23 aprile, 2013

PROMEMORIA 23 aprile 1985 – Argentina, a Buenos Aires si apre il processo sulla fine dei desaparecidos

Argentina, a Buenos Aires si apre il processo sulla fine dei desaparecidos L'espressione desaparecidos, letteralmente "persone fatte scomparire" in spagnolo[1], si riferisce alle persone che furono arrestate per motivi politici, o anche semplicemente accusate di avere compiuto attività "anti governative" dalla polizia dei regimi militari argentino, cileno e di altri paesi dell'America latina, e delle quali si persero in seguito le tracce. Tipico del fenomeno dei desaparecidos fu la segretezza con cui operarono le forze governative; gli arresti ed i sequestri avvenivano spesso di notte ed in genere senza testimoni, così come segreto rimaneva tutto ciò che seguiva all'arresto: le autorità non fornivano ai familiari la notizia degli avvenuti arresti e gli stessi capi di imputazione erano solitamente molto vaghi; della maggioranza dei desaparecidos non si seppe effettivamente mai nulla e solo dopo la caduta del regime militare ed il ripristino della democrazia, con la pubblicazione del rapporto Nunca más, che permise la ricostruzione di una parte degli avvenimenti e della sorte di un certo numero di "scomparsi", fu possibile conoscere che molti di loro furono detenuti in campi di concentramento ed in centri di detenzione clandestini, torturati ed infine assassinati segretamente, con l'occultamento delle salme in fosse comuni o gettati nell'Oceano Atlantico o nel Rio de la Plata con i cosiddetti voli della morte. La sparizione forzata è un fenomeno che si è verificato anche in altri paesi ed in altri momenti storici, facendo del termine spagnolo una parola d'uso comune. È stata riconosciuta come crimine contro l'umanità dall'articolo 7 dello Statuto di Roma del 17 luglio 1998 per la costituzione del Tribunale Penale Internazionale e dalla risoluzione delle Nazioni Unite numero 47/133 del 18 dicembre 1992.Si ritiene che, tra il 1976 e il 1983, in Argentina, sotto il regime della Giunta militare, siano scomparsi fino a 30.000 dissidenti o sospettati tali (9.000 accertati secondo i rapporti ufficiali del CONADEP[2]) su 40000 vittime totali. Le modalità di sequestro e di sparizione delle vittime della repressione fu ideata per perseguire due obiettivi: il primo era quello di evitare quanto verificatosi a seguito del Golpe cileno del 1973, che aveva portato al potere la Giunta militare comandata dal generale Pinochet, dove le immagini della prigionia dei dissidenti nello stadio di Santiago del Cile avevano fatto il giro del mondo, sollevando l'indignazione e l'interessamento delle associazioni per la difesa dei diritti umani; l'assoluta segretezza degli arresti viceversa garantì per lungo tempo al regime militare argentino una sorta di "invisibilità" agli occhi del mondo: dovettero passare infatti almeno 4 o 5 anni dall'inizio della dittatura prima che all'estero si iniziasse ad avere una percezione esatta di quanto stesse accadendo in Argentina. Il secondo era quello di terrorizzare la popolazione, attraverso la mancata diffusione di notizie in merito alla sorte degli arrestati, limitando in questo modo fortemente non solo ogni possibile dissenso al regime ma anche la semplice richiesta di notizie da parte dei parenti. Le modalità degli arresti avvenivano molto spesso secondo veri e propri "rapimenti": squadre non ufficiali di militari arrivavano con una Ford Falcon verde scuro senza targa, la cui sola vista suscitava il terrore, e piombavano nelle case in piena notte[3], sequestrando a volte intere famiglie, e l'assoluto mistero sulla sorte degli arrestati, fece sì che le stesse famiglie delle vittime tacessero per paura; la conseguenza di queste modalità fu che nella stessa Argentina per lungo tempo il fenomeno rimase taciuto, oltre che totalmente ignorato nel resto del mondo. Una volta arrestate, le vittime venivano rinchiuse in luoghi segreti di detenzione, senza alcun processo, quasi sempre torturate, a volte per mesi, e solo in pochi casi, dopo un processo sommario, senza alcuna reale garanzia legale, gli arrestati vennero rimessi in libertà. Secondo alcune fonti, spesso testimonianze di militari coinvolti nell'operazione, molti desaparecidos furono imbarcati a bordo di aerei militari, sedati e lanciati nel Rio de la Plata, oppure gettati nell'Oceano Atlantico[4] col ventre squarciato da una coltellata affinché i loro corpi fossero divorati dagli squali, i cosiddetti vuelos de la muerte, voli della morte, altri furono detenuti in centri di detenzione clandestini ed uno di questi, rimasto sinistramente celebre, fu la scuola di addestramento della Marina Militare ESMA, a Buenos Aires. Un altro episodio tristemente famoso fu quello che iniziò nel settembre 1976 e che passò alla storia come notte delle matite spezzate, un'operazione di repressione organizzata contro i movimenti studenteschi delle scuole superiori: il pretesto furono le manifestazioni per la concessione, e successivamente contro l'abolizione, del boleto estundiantil, un tesserino studentesco che consentiva sconti sui libri di testo e sui trasporti, ed un grande numero di studenti, per la maggior parte minorenni, furono sequestrati, sottoposti ad indicibili torture e, almeno 238, uccisi. Un altro fenomeno fu quello delle donne arrestate mentre si trovavano in stato interessante oppure rimaste incinte a seguito delle violenze subite nei centri di detenzione: molte donne partorirono mentre erano detenute, molte di esse furono uccise, ed i loro figli furono illegalmente affidati in adozione a famiglie di militari o poliziotti. Dalla restaurazione della democrazia nel 1983, le istituzioni argentine si sono a lungo adoperate per ritrovare questi bambini e restituirli alle loro famiglie. Le indagini fatte in questo senso sono state fondamentali per scoprire molte delle atrocità commesse dal regime militare. Inoltre, tali indagini consentirono la condanna di ex funzionari del regime che, per i reati strettamente politici, erano stati prosciolti od amnistiati sulla base del loro obbligo di obbedire agli ordini all'epoca dei fatti attraverso la cosiddetta legge della "obbedienza dovuta". La denuncia e la scoperta degli orrori avvenuti in Argentina durante il regime militare si deve anche alla coraggiosa azione delle Madri di Plaza de Mayo, madri dei giovani desaparecidos che con una protesta pacifica, sfidando il regime, riuscirono a far conoscere alla opinione pubblica il dramma che stava avvenendo nel loro Paese[5]. Tuttavia, una volta tornata la democrazia, dopo le prime sentenze di condanna contro ufficiali dell'esercito, emesse sotto la presidenza Alfonsin, le successive pressioni degli ambienti militari hanno fatto sì che vi fossero numerose amnistie e, di fatto, un colpo di spugna sul periodo della dittatura. Il 13 gennaio 2007 Isabelita Peron è stata arrestata in Spagna per la morte di un giovane desaparecido[6]. Solo negli anni 2000, grazie alle pressioni sulla giustizia del Presidente Nestor Kirchner, le amnistie sono state annullate e i responsabili hanno subito varie pene: il tenente generale Jorge Videla, ad esempio, è stato condannato a due ergastoli e 50 anni di carcere.

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