02 giugno, 2010

PROMEMORIA 2 giugno 1946 - Con un referendum istituzionale gli italiani decidono di trasformare l'Italia da monarchia a repubblica


Con un referendum istituzionale gli italiani decidono di trasformare l'Italia da monarchia a repubblica (12.717.923 voti contro 10.719.284). Dopo questo referendum il Re d'Italia Umberto II di Savoia viene esiliato.

La Repubblica Italiana nacque il 18 giugno 1946 a seguito dei risultati del referendum istituzionale del 2 giugno precedente, indetto per determinare la forma dello stato dopo il termine della seconda guerra mondiale.

Storia
Fino al 1946 l'Italia era una monarchia costituzionale basata sullo Statuto albertino: il vertice dello Stato si configurava come un organo denominato Corona, il cui titolare aveva il titolo di Re d'Italia. La titolarità della Corona si trasmetteva ereditariamente in maniera conforme alle leggi di successione. Nel 1946 l'Italia divenne una repubblica e fu, poco dopo, dotata di un'Assemblea costituente al fine di munirla di una costituzione avente valore di legge suprema dello stato repubblicano, onde sostituire lo Statuto albertino sino ad allora vigente.
Si trattò di un passaggio di evidente importanza per la storia dell'Italia contemporanea dopo il ventennio fascista ed il coinvolgimento nella guerra. La transizione si svolse in un clima di esasperata tensione e rappresenta un controverso momento della storia nazionale assai ricco di eventi, cause, effetti e conseguenze, che è stato anche considerato una rivoluzione pacifica dalla quale si produsse una forma di stato poco differente dall'attuale.
La nascita della repubblica fu accompagnata da polemiche di una certa consistenza circa la regolarità del referendum che la sancì. Sospetti di brogli elettorali e di altre azioni "di disturbo" della consultazione popolare tuttora non sono stati completamente fugati dagli storici e costituiscono oggetto di rivendicazioni da parte dei sostenitori della causa monarchica.
Il 2 giugno 1946, insieme alla scelta sulla forma dello Stato, i cittadini italiani (comprese le donne, che votavano per la prima volta) elessero anche i componenti dell'Assemblea costituente che doveva redigere la nuova carta costituzionale.

Il referendum
Il decreto luogotenenziale n° 151 del 25 giugno 1944, emanato durante il governo Bonomi, tradusse in norma l'accordo che, al termine della guerra, fosse indetta una consultazione fra tutta la popolazione per scegliere la forma dello Stato ed eleggere un'assemblea costituente.
L'attuazione del decreto dovette attendere che la situazione interna italiana si consolidasse e chiarisse: nell'aprile 1945 (fine della guerra) l'Italia era un paese sconfitto, occupato da truppe straniere, possedeva un governo che aveva ottenuto la definizione di cobelligerante ed una parte della popolazione aveva contribuito a liberare il paese dall'occupazione tedesca. Solo nella primavera dell'anno successivo fu possibile accelerare l'attuazione del decreto sul referendum.
La campagna elettorale fu contrassegnata da incidenti e polemiche, soprattutto al nord, dove i monarchici ebbero a scontrarsi sia con i repubblicani che con i "repubblichini" appena sconfitti. Allo scopo di garantire l'ordine pubblico venne creato, a cura del Ministero dell'Interno diretto dal socialista Giuseppe Romita, un corpo accessorio di Polizia Ausiliaria che ebbe discutibili forme di arruolamento (per lo più discrezionali) e che venne accusato dai monarchici di aver favorito apertamente la causa repubblicana.
Il 16 marzo 1946 il principe Umberto decretò, come previsto dall'accordo del 1944, che la forma istituzionale dello Stato sarebbe stata decisa mediante referendum da indirsi contemporaneamente alle elezioni per l'Assemblea Costituente. Il decreto per l'indizione del referendum recitava, in una sua parte: "... qualora la maggioranza degli elettori votanti si pronunci... ", frase che poteva lasciar intendere che esisteva anche la possibilità che nessuna delle due forme istituzionali proposte (monarchia o repubblica) raggiungesse la maggioranza degli elettori votanti. L'ambiguità di questa espressione, che sarà causa di accesi dibattiti e contestazioni postreferendarie, consistette nella definizione della maggioranza.
Letteralmente, secondo il decreto di indizione del referendum, la forma istituzionale vincitrice avrebbe dovuto aggiudicarsi la maggioranza degli elettori votanti [5], ossia la maggioranza dei consensi nella somma dei voti a monarchia, repubblica, schede bianche e schede nulle, mentre un'eventuale maggioranza dei voti validi, non prevista dal decreto di indizione, avrebbe in caso dovuto intendere la maggioranza dei consensi nella somma dei voti a monarchia o repubblica, escludendo il numero delle schede bianche e delle nulle.

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