17 maggio, 2013

PROMEMORIA 17 maggio 1972 – Milano, il commissario capo della questura Luigi Calabresi viene assassinato in un agguato mentre esce di casa

Milano, il commissario capo della questura Luigi Calabresi viene assassinato in un agguato mentre esce di casa Il 17 maggio 1972 alle ore 09:15 il commissario di polizia Luigi Calabresi fu assassinato, davanti alla sua abitazione, mentre si avviava alla sua auto per andare in ufficio, da un commando composto da almeno due sicari che gli spararono alle spalle. Lasciò la moglie Gemma Capra, incinta, e due figli: Mario, che diventerà noto giornalista e scrittore, attuale direttore de La Stampa, e che ha raccontato la storia della sua famiglia nel libro Spingendo la notte più in là e Paolo. Il terzo figlio (Luigi) nascerà pochi mesi dopo la sua morte. Calabresi, in quel periodo, partendo da sue indagini sulla morte di Giangiacomo Feltrinelli, dilaniato da una bomba che l'editore (secondo alcune ricostruzioni) stava collocando su di un traliccio, stava investigando su di un traffico internazionale di esplosivi e di armi che sarebbe avvenuto attraverso il confine triestino e quello svizzero; in relazione a questo traffico illegale vennero collegati i nomi di alcuni estremisti di destra tra cui Gianni Nardi [4]. Il 17 maggio 1973, ad un anno dall'assassinio, durante l'inaugurazione di un busto commemorativo in memoria del commissario nel cortile della questura di via Fatebenefratelli a Milano, cerimonia cui partecipò l'allora Ministro dell'Interno Mariano Rumor, Gianfranco Bertoli, dichiaratosi anarchico (si scoprirà diversi anni dopo essere stato, tra il 1966 ed il 1971, informatore del Sifar prima e agente infiltrato agli ordini del Sid poi, con il nome in codice "Negro"[18]), lanciò una bomba a mano tra i partecipanti alla commemorazione. L'esplosione uccise 4 persone e ne ferì 45, non colpì il ministro indicato come probabile obiettivo, già allontanatosi dal cortile. Bertoli, che era da poco tornato in Italia dopo un periodo trascorso in un kibbutz israeliano, rivendicò l'azione come vendetta per la morte di Pinelli[18]. L'inchiesta conclusiva della magistratura sulla morte di Pinelli, condotta dal magistrato Gerardo D'Ambrosio, terminata il 27 ottobre 1975 con una sentenza assolutoria per Calabresi, scagionò la polizia, giungendo alla conclusione che la caduta avvenne «a causa di un malore attivo e dall'improvvisa alterazione del centro di equilibrio»" e quindi classificando la morte come "accidentale", quindi né suicidio, né omicidio, accertando peraltro che il commissario Calabresi non si trovava neppure nella stanza al momento del fatto.[19] Nel 1988 Leonardo Marino, uno dei sicari di Calabresi, pentitosi, confessò di aver partecipato insieme ad Ovidio Bompressi all'assassinio del commissario, mandanti Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, tutti in precedenza militanti ed ai vertici del movimento politico di Lotta Continua. Leonardo Marino è stato condannato ad 11 anni di reclusione, Ovidio Bompressi, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri a 22 anni di reclusione.

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