai 130 miliardi di euro. Nel quinquennio 2005-2010 la Regione Lazio ha stanziato più di 18 milioni di euro per approntare una serie di strategie di contrasto e sostenere le persone vittime di usura e sovra indebitate, finanziando programmi di solidarietà in grado di ridurre le situazioni di disagio economico e sociale e cercando di riequilibrare l'economia familiare".
L'assessore Di Liegro ha spiegato che "oggi abbiamo voluto a questo tavolo di lavoro anche l'assessore al Bilancio, Programmazione economico-finanziaria e partecipazione Luigi Nieri, il presidente della Commissione Sicurezza e lotta alla legalità Luisa Laurelli, il consigliere regionale Fabrizio Cirilli, il presidente dell'Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità Enzo Ciconte, perché l'obiettivo dell'assessorato è quello di portare avanti una progettualità integrata, una sinergia tra i vari assessorati ed enti coinvolti.

PROMEMORIA 23 febbraio 1991 Guerra del Golfo: le truppe di terra attraversano il confine dell'Arabia Saudita ed entrano in Iraq


Guerra del Golfo: le truppe di terra attraversano il confine dell'Arabia Saudita ed entrano in Iraq.
La guerra del Golfo (2 agosto 1990 – 28 febbraio 1991),[1] detta anche prima guerra del Golfo in relazione alla cosiddetta seconda guerra del Golfo, è il conflitto che oppose l'Iraq ad una coalizione composta da 35 stati[2] formatasi sotto l'egida dell'ONU e guidata dagli Stati Uniti, che si proponeva di restaurare la sovranità del piccolo emirato del Kuwait, dopo che questo era stato invaso dall'Iraq.
Il 2 agosto del 1990 il ra‘īs (presidente) iracheno Saddam Hussein invase il vicino Stato del Kuwait in nome di un'antica ma infondata pretesa di Baghdad di recuperare un territorio che sarebbe stato iracheno, malgrado prima della nascita dell'Iraq sia l'Iraq sia il Kuwait fossero stati parte non perfettamente distinguibili amministrativamente dei più vasti domini del Sultanato ottomano e che, comunque, l'Iraq avesse riconosciuto l'indipendenza del piccolo Emirato del golfo Persico quando questo era stato ammesso alla Lega araba.
L'invasione provocò delle immediate sanzioni da parte dell'ONU che lanciò un ultimatum, imponendo il ritiro delle truppe irachene, la richiesta non conseguì risultati e il 17 gennaio 1991 iniziò la guerra nel Golfo, le operazioni di aria e di terra furono chiamate, dalle forze armate statunitensi, Operation Desert Storm motivo per cui spesso ci si riferisce alla guerra usando la locuzione "Tempesta nel deserto".
La prima guerra del Golfo fu anche un evento mediatico che segna uno spartiacque nella storia dei media. Fu infatti definita La prima guerra del villaggio globale e segna l'avvento dell' l'Era della CNN[3].

22 febbraio, 2010

Dalla Regione 3 milioni di euro ai malati per l'acquisto di alimenti aproteici


Dalla Regione 3 milioni di euro ai malati per l'acquisto di alimenti aproteici

La Giunta Regionale ha approvato, su proposta dell'assessore alle Politiche Sociali e delle Sicurezze Luigina Di Liegro e del vicepresidente Esterino Montino, una delibera che prevede lo stanziamento di 3 milioni di euro a favore dei pazienti con insufficienza renale cronica di stadio 4 e 5, non ancora in dialisi, per l'acquisto dei prodotti aproteici.
Il provvedimento prevede di dare ai pazienti un contributo mensile di 120 euro per gli adulti e di 160 euro per quelli di età inferiore ai 12 anni che assumono latte ipoproteico.
"Questa delibera - ha detto l'assessore Di Liegro - è una risposta dovuta di aiuto ai pazienti affetti da questa grave patologia ed è stata possibile anche grazie al lavoro di condivisione che la Regione Lazio ha promosso con il Collegio dei Nefrologi responsabili delle strutture pubbliche e dei Policlinici Universitari, di Federfarma Lazio e delle altre associazioni di farmacisti, e alla collaborazione di Cittadinanzattiva - Tribunale per i diritti del malato e dell'Associazione malati di reni."
"Si tratta di un atto doveroso nei confronti di una categoria di malati cronici a cui le istituzioni non devono mai dare la sensazione di essere lasciati soli - spiega il vicepresidente Montino - Con questo provvedimento quindi la Giunta Regionale mantiene l'impegno preso con i cittadini all'indomani del decreto n. U0076 del 23 novembre 2009 del Commissario per la sanità, che aveva determinato la sospensione dell'erogazione gratuita a carico del servizio sanitario regionale dei prodotti alimentari aproteici per pazienti con insufficienza renale cronica."

PROMEMORIA 22 febbraio 1980 Roma, Valerio Verbano, studente di 18 anni vicino agli ambienti dell'Autonomia Operaia, viene ucciso.


Roma, Valerio Verbano, studente di 18 anni vicino agli ambienti dell'Autonomia Operaia, viene ucciso con un colpo alla nuca da tre neofascisti che lo attendono a casa sua, dopo esservisi introdotti e aver immobilizzato i genitori.
Valerio Verbano (Roma, 25 febbraio 1961 – Roma, 22 febbraio 1980) è stato uno studente italiano, militante nel Collettivo autonomo Valmelaina del Liceo Scientifico Archimede, sezione D, situato nel quartiere romano di Nuovo Salario.

Biografia
Valerio Verbano inizia il suo impegno politico nel 1975 nel proprio liceo e la sua militanza è attiva, non risparmiandosi anche a rischio della sua incolumità fisica. Valerio pratica sport e da bambino inizia a frequentare gli impianti sportivi in cui pratica soprattutto le arti marziali tra cui il Jūdō e il karate. Come tutti i ragazzi divide la sua passione politica con altri interessi: la musica con i Beatles i Pink Floyd, e la AS Roma, sua squadra del cuore. Un altro dei suoi interessi è la fotografia, ed è proprio attraverso i suoi scatti che egli inizia a documentare gli avvenimenti politici dell'epoca e a redigere una personale inchiesta sui movimenti di estrema destra nella capitale.
Il 22 febbraio del 1980, alle 13,00, tre giovani armati e coperti da un passamontagna entrano in casa Verbano, al quarto piano di via Monte Bianco 114 nel quartiere Monte Sacro, dichiarando ai genitori del giovane di essere suoi amici; armati di pistole con silenziatore, dopo essere entrati immobilizzano i genitori nella loro camera ed attendono Valerio dicendo di voler parlare con lui. Valerio non è ancora tornato da scuola; alle 13,30 apre la porta di casa ed è subito assalito dai tre. Ne segue una colluttazione durante la quale Verbano riesce anche a disarmare uno dei tre assalitori; il ragazzo tenta di fuggire dalla finestra dell' appartamento ma è raggiunto da un colpo di pistola alla schiena che gli perfora l' intestino.

Le rivendicazioni
Il giorno stesso dell’omicidio, alle 20, arriva la prima rivendicazione siglata da una formazione di sinistra Gruppo Proletario Organizzato Armato; verso le 21 ne arriva una seconda a firma dei Nuclei Armati Rivoluzionari, avanguardia di fuoco NAR. Viene poi recapitato un volantino, verso le 12 del giorno dopo, sempre a nome NAR (comandi Thor, Balder e Tir), in cui non si parla chiaramente dell'omicidio ma in modo allusivo si fa riferimento al "martello di Thor che aveva colpito a Monte Sacro".
A Padova, dopo dieci giorni, un ulteriore volantino ancora a firma NAR smentisce il coinvolgimento del gruppo terroristico nel delitto Verbano. Gli inquirenti escludono la veridicità dell'ultimo volantino e confermano come rivendicazione più probabile la prima, telefonica, fatta dai NAR. Nella telefonata si fa riferimento al calibro 38 della pistola usata per l'assassinio, calibro effettivamente usato per l'agguato e ribadito in seguito dal bollettino ufficiale dell'autopsia del medico legale.

Dossier NAR
Valerio Verbano, seguendo una consuetudine diffusa nella sinistra extraparlamentare, aveva condotto indagini personali e redatto un fascicolo, poi detto Dossier NAR, nel quale aveva raccolto molte informazioni e documentazione fotografica sull'estremismo di destra romano (NAR, Terza Posizione ed ambienti affini), con molti nomi, foto, luoghi di riunione, amicizie politiche e presunti legami con gli apparati statali.
Il 20 aprile del 1979 Valerio Verbano viene arrestato con l'accusa di fabbricazione di materiale incendiario: la perquisizione della sua casa porta al sequestro, oltre che di un'arma da fuoco, anche del materiale d'inchiesta, come poi viene indicato anche nel verbale. Sempre nell'aprile del 1979, i documenti che erano stati sequestrati dalla polizia scompaiono dagli archivi; la scomparsa viene poi denunciata anche dagli avvocati della famiglia di Valerio il 26 febbraio 1980, che ne conoscevano il contenuto e l'elenco del materiale. Valerio viene condannato il 22 dicembre 1979.
Il 22 febbraio 1980 Valerio Verbano muore assassinato per mano degli stessi terroristi di cui aveva seguito con attenzione le gesta e le collusioni con la criminalità organizzata romana, tra cui anche la Banda della Magliana. La sparizione dei fascicoli redatti da Valerio viene definitivamente accertata quando, nell'ottobre del 1980, i genitori chiedono il dissequestro dei materiali, tra i quali manca appunto quello che viene definito "dossier NAR".
Dell'esistenza di questo "dossier" era a conoscenza anche un giudice che indagava sull'eversione nera, Mario Amato. La documentazione raccolta da Valerio, che era sparita prima della sua morte dall'ufficio corpi di reato, sarebbe ricomparsa tra le mani del Giudice Mario Amato che muore per mano dei NAR il 23 giugno 1980.

Indagini e dichiarazioni dei pentiti
Alcuni pentiti dell'estrema destra rilasciano dichiarazioni in merito all'omicidio Verbano. Nel 1981 Laura Lauricella, compagna di Egidio Giuliani, personaggio di spicco della destra romana con numerosi agganci anche negli ambienti di sinistra, nell’ambito dell'inchiesta sulla strage di Bologna, racconta di un silenziatore che Giuliani avrebbe dato all’assassino di Verbano. Lo scambio sarebbe avvenuto al poligono di Tor di Quinto a Roma, Giuliani avrebbe costruito quel silenziatore e lo avrebbe dato a Roberto Nistri, membro di Terza Posizione.
Nel 1982 Walter Sordi, ex Terza Posizione ed ex NAR, subito pentitosi dopo l'arresto, fa nuove rivelazioni sul delitto Verbano riportando le confidenze di un altro esponente dei NAR, Pasquale Belsito: "fu Belsito a dirmi che a suo avviso gli autori dell’omicidio Verbano erano da identificarsi nei fratelli Claudio e Stefano Bracci e in Massimo Carminati".
Angelo Izzo, autore nel 1975 del Massacro del Circeo e nel 2005 del duplice omicidio di Maria Carmela Linciano (49 anni) e Valentina Maiorano (14 anni), noto pentito che rilascia dichiarazioni su quasi tutti i fatti criminosi dell'estremismo di destra tra la metà degli anni '70 e i primi anni '80, riporta le confidenze di Luigi Ciavardini: "Luigi Ciavardini mi disse che l’omicidio era da far risalire a militanti di Terza Posizione, mi disse che il mandante era sicuramente Nanni De Angelis. Per quanto riguarda gli esecutori mi disse che sicuramente si trattava di componenti del gruppo capeggiati da Fabrizio Zani; solo un pasticcione come Zani poteva perdere la pistola durante la colluttazione con Verbano".
Tutte le precedenti dichiarazioni non trovano riscontri oggettivi e gli indiziati vengono tutti assolti, l'omicidio risulta quindi impunito.
Il 25 febbraio 2006 viene intitolata una via a Roma nel parco delle Valli, alla presenza del Sindaco Walter Veltroni[1]
Il 21 novembre 2009 è stata intitolata una via a Scampia (Napoli) a Valerio Verbano[2]

21 febbraio, 2010

PROMEMORIA 21 febbraio 1848 - Karl Marx e Friedrich Engels pubblicano il Manifesto del Partito Comunista


Karl Marx e Friedrich Engels pubblicano il Manifesto del Partito Comunista.
Il Manifesto del Partito Comunista fu scritto da Karl Marx e Friedrich Engels fra il 1847 e il 1848 e pubblicato a Londra il 21 febbraio del 1848. In Italia fu pubblicato per la prima volta nel 1891[1].

Contenuto
Il libro fu commissionato dalla Lega dei Comunisti per esprimere il loro progetto politico. Il libro si apre infatti con la famosa frase, seguita da una dichiarazione di intenti:
« Uno spettro si aggira per l'Europa - lo spettro del comunismo. [..] È ormai tempo che i comunisti espongano apertamente in faccia a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro fini, le loro tendenze, e che contrappongano alla favola dello spettro del comunismo un manifesto del partito stesso. »

Borghesi e proletari
Gli autori analizzano la storia fino ai loro giorni come storia di lotta di classe, evidenziando il carattere rivoluzionario della borghesia che ha portato alla rivoluzione industriale. La ricchezza della borghesia deriva però dallo sfruttamento di un'altra classe, il proletariato. Lo sfruttamento è assicurato attraverso lo Stato, visto come un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese[2]. Il proletariato, nato in seguito alla ascesa della borghesia, unitosi in classe, abbatterà dialetticamente la classe borghese. La storia infatti tende per necessità dialettica ad un superamento del presente: se si vorrà evitare la distruzione reciproca delle classi in lotta e l'imbarbarimento della società, il proletariato dovrà essere artefice del superamento del modo capitalista di produzione. In seguito ad una rivoluzione in cui il proletariato prenderà il potere politico, ci sarà una fase di transizione in cui si useranno i mezzi messi a disposizione dallo Stato per trasformare la società: ad uno Stato borghese si sostituirà uno Stato proletario, ad una dittatura della borghesia una dittatura del proletariato. Terminata questa fase di transizione si arriverà al comunismo, ovvero ad una società senza classi, in cui i mezzi di produzione sono comuni. Venuta a mancare la lotta di classe, sparirà anche il piano sul quale essa si sviluppava: lo Stato. Il potere pubblico, infatti, non è altro, per Marx ed Engels, che il potere di una classe organizzato per opprimerne un'altra[3].

Il progetto politico dei comunisti
Vengono proposti anche 10 punti, che si suppone siano applicabili da subito in tutti i paesi progrediti, a mo' di programma politico[4]:
Espropriazione della proprietà fondiaria ed impiego della rendita fondiaria per le spese dello Stato.
Imposta fortemente progressiva.
Abolizione del diritto di successione.
Confisca della proprietà di tutti gli emigrati e ribelli.
Accentramento del credito in mano dello Stato mediante una banca nazionale con capitale dello Stato e monopolio esclusivo.
Accentramento di tutti i mezzi di trasporto in mano allo Stato.
Moltiplicazione delle fabbriche nazionali, degli strumenti di produzione, dissodamento e miglioramento dei terreni secondo un piano collettivo.
Eguale obbligo di lavoro per tutti, costituzione di eserciti industriali, specialmente per l'agricoltura.
Unificazione dell'esercizio dell'agricoltura e dell'industria, misure atte ad eliminare gradualmente l'antagonismo fra città e campagna.
Istruzione pubblica e gratuita di tutti i fanciulli. Eliminazione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche nella sua forma attuale. Combinazione dell'istruzione con la produzione materiale e così via.

Critica del socialismo
Marx ed Engels passano poi ad analizzare tutti i progetti e le teorie socialiste precedenti. Individuano vari tipi di socialismo: un socialismo reazionario[5] (Sismondi), un socialismo conservatore o borghese[6] (Proudhon), un socialismo utopistico[7] (Saint-Simon, Fourier, Robert Owen). Essi riconoscono a questi interventi precedenti gli importanti meriti (specialmente al socialismo utopistico) di aver colto le contraddizioni del capitalismo e la lotta tra le classi e di aver delineato delle proposte di cambiamento della società, tuttavia ne criticano due aspetti: l'incapacità di schierarsi apertamente a favore del proletariato, cercando di rimanere sopra le parti; il non attribuire al proletariato un suo ruolo storico e una sua autonomia. Per contro propongono un socialismo scientifico, che si basi non su invenzioni o idee ma su fatti e che abbia come metodo la dialettica materialista.

Internazionalismo
Il testo si chiude con una visione delle varie lotte portate avanti dai comunisti nei vari paesi. Si ricorda però che al tempo stesso è necessario una stretta collaborazione tra i partiti dei vari paesi. Sono poste le basi dell'internazionalismo di matrice socialista: i proletari dei vari paesi hanno obiettivi comuni e quindi devono unirsi. Di qui il famoso appello (divenuto poi motto dell'Unione Sovietica):

20 febbraio, 2010

A Palazzo Valentini la mostra "Famiglie italiane"


A Palazzo Valentini la mostra "Famiglie italiane"

Una mostra fotografica che racconta la quotidianità delle famiglie italiane e rappresenta da vicino le diverse comunità che vivono sul nostro territorio.

L' esposizione dal titolo ' Famiglie italiane' è stata inaugurata a Palazzo Valentini dall' assessore provinciale alle Politiche culturali, Cecilia D' Elia e dall' autore Enrico Bartolucci. Presenti Laura Boldrini, portavoce in Italia dell' Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e Patrizio Gonnella, Presidente dell' Associazione Antigone.

La mostra raccoglie una serie di reportage fotografici incentrati sulla vita quotidiana di cinque famiglie di origine differente, tra cui una italiana, scelte tra le più numerose comunità immigrate nella provincia di Roma: Bangladesh, Romania, Filippine, ex Yugoslavia.

La mostra è promossa dall' assessorato alle politiche culturali della Provincia di Roma e realizzata a cura dell' Associazione Antigone Onlus. "Le migrazioni – ha spiegato l' assessore D' Elia – da anni conducono in Italia nuclei famigliari che costruiscono qui la loro vita. Gli abitanti delle nostre città ormai provengono da tutto il mondo. Sono proprio questi i cittadini che la mostra racconta da vicino".

L' esposizione rimarrà aperta al pubblico dal 17 febbraio al 2 marzo 2010, presso la Sala Egon Von Furstenberg di Palazzo Valentini dal lunedì al venerdì ore 10 - 19 e sabato ore 10 alle 13. Chiuso domenica e festivi.

'Il popolo dei Salvafiume racconta la Valle dell’Aniene'


'Il popolo dei Salvafiume racconta la Valle dell’Aniene'
Al calore del grande camino con l’arme dei duchi Salviati al piano nobile del Casale della Cervelletta, si è svolto l’evento finale del Progetto “Il popolo dei Salvafiume” con la premiazione del concorso fotografico “Il popolo dei Salvafiume racconta la Valle dell’Aniene”

Il progetto, realizzato con il contributo del Consiglio Regionale del Lazio nell’ambito del bando 2009 per l’assegnazione di contributi a favore di progetti territoriali di sviluppo sociale, culturale ed ambientale coerenti con la promozione dell’immagine istituzionale del Consiglio Regionale del Lazio, ha visto la partecipazione di 4 classi della scuola dell’obbligo e 10 partecipanti al concorso fotografico, per un totale di 23 opere ammesse al concorso.

Ad aprire la manifestazione una breve nota da parte del Presidente Beppe Taviani sull’Associazione Insieme per l’Aniene Onlus, seguita dai saluti dell’Ente espressi da Paolo Menichetti, Consigliere dell’Ente Regionale Romanatura, mentre la dott.ssa Fioramonti, della Cooperativa Ecorisorse introduceva attraverso una presentazione digitale il filo conduttore del progetto.

mostra fotografica.

Nel finale la giuria composta da Massimo Ciampa (Presidente Ass. Officine Fotografiche), Cristian Arcidiacono (Associazione Insieme per l’Aniene Onlus), Marzio Rotili (Ass. Amici dei Monti Ruffi) e Stefano Cresta (Presidente RomaNatura) ha giudicato vincitori:

Annalisa Scacchi con “Il risveglio" - scattata alle 8 di mattino del 9 gennaio 2010. La foto 1^ Classificata ha suscitatonegli intervenuti una profonda emozione.

Federica Bernardi con "Fioriture che si affacciano sulla piena dell'Aniene e i rifiuti lasciati dal fiume"; la foto – 2^ Classificata, è stata scattata nel maggio 2008 nella Riserva Naturale della Valle dell'Aniene in Roma.
Angelo Proietti Spila con "La cascata" ripresa al Laghetto di San Benedetto, Subiaco l’11 gennaio 2010 – 3^ classificata.
I vincitori sono stati premiati con una macchina fotografica digitale compatta, uno zaino per fotografi ed un libro fotografico.

Casa: sbloccati 500 milioni di euro per mutui agevolati


Casa: sbloccati 500 milioni di euro per mutui agevolati

La Regione vara il "mutuo sostenibile", un provvedimento che aumenta le possibilità di accedere a una casa e cambia l'approccio nei confronti dell'edilizia agevolata. Non verranno più erogati agli aventi diritto 15mila euro a fondo perduto per l'acquisto di un appartamento, come si faceva finora, ma verrà concesso un mutuo agevolato di 100mila euro all'1% di interesse.

La Giunta Regionale del Lazio ha approvato una delibera, proposta dall'assessore alle politiche della Casa Mario Di Carlo, che aumenta le possibilità di accesso all'alloggio: in sostanza la Regione non erogherà più agli aventi diritto i 15mila euro a fondo perduto per l'acquisto di un appartamento, come ha fatto fino ad ora, ma concederà un mutuo agevolato di 100 mila euro all'1% d'interesse
Il provvedimento è destinato a persone con un limite di reddito di 47mila euro lordi l'anno e prevede un "mutuo a canone sostenibile".
Il provvedimento prende origine nel 2004, con il bando regionale 355 che prevedeva una graduatoria di 5.700 famiglie che avevano diritto ad una casa di edilizia agevolata. Il bando, però, non era mai stato finalizzato: "Poiché si trattava di un programma straordinario di edilizia residenziale pubblica per gli affitti - ha spiegato il vicepresidente Esterino Montino - le banche, pur con il contributo da parte delle Regione per l'abbassamento del tasso d'interesse, non erogavano i finanziamenti agli imprenditori o alle cooperative poiché non potevano accendere l'ipoteca sull'immobile. E tutto si fermava davanti a questo ostacolo. Ora l'abbiamo superato".
Il bando, oggi, mette in programma 4.500 nuove case in affitto permanente, oltre a 10.500 alloggi in edilizia agevolata a Roma, e 6.000 nel resto del Lazio. "Ho fatto di tutto per sboccarlo - ha detto l'assessore Mario Di Carlo - non accettavo che il sistema creditizio si rifiutasse di erogare i fondi per la costruzione di queste case"; per far ripartire il bando si è introdotta al suo interno la possibilità di riscatto per gli inquilini, una forma intermedia tra affitto e proprietà: chi lo desidera può acquistare l'immobile che gli viene assegnato, chi non vuole rimane in affitto.
In caso di mancato acquisto, "al suo posto acquista la Regione attraverso l'Ater - spiega ancora Di Carlo - e questo consente alle banche di avere tutte le garanzie per erogare i mutui ai costruttori i quali, una volta realizzate le case, non sono legati a questo investimento per trent'anni perché devono ricevere gli affitti ma incassano il pagamento totale e possono investire altrove».
Il meccanismo prevede che attraverso Sviluppo Lazio vengano attivate le garanzie verso gli istituti di credito che erogano il mutuo per la costruzione degli alloggi. La Regione garantisce le banche per gli inquilini, prima affittuari poi potenziali acquirenti, e questo sblocca il fondo di 500 milioni di euro stanziati.

PROMEMORIA 20 febbraio 1909 - Filippo Tommaso Marinetti pubblica su Le Figaro il Manifesto del futurismo


Filippo Tommaso Marinetti pubblica su Le Figaro il Manifesto del futurismo.
Il Manifesto del Futurismo (vedi testo in Letteratura futurista) fu scritto da Filippo Tommaso Marinetti e rilasciato in forma declamatoria per fornire una raccolta concisa di pensieri, convinzioni e intenzioni dei Futuristi allo scadere del 1908.
Il Manifesto fu pubblicato in Italia all'inizio di febbraio 1909 da diversi quotidiani, la Gazzetta dell'Emilia di Bologna il 5 febbraio, la Gazzetta di Mantova l'8 febbraio[1] e l'Arena di Verona, il 9 febbraio 1909, alle pagine 1 e 2[2].
Quando il testo fu pubblicato su Le Figaro di Parigi il 20 febbraio 1909, il Manifesto raggiunse una fama internazionale.
Manifesto del Futurismo
Le Figaro - 20 febbraio 1909
Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.
Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un'automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo...un'automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.
Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.
Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.
Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei liberatori, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.
Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le marce multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta. È dall'Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.
Filippo Tommaso Marinetti
Può essere interessante leggere questo testo perché, nella sintesi degli articoli, permette una comprensione più nitida dell'evoluzione culturale in Italia all'inizio del XX secolo, che avrebbe, nel giro di pochi anni, contribuito al successo del Fascismo.
Le relazioni tra Futurismo e Fascismo non sono generalmente ammesse, ma la violenza estrema di questo manifesto può aiutare a spiegare perché il Fascismo ebbe l'opportunità di usare con successo il suo stile ed il suo aspetto tipicamente nazionalista.
Ciò che fu il limite della letteratura italiana alla fine dell'Ottocento, la sua mancanza di contenuti forti, il suo quieto e passivo laissez faire, venne immediatamente combattuto dai Futuristi (vedi art. 1, 2, 3) e la loro reazione comprese l'uso dell'eccesso, che provò l'esistenza di una sopravvissuta e dinamica classe intellettuale italiana.
Nel periodo in cui l'industria cresceva d'importanza in tutta Europa, i Futuristi sentivano il bisogno di confermare che l'Italia è presente, ha un'industria, ha il potere di prendere parte a questa nuova esperienza, saprà trovare l'essenza superiore del progresso, attraverso i suoi simboli: l'automobile e la sua velocità (vedi art. 4).
Inoltre, i Futuristi confermarono che la letteratura non sarebbe stata sorpassata dal progresso. Avrebbe assorbito il progresso nella sua evoluzione e avrebbe dimostrato che il progresso era quello che era perché l'Uomo lo avrebbe usato per lasciar esplodere sinceramente la sua natura, che è fatta di istinto. L'Uomo reagisce contro la forza potenzialmente soverchiante del progresso, e grida forte la sua centralità. L'Uomo userà la velocità, non il contrario (vedi art. 5 e 6).
La poesia, la voce dello spirito, aiuterà l'Uomo nel permettere alla sua anima di essere parte di tutto questo (vedi art. 6 e 7), indicando un nuovo concetto di bellezza che si rifarà all'istinto umano per la lotta.
Il senso della storia non può essere lasciato da parte: questo è un momento speciale, molte cose stanno per cambiare in nuove forme e nuovi contenuti, ma l'Uomo sarà in grado di passare attraverso questi cambiamenti, (vedi art. 8) portando con se ciò che gli deriva dall'inizio della civilizzazione.
Uno degli articoli più particolari è l'articolo 9, nel quale la guerra viene definita come una specie di bisogno per lo spirito umano, una purificazione che permette e favorisce l'idealismo. Alcuni hanno detto che questa definizione data dai Futuristi avrà in seguito influenzato i movimenti di massa che pochi anni dopo daranno consistenza al totalitarismo, principalmente in Italia, Germania e, in forma differente, in Russia.
La pesante provocazione inclusa nell'articolo 10 è una logica conseguenza di tutto quanto detto sopra.
Si deve notare che questo manifesto apparve molto prima che avvenisse uno qualsiasi dei fatti dirompenti del XX secolo che immediatamente vengono richiamati alla memoria come potenziale significato concreto di questo testo. E molti di essi non potevano neanche essere immaginati. La Rivoluzione Russa è la prima di queste rivoluzioni "descritte" dall'articolo 11, ma che avvenne diversi anni dopo.

19 febbraio, 2010

Banca della Memoria della Provincia di Roma


Banca della Memoria della Provincia di Roma

Il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, il delegato alla Storia e alla Memoria, Umberto Gentiloni, la presidente dell’associazione ‘La Scatola Chiara’, Angela Cannizzaro, e Luca Novarino di ‘Memoro’ hanno presentato la ‘Banca della Memoria della Provincia di Roma’, un’iniziativa creata per raccogliere esperienze e racconti di vita delle persone nate prima del 1940.

L’Amministrazione provinciale ha scelto il mezzo video perché restituisce senza troppe mediazioni il racconto: la voce, i volti, le espressioni sono parte imprescindibile di una persona e dei suoi racconti. La diffusione dei filmati realizzati è Internet, proprio per avvicinare maggiormente i giovani, maggiori destinatari del progetto.

Nella prima fase sono stati svolti seminari con i ragazzi di sette Istituti superiori del territorio (sia della Capitale che dei Comuni di Anzio, Civitavecchia, Colleferro, Monterotondo e Tivoli), che, a loro volta, hanno raccolto molte altre interviste: questo ha rappresentato un modo di far crescere il progetto con un criterio di moltiplicazione del coinvolgimento. Sono stati realizzati, così, 170 video, realizzati da 50 studenti.

I racconti, grazie al lavoro dei ragazzi, sono usciti dalle mura domestiche di 40 anziani per diventare patrimonio di tutta la collettività, un archivio di racconti dei ‘nonni’ della provincia di Roma. Intervistando donne e uomini comuni, che hanno narrano semplici “storie d’altri tempi”, ricordi di tradizioni familiari ormai in disuso o i giochi dell’epoca, sono emerse testimonianze di chi ha vissuto in prima persona fasi o eventi fondamentali della storia del nostro Paese.

Da tutte le interviste, che in totale coprono un tempo complessivo di circa 19 ore, è stato realizzato un DVD della durata di circa 110 minuti che si apre con la testimonianza di Gianpaolo che ha vissuto lo sbarco di Anzio e si chiude con la testimonianza di Piero Terracina.

I filmati tratti dalle interviste sono disponibili agli indirizzi internet www.memoro.org/it o www.provincia.roma.it/bancadellamemoria, nuovo percorso tematico ‘Storia e Memoria’ nel sito della Provincia di Roma o sul canale www.youtube.com/bancamemoriaprovroma

PROMEMORIA 19 febbraio 1878 - Thomas Edison ottiene il brevetto per il fonografo


Thomas Edison ottiene il brevetto per il fonografo.
Il fonografo è uno dei primissimi strumenti pensati per poter registrare e riprodurre il suono, progettato da Thomas Edison, l'inventore della lampadina.

Storia del Fonografo
Circa trent'anni dopo l'invenzione del telegrafo, Edison era riuscito nel 1877 a realizzare un ripetitore telegrafico in grado di incidere i punti e le linee del codice morse, su un disco, disegnando una traccia a spirale con una piccola punta, in modo che uno stesso messaggio potesse essere ripetuto più volte senza l'intervento dell'operatore. Il 17 luglio dello stesso anno egli si accorse che se il disco ruotava ad una velocità sufficientemente alta, la puntina emetteva vibrazioni che ricordavano il timbro della voce umana. Fu l'idea che fece accendere nell'inventore il desiderio di applicare un principio simile per poter registrare la voce umana.
In precedenza già Édouard-Léon Scott de Martinville era riuscito a registrare la voce umana su fogli di carta anneriti[1][2] fin dal 9 aprile 1860, anche se altre registrazioni dello stesso è probabile risalissero al 1853. Ma si trattava di uno strumento (formato da un corno e uno stilo) in grado solo di registrare ma non di riprodurre: forse ideato con il solo scopo di archiviazione.

Il primo prototipo
Edison annunciò l'invenzione del fonografo il 21 novembre. Il primo schizzo del Fonografo apparso sui diari di Edison risale al 12 agosto 1877 e il 6 dicembre dello stesso anno ne diede una dimostrazione pratica ai propri collaboratori.
Essi si trovavano di fronte ad un oggetto costituito da un rullo di ottone (cilindro fonografico) di circa 10 cm di diametro e di lunghezza, sostenuto da un asse filettato. Sul cilindro era tracciato un solco a spirale di 2,5 mm di larghezza e la superficie del cilindro era ricoperta da un foglio di stagnola. Durante la registrazione, il cilindro ruotava e la stagnola veniva sfiorata dalla puntina collegata alla membrana vibrante. La puntina, seguendo le oscillazioni della membrana, incideva una traccia profonda nella stagnola che, tesa sopra al solco, poteva cedere sotto la pressione. Per la riproduzione, il processo sarebbe stato inverso, con l'unica differenza che in questo caso veniva utilizzata una seconda membrana, molto più elastica, posta all'altra estremtià dell'apparecchio. Il solco nella stagnola con le sue variazioni di profondità, faceva vibrare la membrana restituendo il suono registrato. Il funzionamento era quindi alternativamente di registratore o riproduttore.
Per nulla scoraggiato dallo scetticismo dei collaboratori, Edison iniziò così a girare la manovella che metteva in moto il sistema e parlando in direzione del diaframma pronunciò la seguente frase: "Mary had a little lamb" ("Mary aveva un agnellino"). Una volta riportato il cilindro al punto di partenza, sistemò l'ago sulla seconda membrana nel solco impresso nella stagnola dalla prima, riprese a girare la manovella e il fonografo ripeté un suono vagamente simile alla frase pronunciata poco prima. La qualità era pessima, ma le basi erano state poste.

Sfruttare il mercato esistente
Il 19 febbraio 1878 Edison ottenne il brevetto della propria invenzione e insieme ad alcuni finanziatori creò la "Edison Speaking Phonograph Company", non per vendere le macchine direttamente al pubblico, ma per installarle nelle fiere di paese e nei luna park, dove il pubblico avrebbe potuto farle funzionare utilizzando dei gettoni. Questa scelta fu fatta alla luce della necessità di migliorare ancora molto la qualità della registrazione prima che questa potesse diventare realmente utile per gli uffici per i quali Edison l'aveva pensata. In questo modo si poteva cominciare a sfruttare la curiosità creata dalla novità e cominciare a diffondere una certa conoscenza delle possibilità della nuova invenzione.
Edison intravedeva per il Fonografo un futuro, non tanto per la registrazione della musica, ma soprattutto per la dettatura di lettere negli uffici, la creazione di libri per non vedenti e l'insegnamento della dizione. Addirittura, senza saperlo, aveva ipotizzato la prima segreteria telefonica, di seguito un suo pensiero: "Un abbonato del telefono può installare su un apparecchio un Fonografo che, a ogni chiamata, comunicherà all'ufficio centrale che è uscito, e che sarà di ritorno ad una certa ora. Allo stesso modo un abbonato, chiamandone un altro e non trovandolo a casa, potrà fare la sua comunicazione e registrarla sul Fonografo della persona chiamata".
Questo indirizzamento prettamente "professionale" del Fonografo era giustificato dal fatto che Edison contava sull'esistenza di migliaia di uffici a cui la propria invenzione avrebbe permesso di aumentare i profitti riducendo i tempi necessari a compiere alcune operazioni. La registrazione di musica, al contrario, sarebbe stato un mercato totalmente nuovo ed Edison, che pochi anni prima era rimasto "scottato" dall'insuccesso ottenuto dal suo innovativo sistema di voto elettronico, non era più disposto a rischiare puntando risorse su un mondo sconosciuto.

18 febbraio, 2010

Telemomò oggi presso La Biblioteca Vaccheria Nardi.


Oggi alle ore 21 presso la Biblioteca Vaccheria Nardi in via Grotte di Gregna,27 si svolgerà lo spettacolo Telemomò di e con Andrea Cosentino, musiche in scena di Lucio Leoni e Bernardo Nardini.
TI INVITO A PARTECIPARE.. E’ PREFERIBILE EFFETTUARE LA PRENOTAZIONE.
L’INGRESSO ALLO SPETTACOLO E’ GRATUITO

PROMEMORIA 18 febbraio 1943 - I Nazisti arrestano i membri del movimento della Rosa Bianca


I Nazisti arrestano i membri del movimento della Rosa Bianca.
La Rosa Bianca (in lingua tedesca: Die Weiße Rose) è stato un gruppo di studenti cristiani che si opposero in modo nonviolento al regime della Germania nazista. La Rosa Bianca fu attiva dal giugno 1942 al febbraio 1943, quando i principali componenti del gruppo vennero arrestati, processati e condannati a morte mediante decapitazione.

Storia
« Uno spirito forte, un cuore tenero »
(motto ideato da Sophie Scholl)
Operativo a Monaco di Baviera, il gruppo pubblicò sei opuscoli, che chiamavano i tedeschi a ingaggiare la resistenza passiva contro il regime nazista. Un settimo opuscolo, che potrebbe essere stato preparato, non venne mai distribuito perché il gruppo cadde nelle mani della Gestapo.
Il gruppo era composto da cinque studenti: Hans Scholl, sua sorella Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf, tutti poco più che ventenni. Ad essi si unì un professore, Kurt Huber, che stese gli ultimi due opuscoli.
Sebbene i membri della Rosa Bianca fossero tutti studenti all' Università Ludwig Maximilian di Monaco, gli uomini avevano anche partecipato alla guerra sul fronte francese e su quello russo, dove furono testimoni delle atrocità commesse contro gli ebrei e sentirono che il rovesciamento delle sorti che la Wehrmacht soffrì a Stalingrado avrebbe alla fine portato alla sconfitta della Germania.
Essi rigettavano la violenza della Germania nazista di Adolf Hitler e credevano in un'Europa federale che aderisse ai principi cristiani di tolleranza e giustizia. Citando estensivamente la Bibbia, Lao Tzu, Aristotele e Novalis, così come Goethe e Schiller, si appellarono a quella che consideravano l'intellighenzia tedesca, credendo che si sarebbe intrinsecamente opposta al Nazismo.
In un primo momento, gli opuscoli vennero spediti in massa verso differenti città della Baviera e dell'Austria, poiché i membri ritenevano che la Germania meridionale fosse più ricettiva nei confronti del loro messaggio antimilitarista.
A seguito di un lungo periodo di inattività, dopo il luglio 1942, la Rosa Bianca prese una posizione più vigorosa contro Hitler nel febbraio 1943, distribuendo gli ultimi due opuscoli e dipingendo slogan anti-hitleriani sui muri di Monaco, e addirittura sui cancelli dell'università. Lo spostamento delle loro posizioni risulta ovvio dalla lettura dell'intestazione dei loro nuovi opuscoli, sui quali si leggeva "Il movimento di resistenza in Germania".

Il sesto opuscolo venne distribuito nell'università il 18 febbraio 1943, in coincidenza con la fine delle lezioni. Quasi tutti i volantini vennero distribuiti in luoghi frequentati, Sophie Scholl prese la coraggiosa decisione di salire in cima alle scale dell'atrio e lanciare da lì gli ultimi volantini sugli studenti sottostanti. Venne individuata da un inserviente che era anche membro del partito nazista ed arrestata assieme al fratello. Gli altri membri attivi vennero subito fermati e il gruppo, assieme a tutti quelli a loro associati, venne sottoposto a interrogatorio da parte della Gestapo. Gli Scholl si assunsero immediatamente la piena responsabilità degli scritti sperando, invano, di proteggere i rimanenti membri del circolo; i funzionari della Gestapo che li interrogarono rimasero stupiti per il coraggio e la determinazione dei due giovani. La Gestapo torturò Sophie Scholl per quattro giorni, dal 18 al 21 febbraio 1943.[1]

I fratelli Scholl e Probst furono i primi ad affrontare il processo, il 22 febbraio 1943 presso il Volksgerichtshof («tribunale del Popolo»), un tribunale politico speciale presieduto da Roland Freisler. Nel corso di un breve dibattimento, durato cinque ore, furono reputati colpevoli e ghigliottinati il giorno stesso. Le motivazioni della sentenza furono le seguenti:
« Gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al sabotaggio dello sforzo bellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il Führer in modo assai volgare, prestando così aiuto al nemico del Reich e indebolendo la sicurezza armata della nazione. Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte.[2] »

Gli altri membri chiave del gruppo, processati il 19 aprile 1943, furono anch'essi trovati colpevoli e decapitati nei mesi successivi. Amici e colleghi della Rosa Bianca, che aiutarono nella preparazione e distribuzione degli opuscoli e raccolsero fondi per la vedova e il giovane figlio di Probst, vennero condannati al carcere con una pena oscillante tra i sei mesi e i dieci anni. Nel complesso a Monaco e Amburgo furono condannati a morte quindici appartenenti al gruppo e trentotto alla carcerazione. Questi ultimi alla fine della guerra furono liberati dalle truppe americane. Durante il nazismo il Volksgerichtshof da solo condannò a morte cinquemilatrecento persone.[1]

Influenza culturale e politica
Con la caduta del regime nazista, la Rosa Bianca divenne una rappresentazione della forma più pura di opposizione alla tirannia, senza interesse per il potere personale o l'autocelebrazione. La loro vicenda divenne così popolare che il compositore Carl Orff (che era rimasto in Germania durante la guerra) sostenne, per fugare da sé i sospetti di collusione con il regime nazista di fronte agli alleati che lo interrogavano, di essere stato uno dei fondatori della Rosa Bianca e venne rilasciato. Benché fosse personalmente in contatto con Huber, non ci sono prove che Orff fosse stato in alcun modo coinvolto nel movimento e probabilmente fece quella dichiarazione per sfuggire alla carcerazione.
La piazza dove è ubicato l'atrio principale dell'Università Ludwig-Maximilian di Monaco è stata battezzata "Geschwister-Scholl-Platz" (piazza fratelli Scholl) in onore di Hans e Sophie Scholl.
La fondazione "Weisse Rose" è stata costituita nel 1986 a Monaco di Baviera da componenti e superstiti del gruppo e da parenti e amici dei membri giustiziati, con lo scopo di promuovere la conoscenza storica e culturale del movimento di resistenza antinazista.
Nel 2005 è stato prodotto in Germania un film che narra gli accadimenti finali della vicenda dei partecipanti all'organizzazione clandestina, intitolato La Rosa Bianca - Sophie Scholl.
Alla Rosa Bianca è anche intitolato l'istituto di istruzione superiore di Cavalese in Trentino-Alto Adige. Il nome è stato inoltre utilizzato da alcuni movimenti culturali e politici.

17 febbraio, 2010

La Provincia di Roma premia e finanzia le idee dei piccoli Comuni


La Provincia di Roma premia e finanzia le idee dei piccoli Comuni

Diciannove progetti per valorizzare i piccoli comuni con meno di 5000 abitanti del territorio romano sono stati premiati dal presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti e dal direttore di Legambiente Lazio, Cristiana Avenali

La cerimonia di premiazione si è svolta ieri mattina presso Villa Celimontana.
I progetti, volti alla salvaguardia delle tradizioni, del paesaggio e dell’ambiente e alla diffusione delle nuove tecnologie, hanno partecipato alla quarta edizione del ‘Bando delle idee per i piccoli Comuni’ della Provincia di Roma, ideato da Legambiente Lazio; le idee vincenti saranno finanziate dalla Provincia che quest' anno ha stanziato 250mila euro.

Tra i progetti vincitori la realizzazione di un apiario a Sant’Oreste sul Monte Soratte, il recupero di sentieri e la realizzazione di cartellonistica a Colonna, Riofreddo, Bellegra, Affile e Nazzano, la catalogazione delle erbe spontanee e aromatiche nel Museo della Canapa di Pisoniano, la realizzazione di laboratori sulla pasta fresca tipica di Gavignano e gli studi sui consumi energetici nei comuni della Comunità montana dei Monti Lepini.
"Bisogna ripartire dal territorio - ha affermato il presidente Zingaretti - e questo bando può creare posti di lavoro e rimettere in moto l'economia. Il prossimo anno sarà ancora finanziato sicuramente e troveremo ulteriori fondi".

“Il valore di questo bando - ha proseguito Zingaretti - si comprende scorrendo la lista dei comuni vincenti. Dietro di esso c’è la vita, la passione di tante comunità locali che ripensano al loro territorio. Rivalorizzare il patrimonio artistico, enogastronomico e culturale del nostro territorio deve servire per un nuovo modello di sviluppo economico''.

Il presidente Zingaretti nell’occasione ha anche parlato di un portale per valorizzare il territorio della Provincia di Roma, che rappresenterà anche uno strumento dove i Comuni potranno mettersi in mostra. “Lo presenteremo prima dell’estate - ha detto Zingaretti - e si chiamerà ‘Roma e più. La provincia delle meraviglie'. Sarà un sito internet che servirà a valorizzare questo territorio, un vero e proprio portale che ospiterà un calendario degli eventi ma anche una vetrina dove i comuni potranno farsi conoscere”.

“Si tratta di una grande iniziativa di marketing territoriale – ha concluso Zingaretti – che si unisce al lavoro di infrastrutture che la Provincia sta facendo. I romani fanno come i canguri e saltano in Umbria e Toscana. Non che non siano liberi di farlo, ma noi cercheremo di farli rimanere qui nel nostro territorio”.

PROMEMORIA 17 febbraio 1992 - A Milano il socialista Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, viene arrestato.


A Milano il socialista Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, viene arrestato dopo aver incassato una tangente di 7 miliardi da un'impresa di pulizia in cambio della concessione di un appalto. Comincia l'inchiesta Mani pulite.
Con l'espressione Mani pulite è stata designata dai media un'indagine giudiziaria condotta a livello nazionale in Italia durante gli anni novanta. Dalle indagini emerse una sconvolgente diffusione della corruzione, della concussione e del finanziamento illecito ai partiti ai livelli più alti del mondo politico e finanziario italiano detta Tangentopoli. Furono coinvolti ministri, deputati, senatori, imprenditori, perfino ex presidenti del Consiglio.

Le inchieste furono inizialmente condotte da un pool della Procura della Repubblica di Milano (formato dai magistrati Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo, Francesco Greco, Gherardo Colombo, Ilda Boccassini e guidato dal procuratore capo Francesco Saverio Borrelli e dal suo vice Gerardo D'Ambrosio) e allargate a tutto il territorio nazionale, diedero vita ad una grande indignazione dell'opinione pubblica e di fatto rivoluzionarono la scena politica italiana. Partiti storici come la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Italiano, il PSDI, il PLI, il PRI sparirono o furono fortemente ridimensionati, tanto da far parlare di un passaggio ad una Seconda Repubblica.

1992: la scoperta di Tangentopoli
« Tutto era cominciato un mattino d'inverno, il 17 febbraio 1992, quando, con un mandato d'arresto, una vettura dal lampeggiante azzurro si era fermata al Pio Albergo Trivulzio e prelevava il presidente, l'ingegner Mario Chiesa, esponente del Partito Socialista Italiano con l'ambizione di diventare sindaco di Milano. Lo pescano mentre ha appena intascato una bustarella di sette milioni, la metà del pattuito, dal proprietario di una piccola azienda di pulizie che, come altri fornitori, deve versare il suo obolo, il 10 per cento dell'appalto che in quel caso ammontava a 140 milioni. »
(Enzo Biagi, Era ieri)

Tangentopoli cominciò il 17 febbraio 1992. Il pubblico ministero Antonio Di Pietro chiese ed ottenne dal GIP Italo Ghitti un ordine di cattura per l'ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di primo piano del PSI milanese.

Chiesa era stato colto in flagrante mentre intascava una tangente dall'imprenditore monzese Luca Magni che, stanco di pagare, aveva chiesto aiuto alle forze dell'ordine. Magni, d'accordo coi carabinieri e con Di Pietro, fece ingresso alle 17,30 nell'ufficio di Mario Chiesa, portando con sé 7 milioni di lire, corrispondenti alla metà di una tangente richiestagli da quest'ultimo; l'appalto ottenuto dall'azienda di Magni era infatti di 140 milioni e Chiesa aveva preteso per sé il 10%, quindi una tangente da 14 milioni. Magni aveva un microfono e una telecamera nascosti e, appena Chiesa ripose i soldi in un cassetto della scrivania, dicendosi disponibile a "rateizzare" la transazione, nella stanza irruppero i militari, che notificarono l'arresto. Chiesa, a quel punto, afferrò il frutto di un'altra tangente, stavolta di 37 milioni, e si rifugiò nel bagno attiguo, dove tentò di liberarsi del maltolto buttando le banconote nel water; ma invano.[1]

La notizia fece scalpore e finì sulle prime pagine dei quotidiani e dei telegiornali. Bettino Craxi, leader dello stesso PSI, con l'obiettivo di ritornare alla presidenza del Consiglio, dopo le elezioni politiche di primavera, negò, intervistato dal Tg3, l'esistenza della corruzione a livello nazionale, definendo Mario Chiesa un mariuolo isolato, una "scheggia impazzita" dell'altrimenti integro Partito Socialista che "in cinquant'anni di amministrazione a Milano, non aveva mai avuto un solo politico inquisito per quei reati".