02 febbraio, 2013

PROMEMORIA 2 febbraio 1990 Viene ucciso a Roma il boss della Banda della Magliana Enrico De Pedis

Viene ucciso a Roma il boss della Banda della Magliana Enrico De Pedis e Pedis venne ucciso il 2 febbraio del 1990 in un agguato, mentre viaggiava a bordo del suo scooter, davanti al civico 65 di Via del Pellegrino, nei pressi di Campo de' Fiori, a Roma . La sua eliminazione è ascrivibile ad un regolamento di conti tra gli ex sodali, oramai nemici. In quel periodo De Pedis era arrivato al punto di non voler più dividere i proventi delle sue attività con i carcerati ed i famigliari degli stessi e si sentiva sciolto da tale obbligo, in quanto ormai i suoi introiti provenivano in buona parte da attività proprie e non rientravano più nei bottini comuni.[5] Gli altri interpretarono ciò come uno smacco da far pagare caro e così, nel 1989, Edoardo Toscano, appartenente alla fazione Magliana opposta a quella dei testaccini di cui De Pedis era il leader, appena uscito dal carcere si mise subito sulle sue tracce per ucciderlo. De Pedis, però, fu più rapido e fece uccidere Toscano dai suoi killer personali (tali Angelo Cassani detto Ciletto e Libero Angelico, meglio noto negli ambienti malavitosi col soprannome di Rufetto) dopo averlo fatto cadere in una imboscata con un pretesto. Quando evase successivamente dal carcere Marcello Colafigli, la fazione dei maglianesi iniziò a riorganizzarsi per eliminare De Pedis. L'occasione si presentò quando riuscirono a convincere tale Angelo Angelotti (anch'egli legato in passato alla famigerata banda romana) che già nel 1981, con le sue "soffiate", aveva permesso a Danilo Abbrucciati di uccidere Massimo Barbieri), a fissare un appuntamento con "Renatino". Cosa che avvenne il 2 febbraio 1990 in via del Pellegrino. Appena finita la conversazione con l'Angelotti, il De Pedis salì sul suo motorino Honda Vision e si avviò, ma venne affiancato da una potente motocicletta con a bordo due killer versiliesi, assoldati per l'occasione, che gli spararono un solo colpo alle spalle, Dante Del Santo detto "il cinghiale" e Alessio Gozzani, il quale però negli ultimi anni sembra sia stato scagionato dall'accusa di essere quel giorno alla guida della moto, condotta forse da Antonio D'Inzillo deceduto poi da latitante in Sud Africa nel 2008. Nei pressi erano appostati, su almeno due autovetture, diversi membri della banda, con funzione di copertura e supporto. In base alle parole riferite dal Pm Andrea De Gasperis alla giornalista Raffaella Notariale, i killer di De Pedis erano stati seguiti sin dai primi passi della preparazione del delitto. Viene ritrovato un rapporto dell'alto commissariato per il coordinamento alla lotta contro la delinquenza mafiosa dove viene raccontato tutto l'attentato, dalla preparazione, alla città in cui si rifugiano dopo aver portato a termine l'omicidio ed anche alla loro cattura all'estero. Questo rapporto permette di mettere in piedi il processo agli assassini del De Pedis. Eppure chi stilò quel rapporto non mosse un dito. Si è sempre parlato di questo omicidio come una vendetta, di una faccenda di malavita romana. Ma resta comunque il sospetto che qualche agente dei servizi segreti deviati ci abbia messo del suo per sobillare i killer e far fuori lo scomodissimo Renatino, divenuto troppo potente e troppo informato.

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